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Pensieri sul mio lavoro, sull’umiliazione e sul valore di un trentenne al giorno d’oggi

Creato il 26 marzo 2012 da Stregonestregato @ppstronzi

Quanto vale un’umiliazione? In questo particolare periodo storico, dove la benzina vale più del lavoro prodotto dall’essere umano, la capacità di perdere la dignità per campare acquista un prezzo tutto suo, difficile, crudele, forse fin troppo svenduto. In questi giorni ho avuto grane a lavoro, ho dovuto confrontarmi con la sfacciataggine di un’azienda che cerca di fregarti in modo sfacciato, facendoti anche capire che pensa che tu sia o uno sprovveduto o un povero cretino. Il costo è alto per un’umiliazione del genere. Più o meno il costo di una lacrima, che però è nascosta e nessuno può vedere.
È il costo di un paragone, con altri colleghi e plus-valori inventati per giustificare o nascondere scelte poco condivisibili.
Si paga caro, con la voce, con frasi che mai avresti sognato di dire, confessando la difficoltà nel campare in una città come Milano con 950 euro scarsi.
Si paga con stanchezza, disgusto, stress e nervosismo. E perché? Perché che noi lo vogliamo o no, siamo solo un numero. La forza lavoro, nell’ambiente della creatività, è solo energia con dietro il nulla cosmico. Non va coltivata, non va compresa, non va stimolata.
Cretini. L’investimento non è solo risparmiare su quel centone durante lo stipendio. L’investimento è anche saper valorizzare le persone in cui credi, affinché possano produrre liberamente e senza ansie.
Ho pagato un po’ la settimana scorsa. In cambio ho avuto un anno di contratto a progetto con un piccolo aumento e nessun buono pasto. Mica sono dipendente. Eggià. Il culo però me lo faccio come tutti gli altri.

In effetti quello che non ti spieghi è perché il tuo lavoro vale tutte queste cose e non uno stipendio minimo, cioè 1200 euro. Insomma, perché lavoro come e più degli altri e non valgo come loro? Silenzio. E poi la crisi. È un momento di crisi per l’azienda.

E per me? No, per me non lo è un momento di crisi, forse. Viviamo in un mondo aziendocentrico, dunque.

Sputi dolore e raccogli sorrisi gelidi. Ho dato la dignità, una controproposta; ho speso tutta la mia rabbia, la mia frustrazione e l’ho attinta da sogni nel cassetto, speranze, possibilità che volano via mentre il tempo passa e i trent’anni sembrano un’età strana, instabile, tutt’altro che matura e credibile.
Io, trentenne. Quanto valgo?

Questo video tratto da The Show must go off, forse, esprime molto meglio dei miei pensieri stronzi, l’amarezza che ho dentro, che deriva dall’osservare la realtà in cui vivo e vivono gli altri. Quella stessa amarezza che sta ammazzando lentamente il bambino che era in me, facendo posto al trentenne vecchio, inutile e che vale un’umiliazione e qualche spicciolo.


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