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Pesca al salmone nello Yemen

Da Pietroinvernizzi

Copertina di Pesca al salmone nello Yemen di Paul TordayLiberamente tratto da “Pesca al salmone nello Yemen” di Paul Torday, edito da Elliot nel 2012.

Non lo nascondo, ho visto prima il film, Il pescatore di sogni, in cui si vedono eleganti loop eseguiti da un abile Ewan McGregor. Il film è molto più “americano” del libro che conserva un’ironia tutta britannica. Mail, comunicazioni e narrazione si intrecciano per creare una trama molto più avvincente rispetto al film, e portano a un finale al fulmicotone, completamente diverso. Immergendosi nella lettura ci si perde nelle considerazioni poetiche dello sceicco sulla pesca a mosca che spaziano dalla fede che guida anche il pescatore più ateo a quanto il suo esercizio appiani le differenze sociali tra i pescatori.
«Frequento questo paese da molti anni» ha proseguito Sua Altezza «e ho notato una cosa curiosa. Lei mi perdonerà se parlo con franchezza dei suoi connazionali, vero?». Ho annuito, ma la sua doveva essere una domanda retorica, perché ha proseguito senza la minima pausa. «Qui c’è ancora molto snobismo. Anche nel nostro paese esistono differenze sociali, ma tutti le accettano senza problemi. Io sono uno sceicco e provengo dalla classe sayyid. I miei consiglieri sono cadi. Gli uomini che lavorano nelle mie proprietà, a casa, sono nukka o anche akhdam. Ma ognuno di essi sa stare al proprio posto e parla agli altri senza imbarazzo, senza timore di cadere nel ridicolo.

Qui nel Regno Unito non è così. Pare che nessuno sappia a quale classe appartiene. Qualunque sia la sua condizione sociale, se ne vergogna e si comporta come se provenisse da un’altra. I membri della vostra classe sayyid adottano il linguaggio dei nukka per non farsi notare, si esprimono come tassisti e non come signori perché temono di essere giudicati male. Ma è vero anche il contrario. Un macellaio, un jazr,può diventare molto ricco e sforzarsi di parlare come un sayyid. Anche lui si sente a disagio se pronuncia male una parola o indossa una cravatta sbagliata. Il vostro paese è dominato dai pregiudizi di classe. Non è vero, Harriet Chetwode-Talbot?». Harriet ha sorriso, piegando la testa di lato senza dire una parola.

«Ma ho notato» ha proseguito Sua Altezza «che c’è un unico gruppo di persone che, nella passione per lo sport, ignora le differenze di classe. I sayyid e i nukka si mescolano, si ritrovano gli uni accanto agli altri sugli argini dei fiumi, si parlano liberamente senza ritegno o imbarazzo. Naturalmente sto parlando dei pescatori di salmoni, o meglio, dei pescatori di ogni genere. Nobili o umili, ricchi o poveri, dimenticano se stessi nella contemplazione di uno dei misteri divini: il pesce, e il perché qualche volta abbocca e altre volte no». Ha alzato impercettibilmente il suo bicchiere, e Malcolm è arrivato prontamente al suo fianco con una bottiglia e un sifone da seltz. «Anche il mio popolo ha i suoi difetti» ha proseguito lo sceicco. «Siamo gente impaziente, talvolta violenta, pronta a metter mano alla pistola per chiudere una discussione. Sebbene la nostra società sia, per molti aspetti, antica e organizzata, noi siamo prima di tutto membri della nostra tribù e solo in secondo luogo cittadini della nostra nazione. Dopotutto, la mia famiglia e la mia tribù vivono sulle montagne dello Heraz da più di mille anni, ma la nazione esiste soltanto da qualche decennio. Vi sono ancora molte divisioni nel mio paese che, fino a non molto tempo fa, era composto da due stati e, ancora prima, da molti regni: Saba, Najran, Qa’taban, Hadramaut.

Ho notato che qui da voi, nonostante si verifichino atti di violenza e aggressioni – gli hooligan, per esempio -, esiste un gruppo di persone per le quali la pazienza e la tolleranza sono le uniche virtù. E sono appunto i pescatori, soprattutto i pescatori di salmoni». La sua voce era calma e pacata, ma aveva il dono di saper catturare l’attenzione e il rispetto con ogni parola che pronunciava. Io non ho detto nulla: non osavo, né desideravo interrompere il corso dei suoi pensieri.

«Sono giunto a convincermi del fatto che creare un fiume popolato da salmoni nello Yemen sarebbe sotto molti aspetti una benedizione per il mio paese e per i miei concittadini. Sarebbe un miracolo se si realizzasse, lo so. Il mio denaro e le sue conoscenze scientifiche, dottor Alfred, da soli non basteranno. Ma, proprio come Mosè ha trovato l’acqua nel deserto, se Dio vorrà noi permetteremo ai salmoni di nuotare nelle acque dello Uadi Aleyn. Se Dio vorrà, le piogge estive riempiranno gli uadi, noi pomperemo l’acqua dalla falda, e i salmoni nuoteranno nel fiume. E allora i miei concittadini – di tutte le classi – potranno ritrovarsi sugli argini, fianco a fianco, a pescare i salmoni. E anche la loro natura cambierà. Proveranno l’incanto di questo pesce argentato, e l’amore irresistibile, che lei e io conosciamo, dottor Alfred, per questa creatura e il fiume in cui essa nuota. E allora, quando si inizierà a discutere su ciò che una certa tribù ha detto o un’altra ha fatto, o su come comportarsi con gli israeliani o con gli americani e le voci si faranno accese, ci sarà qualcuno che dirà: “Alziamoci e andiamo a pescare”».



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