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PARTY MONSTER (2003) di Fenton Bailey e Andy Barbato

Creato il 13 dicembre 2008 da Close2me
PARTY MONSTER (2003) di Fenton Bailey e Andy BarbatoSe con l’etichetta biopic si intende liquidare l’opera della coppia Bailey-Barbato (autori, tanto per chiarire, dell’acuto documentario sull’attore sieropositivo Steve Moore, intitolato Drop Dead Gorgeous -A Tragicomedy-: The Power of HIV Positive Thinking), allora significa che non si è capito proprio nulla della sottile intelligenza visionaria che questi registi newyorkesi hanno da vendere. Impossibile poi tralasciare la maldestra e sconclusionata promozione che accompagnò l’uscita del film in Italia: l’impressione è che si tentò frettolosamente di smaltire il "fondo di magazzino", focalizzando tutta l’attenzione sulla presenza dell’ex bambino prodigio Culkin e dimenticando accuratamente i riferimenti ai contenuti sociali, antropologici e militanti.
"Nella scena underground di New York degli anni ’90, fatta di feste alla moda, droghe e ambiguità sessuale Michael, trasferitosi da poco nella Grande Mela, conosce James St. James, che lo introduce nell’ambiente facendolo diventare uno dei più noti organizzatori di feste e eventi mondani. Arrivato all’apice, con tante amicizie e con altrettanti nemici. Commette un omicidio e lo confessa all’amico James. Il suo racconto viene preso come uno scherzo, ma dopo il ritrovamento del cadavere, tanti troveranno conveniente questa storia, proprio come James che sogna di diventare scrittore e riconquistare la scena toltagli da Michael." (Wikipedia.org)
Money, Success, Fame, Glamour! Mantra perfetto della società profetizzata poco prima da Andy Warhol, (de)cantata su un palco da un Macaulay Culkin in divisa nazista, corpo efebico ed asessuato che segna il corto circuito vibrante di un’epoca irripetibile, le cui notti a base eccessi erano attraversate dai bizzarri Club Kids.
Gli autori conoscono bene Alig, le sue feste ed i suoi "ragazzi" (col medesimo titolo hanno girato nel 1998 un eccellente documentario sui veri protagonisti degli storici party monster), decidendo tuttavia saggiamente di non giudicarne mai le scelte, giusto o sbagliate che siano.
Vengono evocati momenti magici, figli dei più colorati anni ’80, pieno di una vitalità e di una follia tanto pericolosamente prossimi agli eccessi ed all’autodistruzione, dove lo spettro dell’AIDS sembra aleggiare nonostante resti innominato.
Privo di scene sessualmente esplicite, il film colpisce più il cuore che i sensi. Il cast (bravissimi tutti, da Green a Culkin passando per la bellezza divina di Chloe Sevigny ed il cameo drag di Marilyn Manson), le scenografie ed i costumi ripercorrono in simbiosi storie che sono state forse piccoli eventi, brillanti intuizioni per lungometraggi mai realizzati, il cui epilogo ha chiosato in parallelo uno stile di vita, un bisogno d’esserci e farsi sentire tanto forte e sincero da sembrare (oggi) terribilente anacronistico. 
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