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Pensare o non pensare…

Creato il 01 dicembre 2011 da Peppiniello @peppiniello

Troppo spesso si confonde l’intelligenza col cerebralismo; pensare tanto non vuol dire essere intelligenti.

Troppo spesso si accusa il pensiero in sè, affermando che abbia una componente malsana, nociva “pensi tanto, pensi troppo, dovresti pensare di meno…”

Sgombriamo il campo da questo equivoco: il pensiero, di per sè, non ha nulla di insano; lo acquisisce nel momento in cui diventa “pensiero per il pensiero”, pensiero che si avvita su di sè, evitando il riscontro con la realtà effettuale

Quando si parla di personaggi che pensano troppo, in realtà ci riferiamo a personaggi portati alla sega mentale; che tendono ad infilarsi, quindi, in cortocircuiti mentali da cui non escono più facilmente fuori.

quello che accade in personaggi del genere, è che vi sia una sorta di sfiducia nelle proprie capacità di incidere sul reale, oltre che una sorta di rifiuto del principio di realtà; il pensiero viene usato per spiegare il perchè dei fallimenti nel passato, e si tende ad esser convinti che quel che è stato sempre sarà; il cerebralismo si accompagna in genere ad una sorta di sensibilità morbosa, che si poggia spesso su echi e rimandi letterari e cinematografici, che porta ad una paralisi, una impossibilità avvertita dal soggetto stesso di tradurre in azione quel che potrebbe esser cogitato sul piano pensato

se si prova a chiedere spiegazione, in genere avremo in risposta discorsi sul “male di vivere” et similia, che in genere servono a rifiutare il collegamento con la realtà, il dire “ma anche se facessi questo e questo, e ottenessi x e y, starei lo stesso male, perchè la mia è una sofferenza a prescindere da tutto, un soffrire di base che non può esser curato…”

un fulgido esempio di questo tipo di sensibilità ce lo offre un celebre sonetto baudelairiano, intitolato il nemico:

“Non fu che fosca tempesta la mia giovinezza,
qua e là solcata da rilucenti soli;
il tuono e la pioggia ne han fatto un  tale strazio
da lasciare nel mio giardino solo qualche vermiglio frutto .

Eccomi già all’autunno delle idee,
è tempo del badile e del rastrello
per rassodare le terre inondate
in cui l’acqua ha scavato larghe buche come tombe.

E chissà se i fiori nuovi che vagheggio
troveranno, in un suolo lambito come la riva di un fiume,
il mistico limo che li rinvigorirà…

- O dolore,o dolore! Il Tempo si mangia la vita
e l’oscuro Nemico che ci rode il cuore
cresce e si fortifica del sangue che perdiamo”

notiamo l’oscuro nemico alla fine, quel male inconoscibile dal poeta, che lo costringe alla paralisi, al non fare

quello che a mio avviso si deve(si può) tentare di fare, con enormi difficoltà, certamente, per chi si trovi in condizioni del genere, è provare a ristabilire il collegamento col principio di realtà, riappropriandosi della propria capacità di influire sulla realtà; compreso che non siano condannati all’ignavia, bisogna tentare di agire sui nodi, materiali e concreti, che ci causano dolore, e provare a scioglierli

per fare questo, bisognerebbe anche abdicare all’idea di specialità di cui sovente ci si ammanta, quell’idea dell’io unico, solo e inimitabile, che vede e percepisce cose che, per gli altri stupidi e ingnoranti, sono impossibli da percepire; serve un bel bagno di umiltà che riporti con i piedi per terra



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