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Perché scrivo? Julio Cortázar

Creato il 19 aprile 2015 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti
Foto di Jaime González

Foto di Jaime González

PERCHÉ SCRIVO? – La rubrica dedicata ai perché della scrittura

Julio Cortázar

«Rimarrò un bambino in tante cose, ma uno di quei bambini che portano con sé l’adulto, di modo che quando il mostriciattolo diventa veramente adulto questo porta dentro di sé il bambino, e durante il cammino si verifica una coesistenza di rado pacifica di almeno due aperture al mondo. Gran parte di ciò che ho scritto si distingue per la sua eccentricità, dato che non ho mai ammesso una differenza tra il vivere e lo scrivere; se vivendo riesco a dissimulare una partecipazione parziale alla mia condizione, non posso tuttavia negarla in ciò che scrivo dato che scrivo proprio per non esserci o per esserci a metà. Scrivo per errore o per mancanza di una collocazione; e siccome scrivo da un interstizio, invito sempre gli altri a cercare il proprio e a guardare attraverso di esso il giardino dove gli alberi hanno frutti che sono, ovviamente, pietre preziose. Il mostriciattolo è sempre lì… E mi piace, e sono terribilmente felice nel mio inferno, e scrivo. Vivo e scrivo minacciato da questa lateralità, da questo posto reale, da questo stare sempre un po’ più a sinistra o più in fondo del luogo in cui si dovrebbe stare affinché tutto si risolva in modo soddisfacente in un giorno di vita in più senza conflitti. Ero ancora molto piccolo, quando accettai a denti stretti la condizione che mi separava dagli amici, e che, allo stesso tempo, li attirava verso quel tipo strano, diverso, quello che metteva il dito nel ventilatore. Non è che non fossi felice, l’unica condizione era incontrare di tanto in tanto (il compagno, il tipo eccentrico, la vecchia pazza) qualcun altro che a sua volta non corrispondeva pienamente al suo ruolo, e naturalmente non era facile; ma ben presto scoprii i gatti nei quali potevo immaginare la mia stessa condizione, e i libri, nei quali la riscontravo chiaramente».

«Una buona parte dei racconti che ho scritto sono frutto di stati nevrotici, di ossessioni, fobie, incubi. Non sono mai andato da uno psicoanalista; ho risolto i miei conflitti interiori a modo mio, grazie a una macchina da scrivere e a quel senso dell’umorismo che fa storcere il naso alle persone serie. Quindi, più che un racconto o un romanzo, è la scrittura stessa il mio atto di esorcismo».

Estratto dall’intervista a Julio Cortázar del giornalista peruviano Alfredo Barnechea. L’intervista risale al 1971 ed è stata poi ripresa in Peregrinos de la lengua (Alfaguara, 1998).

La casa editrice SUR ha inaugurato la nuova collana littleSUR, dedicata a testi brevi di autori latinoamericani, con Correzione di bozze in Alta Provenza (traduzione di Giulia Zavagna), il diario che Julio Cortázar scrisse nel 1972 durante il massacro di Monaco.

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