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Perché sei così serio? (di Lorenzo F.L. Pelosini)

Da Giovannipelosini

Perché sei così Serio? (di Lorenzo F.L. Pelosini)Ed eccoci di nuovo qui, miei affezionatissimi fruitori. L’anno nuovo è cominciato e le rivoluzioni che ci troviamo davanti necessitano di un cambio di mentalità (direi, di un’inversione di pensiero). Sì, lo so: dico così tutti gli anni e alla fine mi ritrovo sempre a fare le stesse cose. Eppure mi impegno, vi assicuro che mi impegno. E allora dov’è il problema…?

Spesso ammoniamo le persone che riteniamo indisciplinate e troppo svagate a prendere la vita con un po’ più di serietà. E quanto ci stupiamo quando queste persone non arrivano a capire questo semplice concetto (o quando, forse ancora peggio, pur riconoscendo l’insensatezza delle loro azioni, perseverano nell’errore)! Ma non c’è niente di cui stupirsi: per queste persone, prendere le cose con serietà non è affatto facile, come non è facile per persone tendenzialmente serie ed impegnate, essere indisciplinati. E sapete perché? Perché affrontano una festa in maschera come affronterebbero un compito di matematica.

The Joker

Prendiamo un personaggio che ha avuto un enorme successo nel mondo dei fumetti (e, grazie a Dio, anche in quello del Cinema): Batman. Nell’ultimo dei film a lui dedicato da Christopher Nolan (Il Cavaliere Oscuro), il paladino di Gotham ha ormai consolidato la sicurezza dei suoi principi. È un eroe incrollabile, incorruttibile che porta l’ordine nel caos, mantenendosi ben centrato nella sua dogmatica giustizia. Ma ecco che finalmente, come sempre accade nella Fisica, all’altra estremità dello spettro, emerge una forza di intensità uguale ma di verso opposto. La forza in questione si chiama Joker. Non è un criminale come gli altri: se rapina una banca non lo fa per il denaro, se uccide un boss mafioso non lo fa per brama di potere. Il fatto è che non cerca qualcosa di preciso: non ha schemi, non fa piani e soprattutto non ha regole. La sola cosa che gli interessa è “veder bruciare il mondo”. Batman tenta di fermarlo, cercando di capire, come ha sempre fatto, quali possano essere le sue intenzioni, ma nel gioco di Joker non ci sono regole, nulla è prevedibile. Ed ecco che “la forza irrefrenabile incontra l’oggetto inamovibile” e dal loro scontro/incontro, come nei migliori miti genealogici, sgorga il vero conflitto e la vera azione e da essa si dipana l’Universo.

Why so serious?

Batman è una maschera di serietà calcarea, il volto di Joker è quello di un clown dalla perenne risata. “Perché sei così serio?” chiede sempre a tutti i suoi avversari. Ovviamente quello che Batman fatica a capire è che l’invincibilità di Joker sta proprio nel suo distacco dal desiderio, nel suo distacco dallo scopo. Ogni giorno per Batman è una battaglia, per Joker è una partita (che lui gioca, né più né meno, col distacco con cui noi giochiamo a Monopoly). Vincere o perdere ha poca importanza, perché niente ha importanza. Tutto è caos. Tutto è gioco.

Sin da piccolo, quando creavo interi mondi con le costruzioni Lego, accovacciato sul tappeto del salotto, non ho mai avuto difficoltà a comprendere il valore e la serietà del gioco. Sono sempre stato cosciente di come, tramite esso, si potessero creare infiniti mondi. In pratica, ho sempre saputo giocare seriamente, ma non ho mai imparato a… seriare giocamente.

Mettevo tutto me stesso in ogni cosa che facevo, sacrificando tutto il resto, con concentrazione totale, dedizione totale, che di per sé è una gran cosa, ma mi immedesimavo a tal punto nel personaggio che interpretavo, che quando quel personaggio moriva e il gioco finiva, ero convinto di aver perso tutto, perfino me stesso.

Pirandello ci insegna che ogni elemento del mondo è drammatico visto dall’interno, ma diviene comico se visto dall’esterno.

Se riuscissimo ad applicare questo concetto a tutti i livelli della realtà, probabilmente anche la morte non ci apparirebbe così tragica. Magari riusciremmo perfino a scorgere tutto quello che ci aspetta oltre ad essa e addirittura oltre al concetto che ci siamo fatti di noi stessi.

Ce lo spiega Fellini, che in 8 ½ racconta di un regista (Marcello Mastroianni) che per tutta la vita ha cercato di imbrigliare la realtà nell’ordine artificioso delle sue pellicole, senza riuscirci. Alla fine, allo stremo delle forze, impugna la pistola, la punta alla testa e preme il grilletto. C’è chi lo vede come un suicidio, ma nell’irrazionale universo felliniano direi che consiste più in un’uccisione della mente razionale. Come amo ricordarmi e ricordarvi, a volte quando si perde si vince. Tant’è che il personaggio di Mastroianni, libero dalla Ragione e dalla seriosità che lo attanagliava, alla fine del film si trova immerso in un mondo circense, dove realtà e immaginazione si mescolano e tutto ciò che è serio e logico si sublima nell’irrazionale, divino gioco, un eterno girotondo che non ha alcuno scopo a parte se stesso. “La vita è una festa”, conclude il protagonista e così dicendo si abbandona alla musica e a quella folle gioia che dirompe da noi stessi quando finalmente smettiamo di arginarla.

Lorenzo F.L. Pelosini


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