di Alfonso Nannariello
Uno dei fratelli di mia madre, zi’ Ciccìll, voleva la bellavita. Per questo prese un altro corpo.
Quando sua sorella Cïetta sposò, lavorò a Foggia, nella tintoria del marito. Poi si mise in proprio, e la tintoria l’aprì a Calitri. Da allora fu ‘u Tintòr.
Trovato il verso alle sue aspirazioni nelle cose di qualità e di moda, costruì il suo fascino.
Vestiva con cura. Cappelli alla lobbia e abiti attillati, perfetti coi colori cittadini. Capelli sempre ben tagliati, e lucidati con la brillantina. Sotto al naso rettilineo i baffi a spazzola sembravano definitivamente sistemati. Cravatte regimental risaltavano sulle camicie bianche dalle giacche abbottonate alte. Bei fazzoletti uscivano quanto bastava, dal taschino.
Dopo, non so quando, se ne andò a Biella. Quella rara volta che tornava ci metteva a punto sull’etichetta, e mai si faceva scappare l’occasione di sfoggiare qualche dotta citazione.
Ho trovato delle sue foto dal 1929 al 1950. È ritratto a una mostra della moda a Torino, a Firenze, a Roma, a Milano a una fiera campionaria, quasi sempre in compagnia di diverse signorine, a Caserta, a Napoli, a Ferrara, a Salsomaggiore, sempre elegante, sempre il più distinto. Nelle foto più recenti spara sguardi stimolanti verso l’obiettivo, come Rett Butler in Via col vento a Rossella O’Hara.
Quando mamma sposò, zi’ Tintòr ancora lavorava qua. Fu lui ad accompagnarla all’altare per essere immolata. È ritratto tranquillo e sorridente; tirato a dongiovanni, come era. Compare sempre alla sinistra della sposa, come un consigliere o, forse, solo per farla figurare. Non fu lui, però, a farle da testimone, ma un forestiero, forse un amico di famiglia, Camerino Michele.
Mio zio in queste foto lo si vede preso dalla sua parte, atteggiato a naturalezza, in un cenno d’intesa, impostato in una posa.
Della prima volta e del dovere coniugale, a chi andava sposa nessuno diceva niente. Neanche le donne di famiglia. A mamma, invece, ne sono quasi certo, per darsi come al solito del tono, credo che fu lui a dirle, col suo modo accorto, qualcosa di quello che per quel giorno avrebbe dovuto forse già sapere, e a spezzare la punta d’amaro al calice da bere.
[continua]