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Pensare in maniera analitica indebolisce le credenze religiose

Creato il 13 maggio 2012 da Andream
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Il pensiero intuitivo è frequentemente collegato alla credenza religiosa: coloro che ragionano in maniera intuitiva hanno infatti mediamente credenze religiose più forti di coloro che hanno un approccio analitico. È però possibile spingere le persone a ragionare in maniera meno intuitiva e più analitica; l'effetto collaterale è che le loro credenze religiose perdono di forza.
Questi risultati sono stati ottenuti somministrando a diverse persone dei test di ragionamento analitico; una tipica domanda di questi test è all'incirca questa: «Se cinque macchinari costruiscono in cinque minuti cinque manufatti, quanto tempo impiegheranno cento macchinari a produrre cento manufatti?» I risultati di questi test sono stati incrociati con i risultati di test che misuravano la fede religiosa e si è scoperto che chi ragiona in maniera analitica tende ad avere meno credenze religiose.
Il passo successivo è stato verificare se è possibile insegnare alle persone l'approccio analitico e che impatto ha tale insegnamento sulle loro credenze religiose: il risultato è stato che chi è spinto a ragionare analiticamente è meno convinto delle proprie credenze religiose. Gli psicologi cognitivi hanno già dimostrato che le credenze sono basate sull'intuizione: un esempio tipico è la credenza che oggetti o eventi abbiano uno scopo. La spiegazione dei fenomeni di indebolimento delle credenze religiose è che l'uso del pensiero analitico inibisce il ricorso all'intuizione e, di conseguenze, indebolisce le credenze religiose che su di essa si basano.
Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori - Will Gervais e Ara Norenzayan, dell'Università della British Columbia - hanno deciso di effettuare diversi studi: quando questi hanno dato risultati simili, sono stati sicuri che non si trattasse di un errore metodologico di uno degi test. Ad esempio, alcuni studi hanno dimostrato in passato che le persone tendono a ragionare meno istintivamente e più analiticamente se il testo della prova cui sono sottoposti è scritto con caratteri scarsamente leggibili, come quelli di una macchina da scrivere, ma in corsivo. Uno dei test effettuati prevedeva di somministrare a due gruppi di persone lo stesso test, che misura la credenza in agenti sovrannaturali, come gli angeli o Dio. I due gruppi hanno però ricevuto lo stesso testo scritto con caratteri differenti; coloro che avevano il test con caratteri più difficili da leggere, e che dunque dovevano concentrarsi meglio sul test, mostravano un punteggio sensibilimente inferiore, e dunque una credenza minore in enti sovrannaturali, di coloro che ricevevano il test scritto con caratteri più leggibili.
Gli autori dello studio non intendono sminuire la funzione dell'intuizione: Gervais ha infatti sottolineato come «le nostre intuizioni possono essere incredibilmente utili, e il pensiero analitico non è un oracolo di verità». Ma, come sottolinea lo psicologo Joshua Greene dell'Università di Harvard, pone una questione importante. «Ovviamente, ci sono milioni di persone molto intelligenti e generalmente razionali che credono in Dio; ovviamente, questo studio non prova l'inesistenza di Dio; ma pone una sfida ai credenti: se Dio esiste, e se credere in Dio è perfettamente razionale, allora perché aumentare il pensiero razionale tende a diminuire la credenza in Dio?».
Gervais, W. M. & Norenzayan, A., «Analytic Thinking Promotes Religious Disbelief», Science 336, 493–496 (2012). Marina Krakovsky, «Losing Your Religion: Analytic Thinking Can Undermine Belief», Scientific American, 26 aprile 2012. La foto è «119/365», di Giovanni Spina.

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