Sono stufo. Sinceramente stufo per non dire che ne ho le palle piene.
Non dei politici, dei ministri, dei presidenti e dei direttori, non dei collusi, dei corrotti e dei corruttori. Tutta gente che si fa gli interessi suoi. Tutta gente che si crede più furba degli altri? No, tutta gente che è più furba degli altri.
Gli altri sono i cosiddetti cittadini. Pecore con uno spiccato orgoglio da pecora, servi vilipesi che lo prendono nel popò ma a schiena dritta, senza chinare la testa, onorabilmente.
Tra le tante pecore silenziose sbraitano poche loquaci pecore belanti, talvolta addirittura prolisse. Queste criticano con fervore i loro padroni, chiedono loro di cambiare, di esser più generosi, meno ignobili e violenti nel tosarle e nel nutrirsi della loro carne alle feste comandate. Le pecore audaci belano senza pace facendosi forza di quelle silenziose intorno a loro che tutto sommato dovrebbero esser dalla loro parte, ai loro occhi non c’è motivo evidente che non lo siano.
Le audaci chiedono ai padroni una vita migliore per tutti e lo fanno col bon ton tipico degli animali gentili quali sono appunto le pecore. Talvolta scherniscono i padroni pur conservando il timore che un giorno o l’altro quelli si incazzeranno davvero e gliela faranno pagare. Non perché siano particolarmente rumorose ma come monito per tutte le altre. Che non si permettano di belare fuori dal coro.
D’altronde non sta in piedi che le pecore chiedano più di ciò che hanno. Hanno già molto. Hanno il diritto di abusare di altri più deboli di loro e lo fanno senza posa. Si nutrono oltre misura di intere comunità di altre bestie, le tengono crudelmente incarcerate per tutta la vita senza conceder loro nemmeno quel barlume di socialità che alle pecore, al contrario, i padroni permettono. I padroni inoltre permettono alle pecore di sporcare, di corrompere lo spazio che le circonda, di fottere e di fottersi tra loro col solo timore di una bastonata ogni tanto. Le pecore hanno tanti diritti più delle altre bestie e non ci si spiega proprio perché poche tra esse si ostinino a belare fuori dall’armonia del coro. Non è quello il loro ruolo nell’ordine della natura. Il loro ruolo è di attendere in silenzio le tosature ed in ultimo la macellazione. Nei tempi morti possono appunto esercitare tutti i loro diritti.Le pecore silenziose sono perciò assolutamente in linea con la propria natura. Se lo siano coscientemente o se sia l’istinto a guidarle non saprei dire. Le più scaltre sono indaffarate nell’approfittare dei diritti che i padroni concedono loro. Talune ingrassano notevolmente tanto da arrivare ad assomigliare in alcuni tratti ai padroni stessi. La maggior parte se la passa comunque benino ed arriva alla macellazione con una certa aria soddisfatta per il tempo trascorso. Altre, ma sono una minoranza, non vivono altrettanto bene. Non seguono il gregge quando suona la sirena. Per malavoglia o disattenzione non si presentano alla stalla ogni mattina alle otto e di conseguenza non godono del rancio quotidiano, settimanale o mensile che tutte le altre invece arraffano leste e cominciano subito a barattare tra loro con massima gioia dei padroni che su ogni baratto trattengono una dovuta provvigione.
Il gregge si compone perciò di pecore scaltre che guidano la comitiva addirittura sgomitando per guadagnarsi le posizioni di testa, di pecore tranquille e disponibili che seguono senza zizzanie e di pecore svogliate che si aggregano saltuariamente alle altre e quando lo fanno di solito stanno in coda. In mezzo a tutte queste, le uniche che non hanno ragione di esistere, o quanto meno di esser là, sono le pecore che belano recriminazioni verso i padroni pretendendo di parlare per tutti. Le scaltre in testa al gregge si voltano ad osservarle e scuotono la testa, le pacifiche non lo danno a vedere ma ne sono sovente infastidite e talvolta spaventate, le svogliate se ne disinteressano. Tutti, pecore e padroni, sono convinti che non dovrebbero star là a belare disturbando l’armonia del coro ma tutto sommato le sopportano, per curiosità più che altro.