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Per una lettura sociale di “Birdman (O l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)”

Creato il 04 marzo 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Un apologo sociale durissimo e non privo di umorismo grottesco, che ricorda da vicino l’universo poetico e concettuale del recente film di Darren Aronofsky Il cigno nero e la sua simbologia di una scena e prestazione teatrali autolesionistiche, quali specchio dell’esibizionismo tipico dell’attuale panorama tardo-capitalistico.

Il tema portante del nuovo lungometraggio di Alejandro González Iñárritu è per l’appunto l’esposizione pubblica e performativa del sé, in tempi contemporanei di social network, cultura del narcisismo e neoindividualismo.

È un film che mette in scena riflessivamente le proiezioni mentali della sua varia umanità esibizionistica e vanagloriosa in molteplici figure particolarmente evocative su un piano psicologico, quali: i corridoi interni del teatro percorsi avanti e indietro dai personaggi principali coinvolti, pressoché tutti, nell’allestimento e nell’interpretazione di uno spettacolo di Broadway (proiezione dei meandri di una psiche chiusa nelle proprie ossessioni narcisistiche); il pubblico e lo spazio esterno all’edificio teatrale (specchio della ribalta sociale dell’individuo); il supereroe volatile interpretato dal protagonista della storia nella sua passata carriera di stella cinematografica e ora assurto a sua seconda personalità all’interno di un personale delirio schizofrenico (l’Ego, l’Io ideale); il ritmo musicale incalzante della batteria allucinata dal protagonista medesimo (cadenza fantasmatica di un tempo che divora passato e futuro nel presente frenetico di una performance fatta di attimi ed esaltazione).

E, sempre da un punto di vista metaforico, la scelta di un’ambientazione come New York, con i grattacieli della sua city notturna e illuminata quali significanti di volontà di potenza, individualismo e neocapitalismo, gioca il suo peso semiotico, come i riferimenti intertestuali continui alla figura pop, fumettistica e cinematografica, del “supereroe”, assurta grottescamente dal testo filmico a forma simbolica del narcisismo imperante della nostra contemporaneità.

Francesco Di Benedetto


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