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Per cominciare lanciamo i falafel

Creato il 18 marzo 2012 da Mdalcin @marcodalcin

Per cominciare lanciamo i falafel Scriviamo poco ultimamente. Preferiamo leggere, l’attività più gratificante come suggeriscono i saggi di tutti i tempi l’attività.
Non posso però esimermi dal suggerirvi la visione di  “Per cominciare lanciamo i falafel” di Valentina Sutti. Si tratta di un teaser, cioè un assaggio di quello che potrebbe essere il film intero.  Ma voi lo potete vedere come fosse un cortometraggio, perché per quanto abbia la capacità di “suggerire” un film di maggiore lunghezza resta un prodotto godibile di per sé.
La regista ha veramente un talento fuori dall’ ordinario. E non bisogna essere dei grandi critici per riconoscere il talento quando c’è.
Ma prendiamola alla larga. Almeno un po’…
Come dice il critico d’arte Bonami esistono veri artisti che hanno successo e veri artisti che non hanno successo. Poi, ci sono non-artisti che hanno successo e non-artisti che lo hanno.
Ad esempio, nella musica,  Max Pezzali è un non artista che ha un grande successo (almeno è simpatico), mentre Umberto Palazzo è un vero artista che però non ha successo, (o almeno non quanto meriterebbe). Nel cinema Tarantino ha talento e ha successo, Guy Ritchi non ha nessun talento e ha successo comunque.
Nel mondo della letteratura, Paolo Roversi non ha talento e ha successo, mentre Federico Ligotti che talento ne ha da vendere non ha l’attenzione che si merita.

Valentina Sutti invece è una regista di grande talento che avrà successo. Fa male vedere prodotti tanto intelligenti come il suo faticare a trovare i finanziamenti per approdare alla grande distribuzione, mentre Fausto Brizzi butta via migliaia di euro in storie banali di nessun interesse artistico. Speriamo solo che i Maya mantengano le promesse e spazzino via questa sistema e tutta questa brutta arte ristabilendo almeno un po’ i valori in campo. Sì perché di buona arte ce n’ è proprio bisogno, non è un particolare così trascurabile. L’arte è un bisogno primario dell’essere umano, da sempre. È una cosa seria in fondo. No può essere lasciata in mano solo ai figli di papà, ai furbastri e ai grandi gruppi economici.

Il teaser iniza così: “Zaki, capelli bianchi  e una pancia che sfiora tutto e un volto scolpito, profondo. Nessuno potrebbe dire con esattezza l’eta di questo uomo, dai 50 ai 70. Questo venennio è l’ultima certezza che abbiamo.”
Io adoro opere narrative di questo tipo, in cui emergono, come dal subconscio, queste immagini, immagini così intime. Nel momento in cui la voce fuori campo ha pronunciato questa frase, io ci sono rimasto di sasso. Si, perché stavo pensando esattamente alla stessa cosa. “Quanti anni avrà questo uomo?”  Come se la voce fuori campo mi stesse leggendo nella testa, come se l’ autrice mi fosse entrata nel pensiero. “Ma come ha fatto?” Va bene leggere nel pensiero, ma considerando che il teaser non è opera teatrale, che quindi viene realizzato inevitabilmente prima della sua proiezione, questo vuol dire che la regista è riuscita a leggermi nel pensiero dal passato. Un virtuosismo!
Il fatto è che nei 15 minuti circa di questa visione di sorprese simili ce ne sono molte.
E poi, altra considerazione:  ma che differenza c’è tra gli attori professionisti e gli attori non professionisti? I ragazzi che prendono parte a questo lavoro sono credibili quanto gli attori più blasonati. D’accordo che come diceva Fulci, un bravo regista farebbe recitare bene anche le pietre ma a me sembra  ci siano nel mondo del cinema in Italia disparità di visibilità che non si reggono effettivamente sul valore. Basti pensare che questo teaser è stato quasi interamente autoprodotto mentre il figlio di Cristian De Sica,  gira filmacci orrendi a budget stratosferici.
Io mi auguro che Valentina Sutti riesca a trovare i finanziamenti per dare ampio respiro al suo progetto, alla sua opera narrativa, che alterna momenti leggeri a momenti molto drammatici, immagini attuali, direi immanenti a immagini universali, archetipe e al di là del tempo, che procede alla frammentazione narrativa per trovare alla fine un unicuum narrativo.
E alla fine, inevitabilmente, ci identifichiamo in tutti i suoi infiniti frammenti.

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