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Perché amo la mia terra

Creato il 11 ottobre 2010 da Gaia

 

perché amo la mia terra

foto:flickr

Innanzitutto, è già bello provare a definire quale sia “la mia terra”. Di solito è il Friuli, dalle montagne al mare, o l’Italia, soprattutto quando sono all’estero, e cerco di spiegare, i problemi, la gente che se ne va, l’ostinazione folle con cui continuo a rimanere, e gli stranieri capiscono tutto, tranne perché i giovani vogliano abbandonare un paese così bello. Ogni tanto “la mia terra” si estende alla Slovenia e al Veneto, per esempio, o alla Romagna di mia madre, o rimpicciolisce a Udine in cui sono cresciuta e in cui applico il mio concetto di “vita di comunità” e sto bene nonostante sia una città fighetta del cazzo, e ostile ad ogni novità.
Diciamo che la mia terra è il Friuli, prendetene la definizione che volete, mettete o togliete la Carnia o Gorizia tanto io sento di essere cresciuta anche lì, io voglio dire che al Friuli sono legata anche se non penso sia migliore di praticamente qualunque altro posto, ha i suoi pregi e i suoi difetti, ed è qui il bello, non ha vinto una gara bandita da me, il mio è un amore basato sulla vita condivisa, il più profondo e il più duraturo, il tipo di amore che hai per la tua famiglia, l’amore che non scegli e siccome non l’hai scelto, siccome semplicemente ami ciò che hai vissuto e conosciuto, chi ti cresce e ti conosce, puoi rivedere negli altri lo stesso amore -della propria terra, in questo caso. L’amore per il Friuli nelle persone in cui l’ho visto io è l’esatto contrario dei deliri leghisti, è solidarietà e simpatia per chiunque abbia una terra da amare, anche se è lontana. E infatti qual è stata una delle prime stazioni radio a dare spazio agli immigrati? Radio Onde Furlane.
Sabato sera c’è stato il grande evento a sostegno di questa radio, un successo, circa mille e cinquecento biglietti staccati, grandi gruppi musicali friulani che hanno suonato gratis per sostenerla: Radio Onde Furlane si è vista tagliare i fondi di 50,000 euro da quest’amministrazione regionale, la stessa che ne spende otto volte tanti per quella cagata pazzesca che è Bianco Nero.
Il discorso della tutela delle lingue “minoritarie” è complesso, ultimamente nei media italiani è stato ridotto ad una specie di caricatura, mentre è di grande interesse e anche attualità. La serata di sabato mi ha di nuovo mostrato che la gente capisce cosa fa Radio Onde Furlane, che crea e veicola cultura sul territorio, in modo originale, coraggioso, autoironico, e non ha niente a che vedere con il tenersi aggrappati a identità pretestuose, anzi, è viva… vedere tutte quelle persone là, a sostenere una causa, a sostenere chi li ha sostenuti (“senza di voi noi non saremmo qui”, dicevano i Carnicats), mi ha commossa.
Il senso di amare un posto è anche amare la gente con cui sei cresciuto. La cosa più affascinante non è solo avere gli amici di sempre, che è bellissimo ma non poi così raro; non solo conoscere qualcuno in qualunque posto tu vada, tanto che puoi quasi andare in giro da solo, ma soprattutto l’idea di far parte della stessa comunità, comunque la si intenda, di essere qui, tutti insieme. Vedi una persona, e magari non la conosci, ma sai chi è, perché è amica di un tuo amico, o la collegano a te chissà quali legami, perché c’è andato a scuola tuo fratello o fa un corso con uno della tua compagnia o stavi con qualcuno che ci stava o sarà il tuo collega domani… alle volte è claustrofobico, è difficile sfuggire, ogni tanto è un incubo, ma l’idea che siamo tutti qui legati anche se non ci conosciamo, e che ci incrociamo e ci intersechiamo e un giorno magari ci conosceremo e metà delle nostre vite è in comune anche se non ci siamo presentati, ecco questo è molto più difficile nelle grandi metropoli e uno dei motivi per cui mi piace vivere in questa provincia un po’ rada e isolata.
E poi posso dire che qui è bello, è infinitamente affascinante. Sono mesi che scopro una nuova valle, un nuovo fiume, un nuovo paese, una nuova fabbrica abbandonata, praticamente ogni settimana. Ritorno da gite improvvisate trafelata e quasi isterica di gioia, cercando di spiegare le bellezze che ho visto, scoprendo che ce ne sono ancora, che la prossima volta si potrà andare al mare o in una grotta o a mangiare un nuovo piatto o a vedere le farfalle… siamo pieni di arte, storia, e natura e biodiversità e varietà di paesaggi, e siamo ancora abbastanza selvatici e remoti, nonostante una pianura devastata, da non essere diventati un cliché.
Ma non sto qui solo perché è bello. Sto qui perché qui è un Qui, e non mi piego al ricatto di chi vorrebbe mandarmi da un’altra parte, perché qua non ci sono opportunità (vero, ma le creiamo, non preoccupatevi!). Lo confesso, è dura, non so che farò, ma siamo nel 2010 e io ho il diritto di vivere dove sono nata e cresciuta se lo voglio, e non dove forze che non sono le mie hanno messo il lavoro che dovrei fare.
Infine, io penso che il ventunesimo secolo sarà il secolo del locale. Mi rendo conto sempre più che l’ormai trito slogan pensare globalmente agire localmente è indispensabile, che la dimensione locale è quella in cui è più facile darsi da fare e comprendere le conseguenze delle proprie azioni. Se compro roba fatta qui posso controllare e conoscere chi la produce. Se in città non va qualcosa posso andare dall’assessore. Se c’è una questione controversa posso schierarmi con cognizione di causa. Tenendo d’occhio tutto quello che succede nel resto del mondo, certo, in solidarietà con altri popoli, certo, ma agendo qui perché qui posso e so. Io mi ribello a forze talmente grandi e lontane che non so che fanno e non ho influenza su di loro: io voglio rimpicciolire tutto e riportarlo qui, e metterci mano.
Io sono stata circa sette anni all’estero e quei posti sono parte di me, ho cambiato il mio modo di vestire e di parlare e di pensare, mi sono divisa in due e poi ancora ogni volta che ripartivo, ho dedicato a quei paesi i miei anni e  le mie stagioni, ci ho studiato e lavorato con gli stranieri e con i locali… sono tornata a casa anche per essere di nuovo un pezzo solo, perché a cambiare troppo città finisce che ci si continua a strappare.
Non sto qui a far finta che il Friuli, o l’Italia (bè l’Italia in toto forse…) siano meglio degli altri posti. Ogni tanto non ne posso più, ogni tanto c’è da mettersi le mani nei capelli -ma io posso criticare, arrabbiarmi, anche, disprezzare! Come dice Nietzshe, “chi ama vuole creare, perché disprezza! Che cosa sa dell’amore colui che non dovette disprezzare proprio ciò che amava?”
(mi scuso per averlo scomodato senza averne l’autorità, ma ultimamente lo metto ovunque)
C’è una certa gioia, e una forza incredibile, nella fedeltà, nell’ostinazione, nel stare con le gambe piantate a terra, dove sei nato e dove sei cresciuto e dove anche hai deciso di rimanere perché è casa tua. Sono fiera e felice di non averci rinunciato.

(una canzone a proposito – sabato mi ha commosso anche questa -”la scelta è andare via, io faccio il contrario, e resto con voi fino a quando scompaio”)


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