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- Scritto da Sara Barbieri
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Pubblicato: 30 Novembre -0001
Presentato in concorso a Venezia 71 e destinato a suscitare polemiche infinite, sia per il regista che per l'oggetto filmico: Pasolini di Abel Ferrara racconta gli ultimi giorni di vita di uno dei personaggi più importanti e controversi del XX secolo. Scrittore, poeta, saggista, regista: Pier Paolo Pasolini ha dato un contributo fondamentale alla vita artistica e intellettuale di un paese sull'orlo del baratro (i cosiddetti anni di piombo), denunciandone le contraddizioni e l'immobilismo. Le difficoltà nell'affrontare la biografia (seppur nel senso non tradizionale) di una personalità così strutturata erano evidenti ma, certamente, nessuno poteva aspettarsi lo scempio che in effetti è stato realizzato.
Un pastiche linguistico (la recitazione si alterna tra italiano e inglese perché, secondo Abel Ferrara, "il personaggio è il fulcro e la lingua non ha importanza") eccessivo e fuorviante, che denota totale mancanza di coerenza nel delineare i fatti salienti che caratterizzarono la vita di Pasolini e nessun rispetto per la sua figura, solo un'inarrivabile e fastidiosa superbia. Evidente l'autoreferenzialità di Ferrara, impegnato a diffondere la sua versione della verità (assai discutibile) e a fotografare voli pindarici su un'immaginifica attività artistica pasoliniana (agghiacciante la sequenza in cui Ninetto Davoli e Riccardo Scamarcio arrivano a Sodoma, simbolico luogo di perdizione tra gay, lesbiche ed eiaculazioni metaforizzate da fuochi d'artificio).
Piatto, arrogante, a tratti demenziale: a salvarsi, in questo abominio (che indubbiamente disgusterebbe per primo lo stesso Pasolini), resta soltanto la performance di Willem Dafoe, misurato e cauto nell'affrontare un ruolo tutt'altro che facile. Sul resto del cast, meglio sorvolare.
Voto: 1/4
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