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Questo che significa?
Significa che nel nostro cinema esiste una taratura di livello basso, significa che la nostra televisione è tarata a un livello ancora più basso e significa che forse - se viene da rendersene conto - è arrivato il momento di riordinare le idee e ristabilire gli schieramenti.
Quindi "Perez."?
Quindi "Perez." è un noir piuttosto riuscito, con un Luca Zingaretti non adattissimo alla parte che tuttavia non sfigura, un Marco D'Amore che continua il personaggio di "Gomorra: La Serie" e un canovaccio a tratti godibile e a tratti meno. Uno di quelli, insomma, che ti aspetti di vedere in televisione, ma che anche li, pur non sconvolgendo, non esalterebbero e di conseguenza, portati al cinema, possono soddisfare solo le attese di chi davvero non chiede nulla e non vuole nulla dalla pellicola che sceglie di vedere.
Eppure non è interamente legittimo essere così crudeli, perché la pellicola diretta da Edoardo De Angelis poi, nella sua globalità, non è così male, anzi, considerando tutti i preamboli esposti in precedenza rischia anche di superare il confronto con altri lavori che invece per il cinema teoricamente sarebbero ideali e specifici.
Come opera di genere allora "Perez." regge.
Lo fa con la scura ambientazione notturna che per quasi tutti i suoi novanta minuti lo avvolge e lo protegge, lo fa con la voce fuori campo di Zingaretti che molto aiuta e, soprattutto, lo fa con il sottofondo jazz che accompagna la sua marcia e le lunghe camminate del suo protagonista. Un avvocato d'ufficio, uno di quelli a cui affidano i casi che gli altri avvocati d'ufficio - quelli della prima linea - rifiutano. Si definisce uno che passa le carte, visto che quelli che tratta sono sempre criminali indifendibili, senza appiglio, già condannati. Quando però un camorrista gli promette di poter sistemare il problema che lui ha con la figlia (che sta frequentando un'altro camorrista) Perez decide di sporcarsi le mani entrando in qualcosa che non gli appartiene, ma con cui potrebbe riscattare la sua sofferta reputazione da eterno perdente.
Tutto già visto e nulla di nuovo, in sostanza. Solo prevedibilità e qualcosina di apprezzabile, non esiste altro di necessario per descrivere la pellicola di De Angelis, che come da copione fa il suo dovere non uscendo dai margini e accontentandosi di occupare uno spazio strettissimo.
Quello che basta per occupare un posto.
Trailer:
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