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Per quieto vivere

Creato il 29 luglio 2011 da Sabby

Per quieto vivere molte donne subiscono le arroganze degli uomini, dei loro mariti, con la convinzione, ereditata da una cultura vecchia quanto il mondo, che fingere “piacere” allontana malumori e riporta l’armonia.

Mi ricordo che una vecchia zia di mia madre diceva sempre: “per cinque minuti accontento mio marito e poi sono in pace” !! Il rifiuto non era previssto, il rifiuto significa non amare il proprio uomo.

Questo tipo di cultura si giustifica nell’aretratezza di vedute, di scambi di pensiero tra donne, poco aduse a parlare di un argomento così personale, così relegato all’intimità della coppia.

Nel Sud in particolare, la moglie è quella che dice sempre sì, è quella che subisce un tipo di violenza non denunciabile; come si può denunciare il proprio disagio, la propria umiliazione, la propria vergogna? Il rifiuto, giustificato, vorrebbe dire venir meno ai doveri matrimoniali e le donne pur di compiacere molto spesso subiscono, per quieto vivere.

Negli anni settanta le donne in piazza si sono prese la possibilità di dire “no” ma ancora oggi sento donne che, rimuovendo i loro diritti, i loro desideri, le loro indisposizioni, sono pronte a soddisfare il piacere del maschio pur di non compromettere un’ipocrita felicità coniugale.

L’ho fatto anch’io, figlia delle proteste delle donne in piazza, prima di me mia madre, che quelle proteste li viveva nel pieno del loro prendere forma.

La convinzione, stupida, vile, di far funzionare tutto, per quieto vivere, senza minimamente pensare a se stesse.

Passive  e convinte di poter superare anche queste umiliazioni con la forza del loro amore, di poter riempire le mancanze del proprio compagno con l’abnegazione, perché dire no, ribellarsi, vorrebbe dire “non amare”.

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