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Perchè il web writer non è nemmeno un precario. La quotidianità di chi vive per la rete

Da Yellowflate @yellowflate

Perchè il web writer non è nemmeno un precario. La quotidianità di chi vive per la rete

Italia, crisi economica, politica ed occupazionale, ad aver la peggio sono le generazioni più giovani. Sembra sia nato un nuovo reality show: il “tutti a casa”. Giovani senza lavoro costretti dalla realtà a stare a casa, spesso in famiglia. Tanti sono coloro che cercando di “inventarsi” nuove professionalità e tanti sono coloro che si dedicano al telelavoro.

Un settore con svariate sfumatura. Per rendersi conto di quanto sia complesso questo nuovo mondo sommerso basta fare un'interessante surfata in rete all’interno di forum e blog di settore. C’è di tutto. Quello che emerge è lo sfruttamento.

Siti e blog che vanno avanti grazie al lavoro, sottopagato, di migliaia di giovani.

La figura più interessante è certamente il web writer.

Il web writer è una sorta di redattore virtuale, ma è sopratutto il vero cuore pulsante delle tante realtà virtuali. Siti e blog vengono aggiornati proprio grazie ai saperi dei web writer. Nei tanti annunci della rete si trovano diversi professionisti del settore, giovani che dopo anni di esperienza aprono anche la partita iva pur di essere in regola, ma di contro troppi committenti sono dei veri e propri caporali che sfruttano il lavoro intellettuale altrui, pretendendo la cessione dei diritti d’autore e sopratutto la stesura di un testo ad una cifra irrisoria che va da 0.50 ad 1 euro per un post, ovvero circa 300 parole. Le battute non esistono più. Oltre al prezzo irrisorio con cui si pretende di acquistare le professionalità altrui c’è altro. Un web writer, è costretto a scontrarsi con centinaia di nuovi caporali moderni, a orientarsi attraverso migliai di annunci, a inviare candidature e ad attendere. A fine mese, nessun web writer ha la certezza di incassare quanto ha lavorato; spesso infatti, dietro agli annunci, si nascondono vere e proprie truffe e, non pochi sono i servizi che restano non saldati, senza possibilità alcuna di poter aprire una contestazione. Se c’è chi sfrutta, c’è chi si fa sfruttare ed allora ecco che i giovanissimi si lanciano nel mercato della scrittura online e si propongono per 30 centesimi a pezzo, abbassando ulteriormente la soglia di pagamento. Si abbassa così il valore dei testi reperibili online e si genera un continuo "copy and past" che tende solo a creare testi “immondizia”. La rete così diventa una sorta di “cassonetto dell’indiferenziata” zeppo di ingiustizie sociali.

Il web writer non è nemmeno un precario: per definizione sarebbe un professionista, ma in Italia è lungi dall’esser riconosciuto tale.


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