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Perché Berlusconi fino al 2018. La parabola di un paese senza palle ma pieno di coglioni

Creato il 23 ottobre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Perché Berlusconi fino al 2018. La parabola di un paese senza palle ma pieno di coglioniLe ultime tre perle della cronaca politica, sempre più vicina alla patologia psichiatrica, sono inequivocabilmente le sue, del clown preferito da mr. Barnum che regna sull’Italia e continuerà a regnare in saecula saeculorum. Amen. Dopo la partecipazione da guest star al congresso degli scilipotiani, Silvio ha preso l’aereo di stato e se n’è andato a cena a Bruxelles. Ogni tanto quelli del Ppe amano ritrovarsi per discutere di quanto siano popolari nei rispettivi paesi, e Berlusconi, in questi frangenti, non perde l’occasione per gigioneggiare da par suo, regalando cd con la sua voce flautata, e tentando avances improbabili con la Merkel nella speranza di farsi perdonare quel “culona inchiavabile” che ha fatto il giro del mondo. Lui ci prova, con la solita faccia di bronzo e l’ufficio stampa pronto a magnificarne le performance. E lo ha fatto anche stavolta, solo che ormai all’estero lo sanno e i portavoce degli altri capi di governo sono pronti a scattare come molle nel caso in cui Silvio decida di farla fuori dal vasino. Puntuale come la morte, che prima o poi arriva per tutti, finita la cena Silvio ha fatto diffondere da un Paolino Pa Bonaiuti in piena crisi di incontinenza fisica, un comunicato nel quale dice: “Ho parlato a lungo con la cul...pardon, con la signora cancelliera tedesca, delle nostre misure per la crescita. Forse ho convinto la Merkel che l’Italia è sulla strada giusta”. Abituato a vendere frigoriferi agli eschimesi, e sogni provenienti direttamente da Shangri-La agli italiani, Silvio ha tentato di far passare un inchino, non seguito neppure da una stretta di mano, alla premier tedesca per un incontro bilaterale. Ha tentato insomma di far credere agli italiani che fra lui e Angelina c’era stato un lungo colloquio sullo stato dell’unione europea, e dell’Italia in particolare, nel corso del quale la Merkel aveva dato il suo apprezzamento agli sforzi del governo Berlusconi di mettere in atto almeno una parvenza di politica di crescita economica. Diffusa la notizia dall’esercito di trombe stonate e di tromboni ammaccati di cui Silvio dispone, è arrivata da Berlino, da fonti governative tedesche, una pronta smentita che ci permettiamo di riportare a memoria: “Fra l’onorevole Berlusconi e la signora Merkel non c’è stato nessun incontro bilaterale né colloqui sulla situazione economica italiana. Quella di Bruxelles è stata solo una riunione collegiale”. Sputtanato ancora una volta urbi et orbi, il nostro presidente del consiglio non ha né precisato né smentito perché lui sa benissimo che quello che conta è chi da la notizia da prima pagina, la smentita occupa sempre un colonnino vicino ai necrologi. Felice di aver coglionato ancora una volta un popolo di esangui contestatori, Silvio se l’è presa con Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria aveva ufficialmente comunicato da Capri, dal palco del convegno dei giovani imprenditori, che il “tempo è scaduto”. Che l’uscita di Silvio “Non abbiamo un soldo ci tocca inventare qualcosa”, era suonata alle sue orecchie come l’ennesima dichiarazione di impotenza di un governo diventato più ingombrante che inutile. Pronta, esaustiva e motivata è arrivata la replica del presidente del consiglio: “I giudizi di Confindustria e della Marcegaglia? Roba da ragazzotti”. Ci siamo messi per un momento nei panni della signora Emma che, dopo due mandati alla presidenza di Confindustria, sembra invecchiata di vent’anni e molto più somigliante alla nostra amica casalinga di Abbiategrasso che ad una imprenditrice in carriera. In questo periodo ne ha sentite e subite di tutti i colori, Silvio le ha dato della “velina”, della “bonazza”, del “tanto bella quanto intelligente”, della “miss degli industriali” fino a proporle pubblicamente di entrare nel suo governo per occupare il posto di Ministro dello sviluppo economico a insaputa di Scajola. Emma ha dovuto ingoiare ore e ore di riunioni con l’altro barzellettiere cattolico, e frantumatore di unità sindacale, che si chiama Maurizio Sacconi e ore e ore di chiacchiere senza senso con l’attuale ministro dello sviluppo Paolo Romani che, invece di parlare di industrie e di economia, tirava fuori i ricordi legati ai bei tempi di Colpo Grosso. Ora, arrivata alla fine del suo mandato, e in procinto di tornare a fare l’imprenditore, Emma Marcegaglia ha deciso che fosse giunto il momento di non perdonare più nulla a Silvio, di non abbozzare più, di far finta di ridere alle sue barzellette. Tutto ciò per Berlusconi è intollerabile e definirli “ragazzotti” è stato un modo meno volgare per non chiamarli “coglioni viziati e pieni di inutile danè”. La terza e ultima perla non poteva non riguardare le intercettazioni telefoniche fra lui e Lavitola. Orbene, sapete di chi è la colpa? Del suo maggiordomo Alfredo. Silvio stava seduto in salotto a prendere una tazza di tè Infré, quello che fa bene qui e qui. Era assorto nei suoi pensieri e, come in un flashback, stava rivivendo l’ultima serata con Nicole vestita da pompiera quando è entrato senza bussare Alfredo, il maggiordomo. “Capo – gli ha detto – al telefono c’è un certo signor Valter Lavitola che la desidera. Sono dieci volte che chiama, che ne pensa se gli risponde almeno a una?”. Il povero Silvio, sempre disponibile e con un cuore grande così, decide di rispondere a Valter ma commette l’errore di credere che l’esule politico lo abbia chiamato sul telefonino di Alfredo e non sul suo, per cui parla sicuro di non essere intercettato. Ora. Vabbé che Lavitola non comunica solo con i pezzi da novanta ma anche con la signora Marinella alla quale chiede ogni volta qualche decina di fotografie, ma che avesse anche il numero del maggiordomo Alfredo e che per chiamare Silvio dovesse passare per la servitù, ci sembra veramente una puttanata. Il fatto è che Silvio, con la maggioranza che lo sostiene in parlamento, può permettersi di tutto, perfino di far credere che Denis Verdini sia un boy scout, Dell'Utri un mite bibliotecario e che Ruby la nipote di Mubarak, figuriamoci se non farà passare la panzana che la colpa delle intercettazioni telefoniche è del maggiordomo. Torniamo al nostro titolo soprattutto per rendere omaggio al grande Indro che diceva che l’articolo perfetto è quello che chiude sempre com’è iniziato. Continua la parabola discendente di un paese che avrebbe meritato tutt’altra sorte e tutt’altre opposizioni. Siamo, e prendiamone finalmente e conclusivamente atto, una nazione senza palle ma con un numero elevatissimo di coglioni. Non è una consolazione.

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