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Patate blu e pomodori zebrati

Creato il 25 settembre 2011 da Speradisole

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATIE ancora sedani viola, uva all’anice, meloni a forma di banana e mele grandi come ciliegie.  Non sono inquietanti mutazioni genetiche create da scienziati senza scrupoli ma frutti genuini della terra coltivati da secoli dagli agricoltori sparsi in giro per il mondo.

E’ la biodiversità che supera la fantasia in un’agricoltura in cui natura è sinonimo di varietà, mentre laboratorio è sinonimo di uniformità.

Le graziose vaschette  piene di peperoni verdi, gialli e rossi  che vediamo al supermercato, non ci dicono la verità.  Si tratta sempre dello stesso prodotto, con il medesimo sapore e la medesima forma.  E’ singolare tutto questo perché’ in Italia esistono molte varietà di peperoni, con forme diverse alcuni come sigari cubani, ma in commercio si trovano sempre e quasi solamente le stesse qualità, modificate in laboratori sterili.

Esiste un’associazione che si chiama “Civiltà contadina” che propone lo scambio diretto  e gratuito di semi tra coltivatori attraverso la ricerca di varietà antiche, la loro coltivazione, la moltiplicazione in isolamento di semi su piccola scala da distribuire ad altri conservatori.

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATI
Oggi l’80% dei cibi dell’umanità proviene da appena 20 famiglie di vegetali. Un peccato se si pensa che di mele, per esempio, nella sola provincia di Biella, sono state censite ufficialmente 40 varietà. 

Il problema di chi lavora la terra puntando su prodotti autoctoni è non trovare sbocchi commerciali. Il coltivatore è costretto a seminare quello che la grande distribuzione gli compra, da qui la necessità di compare semi anziché produrli da sé, semi per di più sterili  e quindi, l’anno dopo, rappresentano una nuova spesa pari al 15-20% dei costi aziendali.

I coltivatori sono oggi dipendenti dalle coltivazioni ibride  ortive e floreali controllate dalla grandi aziende  e che devono essere riacquistate ogni anno a un costo ulteriore per il coltivatore. Il contadino coltivatore, in questa veste, fa solo l’operaio agricolo.

Qualche esempio per capire bene quello che sta succedendo: solo in Italia, delle ventisette varietà di cocomeri riportate nei cataloghi delle ditte sementiere italiane, prima degli anni ’50 , non ne è rimasta in circolazione nessuna.

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATI
Oltre al danno, la beffa: oggi nel nostro paese ne viene commercializzata solo un tipo, di origine americana, derivato da una semente ultra selezionata  che ha dimensioni decisamente più grandi rispetto a quelle locali, cresce ovunque senza difficoltà ed è più facile da trasportare.

Già, perché tra le questioni fondamentali nell’analisi dei fenomeno dell’estinzione di varietà di frutta e verdura c’è anche e soprattutto la necessità della grande distribuzione di avere a disposizione prodotti “pesanti” con grammatura e forma uniforme che maturino nello stesso momento.

Tra la raccolta in campo, lo stoccaggio e la messa nello scaffale, il più delle volte passano decine di giorni. Anche 30-60 giorni, e questo è possibile solo a condizioni che il parkaging sia ottimizzato al massimo e gli urti non rovinino il prodotto.

Da qui anche l’utilizzo artificiale di cellulosa che rallenta il processo di maturazione del prodotto, in quantità molto superiori a quanto previsto dalla natura.

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATI
Per esempio, i pomodori, una volta colti contengono una quantità di cellulosa pari al 4-6%: quelli dei supermercati arrivano a contenerne anche l’80%. E’ come mangiare un giornale. Perché pomodori raccolti a macchina, scaricati su nastri trasportatori e spediti tramite autocarro a grande distanza devono essere molto resistenti ma non necessariamente saporiti e nutrienti.

Un’altra difficoltà che oggi incontrano gli agricoltori è quella della mancanza di disponibilità di semi, oltre a quelli autoprodotti, per la mancanza in Italia di aziende etiche con prezzi realistici.

In questo senso, la libera circolazione dei semi consente l’autosufficienza soprattutto in un mercato in cui, le multinazionali più forti stanno registrando brevetti su brevetti.  Il produttore diventa quasi un antagonista per la grande distribuzione che invece ragiona in termini di profitto ricavabile dalla vendita di grandi volumi.

L’utilizzo delle macchine ha reso la raccolta più facile e il lavoro meno gravoso, ma per sfruttarle al meglio è stato indispensabile spostare le coltivazioni in ambienti che consentissero di fare alle trebbiatrici il loro lavoro senza intoppi: ecco perché in collina o in mezza montagna,  a parte gli ulivi, non si coltiva praticamente più niente.

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATI
Spesso una pianta coltivata in modo tradizionale in montagna dà prodotti particolarmente buoni, se la stessa pianta viene coltivata ad altitudine inferiore, in un suolo diverso, con problemi di parassiti infestanti diversi, con l’irrigazione, con l’uso di prodotti chimici, i prodotti che ne escono perdono tutte le caratteristiche essenziali.  

E ciò ha contribuito a provocare la perdita di centinaia di varietà.

Solo qualche contadino “coraggioso” ha continuato a portare avanti, nonostante tutto, le sue bellissime qualità frutticole e ortive, più che altro per la soddisfazione di vederle e di assaporarle “in famiglia”.

Ogni regione storicamente ha potuto contare sui prodotti cereali e ortaggi tipici , selezionati per dare il maggior  risultato possibile  su quel determinato tipo di terreno e in quelle condizioni climatiche.

Le varietà nate in laboratorio  necessitano di antiparassitari  e concimi chimici che, oltre ai dubbi sulla qualità di ciò che  mangiamo,  rappresentano una certezza in termini di costi continui per gli agricoltori.

PATATE BLU E POMODORI ZEBRATI
Il problema è che i semi sono nella mani delle società  e istituti di ricerca.

Il raccolto ibridato artificialmente è puntuale per i tempi di raccolta, cresce molto ordinato con le stesse dimensioni ed è produttivo. Ma richiede l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi. La biodiversità in agricoltura non si improvvisa: è il lavoro incessante di generazioni di agricoltori anonimi.

(Dalla rivista: Vivere)



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