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Perché non siamo nati con il camice

Creato il 18 aprile 2012 da Mapo
In questi giorni, almeno spero, molti di voi si saranno accorti dai giornali, dai telegiornali e da un repentino passaparola quasi del tutto digitale, che gli specializzandi medici di questo Paese chiamato Italia erano in stato di agitazione. E con loro tutte quelle migliaia di giovani borsisti e ricercatori che, spesso, tirano avanti con stipendi da fame per fare quello che amano con una dignità ed un rispetto davvero senza pari.
Perché non siamo nati con il camiceDinnanzi a uno scenario del genere, dove ogni giorno scoppiano scandali finanziari come fuochi d'artificio a ferragosto e dove una buona metà dei grossi gruppi ospedalieri italiani viene beccata con le mani nel sacco a rubare miliardi (e per l'altra metà viene il sospetto sia solo questione di tempo), essere populisti diventa quasi un dovere morale.Questo governo, peraltro di gran lunga meglio di quella vetero-monarchia berlusconiana che ci siamo lasciati appena alle spalle e che purtroppo sembra già tanto lontana da rischiare di dimenticarcela, ha provato negli scorsi giorni, con un colpo di mano, a toglierci alcuni di quei pochi diritti di base che, da qualche anno, ci vengono riconosciuti. Tra questi, primo di una lunga lista, quello di una retribuzione decente.Molti si chiedono che senso abbia con il sottofondo dei Tg che ci raccontano ogni giorno di un'Italia di pensionati, esodati, cassaintegrati, scendere in piazza con un camice a raccontare cosa non va in quello che, visto da fuori, appare solo un mondo di privilegiati che fanno i capricci.Mi piace pensare che almeno qualcuno, in queste ore, lo abbia capito.
Qui sotto il testo integrale di una lettera che ho inviato ai giornali e che, in forma ridotta dovrebbe essere apparsa sull'Eco di Bergamo. A questo link (http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10150805476255016.472951.576620015&type=1&l=0b15cfcc2f), invece, le fotografie della manifestazione di oggi a Milano. Una bella occasione, se non altro, di vederci tutti insieme. E tutti insieme, quasi, facciamo paura!
Milano, 15 aprile 2012“Si sa: voi medici siete tutti dei privilegiati!”. Quando si veste un camice bianco lo si sente dire così frequentemente che, a volte, sembra quasi di crederci. Eppure, almeno per quanto riguarda i nuovi giovani medici, c’è più di un motivo per convincersi che non è così. L’ultimo dei privilegi che ci dovrebbero toccare in sorte, per esempio, è quello contenuto in uno degli ultimi emendamenti approvati dal Senato e ora passato alla Camera per l’approvazione definitiva, il quale dispone, d’ora in avanti, la tassazione di tutte le somme corrisposte a titolo di borsa di studio o addestramento professionale (tra cui il contratto di formazione specialistica in ambito medico) che concorrano a formare redditi superiori a 11.500 euro. In soldoni, mi si perdoni il facile gioco di parole, si tratterebbe di un taglio in quella che abbiamo da poco cominciato a riconoscere come una dignitosa busta paga - sino a qualche anno fa lo “stipendio” dei giovani medici in formazione era a dir poco risibile - di circa 300 euro mensili. “Questa disposizione - come si legge nel comunicato stampa diramato da Federspecializzandi e da altre associazioni di categoria - ridurrebbe ulteriormente le borse di studio dei medici specializzandi, già tra le più basse d’Europa”.E’ bene ricordare che in Italia, al giorno d’oggi, la strada per diventare medico specialista consta di 6 anni di studio, un esame di stato già ipertassato responsabile di un ulteriore anno perso e, a seguire, 5 anni di specializzazione.Nella migliore delle ipotesi, considerata l’evidente discrepanza tra il numero di laureati in medicina ogni anno e il numero di borse di studio bandite dalle varie università italiane, significa arrivare ad essere professionisti formati sul mercato del lavoro oltre i 30 anni. Poterci arrivare da giovani lavoratori con una parvenza di autonomia economica e non da “bamboccioni”, appare ora un lusso che non ci possiamo più permettere.Essere medici specializzandi, peraltro, significa anche tasse universitarie pari a circa una mensilità e mezzo a fronte di programmi formativi quasi sempre carenti e disorganizzati, significa pagamento di una quota annuale obbligatoria al fondo previdenziale complementare dell’ENPAM, significa necessità di stipulare polizze assicurative a tutela di un futuro per definizione incerto, significa essere forza lavoro a basso costo a disposizione  degli ospedali che dovrebbero formarci, sempre più attenti a vincoli economici via via più stingenti. E ancora: orari di lavoro settimanale che puntualmente eccedono quanto previsto dai nostri contratti, inadatti a rappresentare una realtà tutta diversa; turni di guardia talvolta di 24 ore di fila, impossibilità ad eseguire qualsiasi attività lavorativa “esterna” al contratto pena la rescissione dello stesso (fanno eccezione le sostituzioni temporanee per i medici di base e i turni di guardia medica organizzati dalle ASl, a dimostrazione di come, quando la Sanità Pubblica ha bisogno di manodopera a basso costo per sostenere le sue fisiologiche insufficienze, sappia dove andare a parare).Nonostante tutto, non chiediamo certo di curare di meno, di visitare di meno, di studiare e lavorare di meno, né di avere meno responsabilità; questo è il cammino che abbiamo avuto la fortuna di scegliere e mai vorremmo tornare indietro. Chiediamo solo che questo nostro sforzo quotidiano che si chiama Lavoro su cui, in buona sostanza, si fonda il nostro Paese e la nostra Costituzione, ci venga riconosciuto in tutta la sua dignità, retribuito in maniera congrua, in modo da garantire la possibilità di quell’arricchimento patrimoniale, sociale e umano che è la spina dorsale di qualsiasi società evoluta.Chiediamo a questo Governo, che tutti i giorni ci ricorda tramite comunicati o titoloni di giornale che il suo operato è “per favorire i giovani”, di non costringerci per l’ennesima volta a pensare che forse non valeva la pena, che una buona soluzione possa essere quella di emigrare fuori dai confini italiani, come tanti nostri colleghi d’oltralpe non mancano di ricordarci. Abbiamo da guadagnarci tutti, medici, pazienti e, prima di tutto, cittadini.Per questo, e per molti altri motivi, in questi due giorni (Lunedì 16 e Martedì 17 aprile), noi Medici Specializzandi saremo in stato di agitazione e manifesteremo a Roma come in altre città italiane il nostro dissenso, avvolti nei nostri camici bianchi.Se proprio in queste ore avrete la sfortuna di essere in uno qualsiasi dei nostri ospedali, in coda per un esame, e l’attesa si prolungasse un po’ più del solito non possiamo che chiedervi scusa, certi che vogliate provare a capirci.

Massimo Mapelli
Medico Specializzando Malattie Apparato Cardiovascolare - I annoUniversità degli Studi di Milano 

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