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Perché non ci sarà Paestum 2014?

Da Femminileplurale
Viviam Maier

Vivian Maier

Ormai un anno fa si svolgeva a Paestum il terzo incontro nazionale del femminismo.

Il primo grande incontro si tenne nel 1977 e fu solo nel 2012 che, su iniziativa di Lea Melandri e di alcune donne della Libreria delle donne di Milano, si ripropose e si diede vita ad un nuovo momento di incontro. Questa iniziativa aveva non l’intento di celebrare l’edizione degli anni Settanta, bensì scommettere sul femminismo di oggi, su tutte quelle forme di pratica politica e di lotta femminista che si sono tramandate, trasformate, mantenute e create nel corso di questi quasi quarant’anni. Per noi di Femminile Plurale, Paestum 2012 fu un’occasione per conoscere di persona donne incontrate solo sui libri o sul web, per incontrarsi e ri-conoscersi, per tessere quelle relazioni indispensabili per far vivere un movimento come quello femminista. Con il secondo incontro di Paestum, nel 2012, si diede il via e, contemporaneamente si ripresero le fila, di quella che è stata definita la “rivoluzione permanente” del femminismo. Si è dato vita a gruppi nuovi, a nuove relazioni e a nuovi conflitti.
L’anno successivo, il 2013, sulla spinta di molte, si è deciso per un nuovo incontro, sempre a Paestum, un momento di discussione ma anche di riflessione sul percorso che fino a quel momento era stato fatto, per tutte quelle donne che vivono pratiche di libertà femminile nella società, nella politica, nei luoghi di lavoro, a livello locale, nazionale o internazionale, per quelle che lo hanno fatto da anni ma anche per chi quel percorso l’aveva cominciato solo qualche tempo prima.
In vista di quel terzo appuntamento venne organizzata una riunione preparatoria per giugno a Bologna. Lì si decise di affidare l’organizzazione dell’incontro alle “giovani”, termine che è stato a lungo (e giustamente) oggetto di discussione, ma che in sintesi intendeva le ventenni o trentenni o quarantenni che non avevano potuto partecipare al primo Paestum, nel 1977 – tra cui anche noi. In gioco c’era il tema dello scambio e dell’ascolto intergenerazionale, la presa di autorità e quindi di parola, il tema della “tradizione” della libertà femminile e del suo futuro. La parola con cui si era scelto di invitare le donne all’incontro di Paestum 2013 era quella di «libertà», che ci sembrava esprimere desideri e attriti comuni in tutti i campi delle nostre vite. Per noi di Femminile Plurale Paestum 2013 è stato un incontro importante, che ci ha viste, con altre, parte attiva dell’organizzazione. Come prevedibile e previsto, anche in occasione di Paestum 2013 non sono mancati fruttuosi momenti di scambio, nuove amicizie, conflitti agiti in presenza e disaccordi successivi alla conclusione dell’incontro.

In questi giorni nei quali ricorre l’anniversario dell’incontro delle donne di Paestum 2013 per noi è maturo il tempo per porci alcuni

Arturo M. Gialdini,

Arturo M. Gialdini, “La tuffatrice”

interrogativi, non rifiutare un bilancio. Il primo elemento che lo compone ci viene suggerito dal fatto chea parte alcune richieste più informative che operative nessuna abbia avvertito l’esigenza di un nuovo incontro pensato per quest’anno. L’ansia e l’urgenza con cui era stato voluto l’incontro di Paestum 2013 sembra essersi completamente dissolta o, forse, risolta. Percepiamo questa situazione non come una vittoria, semmai il contrario. Riteniamo che l’incontro e il confronto tra donne sia non solo utile, ma vitale. Dire l’importanza di un incontro nazionale non significa affermare che le realtà locali morirebbero senza dimensione nazionale. La vitalità del movimento sta nell’azione di ciascuna di noi e delle sue relazioni di vita. E dire l’importanza di un incontro nazionale non significa neppure affermare la necessità di vedersi per dettare linee comuni, per dirsi che saremmo un movimento unito e unico. Dire l’importanza di incontrarsi “tutte” significa comprendere il valore semplicemente del vedersi e conoscersi, del sapere che ci siamo, del metterci in ascolto della differenza che c’è tra noi. Un modo cioè di dare un tempo e uno spazio alla nostra differenza.
Ma dopo Paestum 2013, al di là delle preziose relazioni personali delle singole o di piccoli gruppi, si è bloccata ogni comunicazione a livello sovralocale, nazionale appunto, e da qui si è persa un’ulteriore occasione per vedersi, incontrarsi, parlare, confliggere e divertirsi.

Ma perché è successo questo? Che, come sostiene qualcuna, il patriarcato sia veramente giunto al suo termine e nemmeno noi sentiamo più il bisogno di noi? Eppure la crisi – che oramai, sia detto a margine, è talmente lunga da essere diventata piuttosto un limbo del corpo e della mente, un passaggio in parte già compiuto di cui si attende sia intelleggibile lo stadio di trasformazione verso cui ci ha condotti – ha colpito duramente le donne. Non sprechiamo esempi, ciascuna di noi lo vede ogni giorno. Davvero non sentiamo più il bisogno di noi? O siamo così impegnate nelle nostre lotte che non possiamo incontrarci con altre donne che come noi sono impegnate magari su fronti simili ai nostri? O forse è solo che non ne abbiamo voglia. Ma se così fosse, perché?
Può darsi che siamo così spaventate o annoiate di trovarci in disaccordo da evitare di vederci. Se fosse così allora dovremo ammettere come parole quali relazione, conflitto, politica delle donne, siano tanto belle e lodevoli quanto vuote. Siamo giunte forse nell’epoca del “femminismo atomizzato”. Può essere che siamo così pervase dall’idea che ci siano infiniti modi di essere femminista ed infiniti femminismi, che non valga la pena nemmeno di confrontarci? Ognuna così finisce per badare al suo frammento, senza interrogarlo e metterlo in relazione con le esperienze di altre donne. La crisi – la “trasformazione” – produce isolamento e chiama solidarietà. Eppure non sembra anche a voi che mancare all’appuntamento di Paestum (ma naturalmente potrebbe essere Lampedusa, Cagliari, Abano…) 2014 sia un altro pezzo della “trasformazione” che si rende visibile e che via via che questa si compone indichi anche come, al contrario, abbiamo introiettato l’atteggiamento individualista che la società sessista e consumistica in cui viviamo sollecita in noi?


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