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Peter O’Toole (1932-2013)

Creato il 16 dicembre 2013 da Af68 @AntonioFalcone1
Peter O'Toole

Peter O’Toole

Ci ha lasciato Peter Seamus O’Toole, morto lo scorso sabato, 14 dicembre, presso il Wellington Hospital di Londra, grande attore cinematografico e teatrale irlandese (Connemara, Contea di Galway, 1932), capace di esprimere il proprio talento in molteplici ruoli, spaziando fra i vari generi sempre mantenendo intatte eleganza e modalità di porsi in scena, estremamente fluide e naturali.
Entrambe poi andavano ad aggiungersi ad uno sguardo capace di caratterizzare, con eguale intensità e sempre inedite sfumature, le diverse interpretazioni, suddivise, all’insegna della duttilità, tra dramma, ironia e romanticismo.
Nell’estate del 2012 aveva annunciato il suo ritiro dalle scene (“la passione se n’è andata e non tornerà”, aveva dichiarato alla rivista People ), dopo una carriera contrassegnata da una vasta filmografia, conseguendo ben otto nomination all’Oscar in qualità di miglior attore non protagonista, statuetta che infine ottenne nel 2003 come Academy Honorary Haward.

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Cresciuto a Leeds, in Inghilterra, dove la famiglia, madre casalinga, il padre allibratore di corse automobilistiche, si era trasferita, O’Toole lasciò la scuola all’età di quattordici anni ed iniziò a lavorare come apprendista reporter e fotografo presso lo Yorkshire Evening Post. Dopo il servizio militare nella Marina britannica, si iscrisse alla Royal Academy of Dramatic Art (RADA), che frequentò dal ’52 al ’54, ed esordì sul palcoscenico del Bristol Old Vic.
Man mano si affermò come valido interprete shakespeariano, calcando le scene del Royal Court Theatre e della Royal Shakespeare Company, per poi essere notato dal regista Nicholas Ray che in The savage innocents (‘59, Ombre bianche) gli affidò il suo primo ruolo cinematografico, in realtà successivo ad un debutto televisivo avvenuto nel ’56 (il primo episodio della serie The Adventures of the Scarlet Pimpernel).

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Sempre nel corso del ’59 O’ Toole prese parte ad altri film (The day they robbed the Bank of England, Furto alla Banca d’Inghilterra, John Guillermin; Kidnapped, Il ragazzo rapito, Robert Stevenson, dall’omonimo romanzo di R.L. Stevenson), ma il grande successo di pubblico e critica conseguì a quella che a tutt’oggi resta la sua interpretazione più celebre, Thomas Edward Lawrence in Lawrence of Arabia, ’62, per la regia di David Lean, un personaggio reso abilmente nel suo particolare melange d’insinuante fascino e sottile ambiguità, capace di conferire un’ulteriore connotazione ad un film forte di una suggestione non semplicemente visiva, vincitore di sette Oscar (miglior film, regia, fotografia, scenografia, sonoro, colonna sonora, montaggio), mentre la suddetta prova di O’Toole non andò oltre la nomination (ma l’attore vinse al riguardo il David di Donatello come Miglior Attore Straniero).

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Da qui in poi fu un susseguirsi di ruoli particolarmente intensi, come quello del re Enrico II , di cui vestì i panni sia in Becket (Becket e il suo re, ’64, diretto da Peter Glenville, dal dramma teatrale Becket ou l’honneur de Dieu, di Jean Anouilh) che in The Lion in Winter (Leone d’inverno, ’68, Anthony Harvey, dall’omonima opera teatrale, ’66, di James Goldman), dando vita ad indimenticabili “duelli” recitativi, rispettivamente con Richard Burton e Katharine Hepburn ed ottenendo altre due candidature agli Oscar (conseguendo per entrambi il Golden Globe come Miglior Attore Drammatico).
In mezzo, nel ’65, la scoperta della commedia, grazie a Clive Donner, regista dello scombinato What’s new, Pussycat?, Ciao Pussycat, caotico rincorrersi di situazioni paradossali ed umoristiche, esordio cinematografico come interprete e sceneggiatore di Woody Allen, che vedeva fra i protagonisti, fra gli altri, Peter Sellers, Romy Schneider e Capucine, cui seguì nel ’67 il bizzarro, a dir poco, vista la contaminazione spionaggio-commedia, Casino Royale di John Huston.

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In questa alternanza di ruoli drammatici ed interprete di commedie, si possono ricordare, fra le interpretazioni più riuscite, titoli come Lord Jim (‘65, Richard Brooks, dall’omonimo romanzo di Joseph Conrad), How to steal a million (‘66, William Wyler, Come rubare un milione di dollari e vivere felici), splendida sophisticated comedy con Audrey Hepburn ed Eli Wallach, Goodbye, Mr. Chips, ’69, Herbert Ross, e, andando avanti negli anni, dove purtroppo motivi di salute lo portarono ad adeguarsi a ruoli non sempre eccelsi, The stunt man (Professione pericolo, ’80, Richard Rush), L’ospite d’onore (My Favorite Year, Richard Benjamin, ’82), Creator (Dr. Creator specialista in miracoli, ’85, Ivan Passer), la convinta e sentita interpretazione del precettore inglese ne L’ultimo Imperatore di Bernardo Bertolucci, sino al ritorno sul palcoscenico (il grande successo di Jeffrey Barnard is unwell, ’99) e alle ultime scintille di una mai sopita eccellenza, che, con fare tra il dolente e l’ironico, O’Toole ha saputo adeguare al contesto.

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Fra le ultime interpretazioni, la commedia indipendente Venus, 2006, di Roger Michell, che gli fece conseguire l’ottava nomination e, a dimostrazione ulteriore della sua poliedricità, la voce del critico gastronomico Anton Ego nella versione originale del film d’animazione Ratatouille (Brad Bird, 2007).
Una piccola curiosità in chiusura, credo comunque nota a molti: nel ’69 il fumettista Magnus (Roberto Raviola) nel disegnare il personaggio di Alan Ford, ideato da Max Bunker (Luciano Secchi), protagonista dell’omonimo albo, si ispirò proprio alle fattezza di Peter O’Toole, il quale resta al momento, come già scritto, l’attore con il maggior numero di nomination agli Oscar senza averne conseguito uno, a parte quello alla carriera. Ma il premio più grande gli è stato certamente consegnato dal pubblico, che ne ha sempre apprezzato, e potrà continuare a farlo rivedendo i suoi film, quell’aria ora disincantata, ora enigmatica, tra aplomb e disinvoltura recitativa. Goodbye, Mr. O’ Toole.
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Candidature all’Oscar come Miglior Attore Protagonista: Lawrence d’Arabia (Lawrence of Arabia, ’62, David Lean); Becket e il suo re (Becket, ’64, Peter Glenville); Il leone d’inverno (The Lion in Winter, ’68, Anthony Harvey); Goodbye, Mr. Chips( ’69, Herbert Ross); La classe dirigente (The Ruling Class, ’72, Peter Medak); Professione pericolo (The Stunt Man, ‘80,Richard Rush); L’ospite d’onore (My Favorite Year, ’82, Richard Benjamin); Venus (2006, Roger Michell).


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