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Piccola posta, L’ombra di Curzio Malaparte in Versilia (Fabio Piccione)

Da Paolorossi

Anarchico, fascista, antifascista, comunista, scrittore e giornalista, il pratese Kurt Erich Suckert, in arte Curzio Malaparte, ha rappresentato una tessera non trascurabile nel panorama della intelligencija versiliese. Non tanto per i suoi scritti quanto per due episodi rimasti indelebili nella memoria culturale e letteraria.

Il primo riguarda il cenacolo di intellettuali e artisti il cui nome, gruppo del "Quarto Platano", nasce proprio a causa di Malaparte.

Nel 1927 lo scultore Arturo Dazzi, nato a Carrara ma da decenni romano, cercando un luogo tranquillo e spazioso dove lavorare fu accompagnato in Versilia, stranamente mai frequentata. Ne rimase colpito al punto da consigliarla, poco tempo dopo, a Carlo Carrà, anche lui alla ricerca di un luogo dove poter dipingere serenamente. Carrà si innamorò della costa Apuana e in breve tempo la casa di Dazzi divenne il punto di incontro di artisti, intellettuali e scrittori come Ardengo Soffici, Roberto Longhi, Mino Maccari, Felice Carena e Giovanni Papini. Un gruppo numeroso al punto che quando non potevano andare da Dazzi si ritrovavano al Caffè Fissi (oggi Caffè Principe) sulla piazza di Forte dei Marmi. Qui si unirono anche Lorenzo Viani e Enrico Pea, entrambi amici di Carrà. La loro presenza al caffè suscitò una curiosità tale attirò l'interesse di Malaparte.

All'epoca Malaparte era un confinato eccellente. Fascista della prima ora, aveva attirato su di se le critiche del regime pubblicando in Francia, nel 1931, il libro Tecnica del colpo di stato , un attacco nei confronti di Hitler e Mussolini e per questo confinato al sud. Tuttavia grazie alla amicizia e alla protezione di Galeazzo Ciano, il confino fu spostato a Forte dei Marmi.

Giudicato troppo snob e sofisticato - si racconta che arrivasse al caffè accompagnato da donne e levrieri, scalzo e con magliette da corridore - Carrà e Pea, seguiti dagli altri, si spostarono al caffè situato sul lato opposto della piazza, il Caffè Roma, nascosti tra le frasche e i rami del quarto platano della piazza. Da qui il nome del gruppo frequentato nel tempo anche da Cesare Pavese, Carlo Levi, Alberto Moravia, Mario Tobino, Giuseppe Ungaretti.

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