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Pedagogia: I bambini e il cibo

Creato il 03 novembre 2014 da Isa Voi @VoiIsa
Pedagogia: I bambini e il cibo
Il rapporto tra bambini e cibo è molto delicato: va al di là della nutrizione, della fame, della necessità di alimentarsi. Infatti, si tratta di un rapporto che ha dell’affettivo:  per i primi mesi di vita il piccolo riceve nutrimento direttamente dalla madre che lo allatta al seno o con il biberon in un dolce abbraccio e in questo momento oltre al bisogno primario si soddisfa il bisogno di affetto, calore, protezione e si rinforza il legame di attaccamento madre – bambino che perdurerà per tutta la vita di entrambi i soggetti.
Come hanno dimostrato in passato gli esperimenti di Bowlby sulle scimmiette, esse, poste difronte a una “madre meccanica” che forniva nutrimento e a una “madre di peluches” che forniva loro calore e affetto i cuccioli sceglievano sempre la “madre di peluches” a dimostrazione del fatto che il bisogno seppur primario del nutrimento fine a se stesso veniva accantonato a favore del bisogno di affetto. Se nel momento del pasto viene associato la soddisfazione del bisogno di amore, l’attaccamento madre – bambino sarà sicuro.
Nell’atto di nutrirsi, qualcosa di questo momento speciale vissuto nella primissima infanzia rimarrà per sempre e potrà essere esteso ad altre persone, familiari o no.
Non a caso, il momento dei pasti è un’occasione conviviale per tutte le età: la cena in famiglia, l’uscita con gli amici o le riunioni di lavoro al ristorante o al bar (cosa che, pare, vada di moda) sono momenti che tutti viviamo con piacere, dove il cibo diventa un tramite per vivere un momento tranquillo dove ci si sente liberi di chiacchierare, raccontare e raccontarsi. Il piacere del cibo viene associato al piacere dello stare insieme e del conoscersi.
Per i bambini e gli adolescenti è molto importante la consumazione di almeno un pasto in famiglia al giorno: solitamente si tratta della cena, dove si è tutti a casa raccolti intorno alla tavola a raccontarsi le rispettive giornate. Secondo uno studio della McGill University  si è dimostrato, addirittura, che in età adolescenziale, cenare in famiglia diminuisce il rischio di subire atti di bullismo e sviluppare stati di ansia e depressione, in quanto il confronto con la famiglia, da acquisire come buona abitudine, aiuterebbe i ragazzi a parlare delle difficoltà della vita scolastica e di eventuali liti o inimicizie, ascoltando i consigli o, in caso, chiedere aiuto agli adulti di riferimento, costruendo, in altre parole, uno scudo protettivo attorno al proprio benessere psicofisico.
Inoltre, la cena in famiglia è un momento per i bambini e ragazzi per sentirsi davvero partecipi della vita familiare: a tavola si parla dell’andamento del nucleo familiare, si affrontano problemi, ci si confronta sul da farsi e si impara a conoscersi sempre meglio. È importante che questo momento venga condiviso il più possibile perché aiuta a creare armonia e unione tra tutti i componenti.
E quando i bambini più piccoli si rifiutano di mangiare? Le mamme vanno in ansia. Ma perché ciò avviene? Per tanti motivi: per l’affermazione della propria volontà, la “scoperta del no”, per provocazione, perché un vissuto emotivo “blocca”, perché il cibo proposto ha un aspetto poco gradevole…ma resta il fatto che l’importanza del momento del pasto e del carico emotivo che esso porta è sentito sia dal bambino sia dalla madre preoccupata. L’unica cosa da fare in questi casi è  non caricare ulteriormente questo momento già pesante di emotività con negatività. I bambini non si lasciano morire di fame!
Come dicevo prima, al cibo si attribuisce un significato di “momento piacevole”, “affettività”, “soddisfazione di bisogni” ad ogni età.
Il rischio è che si ricerchi piacere solo nel cibo o si scarichi su di esso le proprie frustrazioni che non trovano consolazione nella vita e nelle relazioni. In questi casi più gravi possono insorgere molti problemi legati all’alimentazione che vanno a intaccare profondamente la psiche: ad esempio, l’obesità, l’anoressia e disordini alimentari in genere con lo sfogo sul cibo dei propri problemi attraverso abbuffate disordinate o digiuni dettati da un controllo spasmodico di se stessi; oltre ai gravi problemi di salute viene intaccata l’immagine di sé, l’autostima, la vita sociale, il sistema delle attribuzioni di successi e insuccessi, ecc.
Ecco che un problema emotivo “di cuore” influenza il così detto “cervello intestinale” che mina l’intero “sistema persona”.
È importante, pertanto, porre molta attenzione all’alimentazione, soprattutto dei più piccoli, intesa non soltanto come mangiare in modo sano, ma anche curare tutto ciò è oltre l’atto di nutrirsi, cioè i momenti dei pasti, con chi vengono condivisi, come ci si sente mentre si mangia o quando si vorrebbe mangiare e quale significato si attribuisce al cibo.
Si pensi, per esempio al caos e al disordine delle mense scolastiche dove spesso, oltre al rumore assordante, si aggiungono insegnanti che obbligano i bambini a mangiare…come si sentono questi bambini? Come vivranno i pasti? Sarebbe utile estendere quanto detto finora anche alle scuole.
dott.ssa Anna Surace

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