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Pensieri sparsi dettati dall’angoscia

Creato il 14 febbraio 2014 da Mamma In Oriente

Ho scritto questo post 2 notti fa alle 3 del mattino, ma poi non mi sono sentita di pubblicarlo, un po’ per paura di mettere per iscritto una cosa così brutta e farla quindi diventare reale, un po’ per quella riservatezza che credo prenda a tutti quando ci si trova ad avere un problema serio. Quasi come se fosse una colpa personale o una cosa di cui vergognarsi. Non so perché scatti questo riserbo nell’animo perché se c’è una cosa che ho capito da quando scrivo in questo spazio, è che scrivere e condividere mi ha fatto stare meglio in tanti momenti difficili. E mi è chiaro anche che non è lo scrivere a me stessa che mi fa bene, ma lo scrivere agli altri. Scrivere a chi mi legge. Così come ci si sente bene a sfogarsi con una persona di persona, allo stesso modo io mi sento bene a scrivere e condividere le mie preoccupazioni. Come se le ripetessi tante volte ad ognuno di voi e questo continuo tirar fuori mi aiutasse a metabolizzare le cose, a farmi vedere con più chiarezza la situazione e a prenderne le dovute distanze. E così oggi, forse anche perché è tutto passato, pubblico quanto avevo scritto in precedenza:

” Ieri sera sono crollata alle 20 e ho dormito 5 ore pesanti e senza sogni. Poi alle 2 mi sono svegliata ed in pochi minuti l’angoscia si è impossessata nuovamente di me. Anche mio marito si è svegliato più volte e, anche se mi diceva di stare tranquilla, io lo capivo che era spaventato anche lui. Ora tutti dormono e io mi sono messa in sala, sul divano, al buio, con il pc davanti. Sono sveglia come se fosse giorno, impossibile pensare di riaddormentarmi. Sono stata 1 ora sveglia nel letto e non ce la facevo più a stare lì a pensare. Ho paura ed è la paura più brutta che ho avuto in vita mia.

Ieri ho passato la giornata in ospedale. Ho atteso ogni esame cercando di stare serena e pregando che trovassero un’infezione o un calcolo che giustificasse il tanto sangue nel mio apparato urinario. Ma niente, tutti gli esami, TAC ed Eco davano esito negativo. Sentivo lo spettro avvicinarsi sempre di più ed era così angosciante l’attesa che quasi desideravo il momento del verdetto. Il medico, un thailandese talmente magro da sembrare un manichino e con il viso assolutamente inespressivo, ma del quale, chissà perché. mi sono fidata subito, ha esaminato le immagini della TAC davanti a me. Dopo 10 minuti in un silenzio difficile da sostenere in cui io cercavo di capire qualcosa che non potevo capire, mi dice che è tutto a posto e che calcoli non ce ne sono. Dice che dobbiamo entrare con una telecamera e vedere. Prendo coraggio e gli chiedo quali ancora potrebbero essere le cause e lui mi dice quella parola terribile che non riesco nemmeno a scrivere tanto è brutta. Ha visto che il sangue esce da un rene e domani vuole andare dentro con la telecamera con me in anestesia totale. A quel punto sono crollata e ho pianto, abbracciata a mio marito che, nel frattempo, al progressivo aggravarsi delle notizie, aveva raggiunto me e sua madre in ospedale. Quando siamo arrivati a casa mi sentivo svuotata, non vedevo l’ora di andare a dormire per non pensare e far arrivare presto il domani. Ed ora sono qui e scrivere non mi sta aiutando tanto questa volta, probabilmente non lo pubblicherò nemmeno questo articolo perché mi sembrerebbe di far diventare ancora più reale questa paura grande. I miei pensieri sono alternati, da una parte ci sono il mio ottimismo, dall’altra c’è una realtà fatta di tanto sangue perso. Non riesco a non tenerne conto, ma mi aggrappo al fatto che il problema si è manifestato da 15 giorni a questa parte, esattamente dal momento che ho iniziato ad andare a correre e si è verificato solo dopo la corsa o le lunghe camminate a Kuala Lampur. Ora sapete perché, pur adorando viaggiare, la scorsa settimana ho fatto molta fatica mentalmente a partire sola per i miei problemi di visto. Mi dico che un calcolo da qualche parte ci deve essere che sfrega i tessuti e li fa sanguinare quando mi muovo molto. Cerco di crederci con tutta me stessa. E poi mi rendo conto che in tutto questo riflettere e torturarmi, mai una volta la paura è dettata dal fatto che la mia vita potrebbe anche interrompersi, stranamente non ci penso. Ci sono solo due immagini che quando si materializzano nella mia mente mi fanno tremare e piangere: una è il visino del piccolino di casa che, a due anni, non potrebbe capire che la sua mamma non c’è più, e, l’altra, è il viso di mia madre perché credo che non ci sia perdita più innaturale di una madre che perde un figlio e lei ora non ci può nemmeno essere qui vicino a me. E non so proprio dove potrei trovarlo il coraggio di darle una notizia così terribile per telefono. Non ho paura di non esserci più come persona individuale, ma solo di non esserci più come figlia e come madre. Mi chiedo il perché e la risposta riporta un po’ di serenità nella mia mente: io non ho rimpianti. O perlomeno niente di così importante. Certo forse tornando indietro avrei le idee più chiare su che indirizzo di studio prendere, forse avrei fatto l’università invece di iniziare a lavorare subito dopo il diploma, però queste scelte mi avrebbero portato sicuramente ad un percorso diverso, ad un’altra vita. Mentre io della mia vita sono felice e non rimpiango nessuna delle scelte fatte. Ognuna, anche quelle sbagliate, mi hanno insegnato qualcosa e fanno parte di me. Non ci avevo mai pensato prima di stanotte e non mi sembra una cosa da poco. Il mio cerchio si potrebbe concludere, ma non sarebbe un cerchio inconcluso. Questo non vuol dire ovviamente che io non desideri continuare a vivere con tutta me stessa insieme a mio marito ed ai miei figli, ma almeno mi dà un briciolo di serenità in questa notte d’angoscia. Sono le 5.30 ed ho bisogno di smettere di pensare. Provo a guardarmi un film su internet sperando di fermare la mente. Non vedo l’ora di essere anestetizzata così avrò un po’ di riposo.”

Ieri mattina ho aspettato tranquilla nel divano che si svegliassero tutti. Ho delegato le incombenze mattutine di preparazione colazioni e cose per la scuola a mia suocera e mi sono dedicata un’insolita mattina di lentezza. Ho letto un libro a Carlo Alberto abbracciati nel divano finché non è arrivato il pulmino a prenderlo. Poi ho fatto un lunghissimo bagno nella vasca con Diego giocando con le macchinine e facendoci le coccole. Ho aspettato serena con mio marito il momento in cui mi avrebbero portata in sala operatoria. Gli ho detto che, dopo il mio risveglio, la nostra vita sarebbe potuta cambiare tanto e lui mi ha risposto: “Lo sai che io sono un ottimista!” Ed io gli ho risposto che anch’io lo sono, ma la parte razionale di me non può fare a meno di pensare a tutte le possibilità. Mentre aspetto l’anestesia giuro a me stessa che comunque vadano le cose, io cercherò di affrontarle con coraggio per i miei bambini. E’ la seconda anestesia generale della mia vita, ma mentre la prima era stata come un dolce passaggio al sonno, questa volta la sento che si diffonde dentro di me con prepotenza e mi fa persino male alla testa. Sono risvegliata in modo brusco, sento che stavo facendo un bel sogno. Mi sembra che siano passati 5 minuti da quando mi ero addormentata e mi dico che in realtà non mi hanno potuto fare niente. Poi l’anestesista mi grida quelle parole magiche: “Not a tumor, only a stone!”. Non un tumore, solo un calcolo. Solo ora riesco a scriverla quella parola maledetta, ora che non ha più a che fare con la mia vita. Esplodo nel più grande pianto di gioia della mia vita. L’infermiera mi chiede preoccupata cosa succede ed io rispondo semplicemente: “I’m only happy!” E tutti ridono. Poco dopo arriva il dottore e vedo per la prima volta il suo sorriso. Credo non dimenticherò mai il suo viso per tutta la mia vita. Lo prego di andare a cercare mio marito perché anche lui possa tirare un sospiro di sollievo. Finito l’effetto anestesia sono piena di dolori, ma non mi importa affatto. La vita mi sembra meravigliosa come mai prima d’ora. Mi dico che non mi devo più arrabbiare per le piccole cose, che per quelle c’è sempre una soluzione. E che devo godermi il più possibile la mia importante quotidianità con la mia bellissima famiglia.

Non sono riuscita a dormire più di qualche ora nemmeno stanotte. Sono debole sì, ma non mi sento stanca. Stasera mi dimetteranno e potrò abbracciare i mie bimbi e mio marito con ancora più consapevolezza di quanto io li ami.

Oggi giorno di San Valentino, in ospedale mi hanno perfino regalato una tazzina da caffè con disegnato un cuore. Attaccato c’è un bigliettino con questa scritta:

“Think positively

Exercise daily

Eat healthy

Love often

Be happy”

Credo che da oggi potrebbe diventare il mio mantra…

Pensieri sparsi dettati dall’angoscia


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