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Piero de’ medici – storia di firenze

Creato il 16 agosto 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

  Siamo alla diciottesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del diciassettesimo articolo.

 

Piero deMedici 1 132x170 PIERO DE MEDICI   STORIA DI FIRENZE

Figura 49: Piero de’ Medici 

Piero de’ Medici

Se osservate la biografia dei due Medici descritti nelle due puntate precedenti (ovvero Giovanni di Bicci e Cosimo il Vecchio) potrete notare quanto l’uno si completi nell’altro. Con Piero de’ Medici, detto il Gottoso (1416 – 1469) invece si ha, se non una battuta d’arresto, un momento di incertezza nella crescita della famiglia (figura 49). C’è da dire che le due generazioni precedenti avevano realizzato cose formidabili, ma è indubbio che Piero non possedeva né il carisma, né le capacita del padre e del nonno, e nemmeno la forza giovanile dei suoi predecessori, visto che, quando Cosimo muore, Piero ha già quarantotto anni; per i tempi, un anziano.

Comunque anche a Piero, Firenze riconosce una specie di diritto nel governare la città, così come si fa con le dinastie regnanti, indipendentemente dal fatto che questo nuovo rappresentante della famiglia fosse privo di particolari doti. Tuttavia non possiamo dire che Piero abbia vanificato quanto era stato costruito; egli infatti riesce, anche in virtù dei pochi anni in cui rimane a gestire il potere, a mantenere immutato il patrimonio familiare e a non compromettere più di tanto il credito politico maturato.

Purtroppo però all’inizio della sua “carriera” fece un grave errore; mal consigliato (o meglio, appositamente mal consigliato da chi non gli voleva bene), Piero pretese che tutti coloro che, per diversi motivi, erano in debito con i Medici restituissero le somme dovute. Era un comportamento che non poteva essere accettato da un Medici, perché in contrasto con la loro tradizione. Questo gesto rafforzò non poco i nemici della famiglia, di cui vi diamo i nomi e i cognomi: innanzitutto, Dietisalvi (o Diotisalvi) Neroni che era stato uno dei collaboratori dei Medici, ma che ora, infastidito dai progetti di ampliamento di Palazzo Medici, che sottraevano luce alle sue proprietà, utilizza questo fatto come pretesto per avversare il figlio di Cosimo; poi Agnolo Acciaiuoli, che odiava i Medici perché Cosimo, dopo aver promesso al figlio dell’Acciaiuoli, Lorenzo, la prima diocesi che si fosse resa disponibile in Toscana, quando ciò avvenne con quella di Pisa preferì a Lorenzo un proprio parente, Filippo de’ Medici. Poi Niccolò Soderini, che tra tutti era l’unico che disprezzasse i Medici per motivi squisitamente ideali, in quanto fervente repubblicano, o forse perché voleva risistemare le borse elettorali in modo da garantire il ritorno all’oligarchia di un tempo, in cui alcune famiglie dominavano ma nessuna prevaleva; e infine Luca Pitti, che pur non avendo subito alcun affronto da parte dei Medici, in quanto banchiere molto ricco e in procinto di completare un palazzo che avrebbe superato tutti quelli fino a quel momento costruiti in città, non aveva intenzione, ora che Cosimo era morto, di inginocchiarsi a nessuno.

Come si può vedere dalle argomentazioni dei quattro, l’odio era determinato da motivazioni in parte comprensibili, ma non vi è dubbio che esse erano supportate dall’invidia tipica di chi patisce le persone ricche e di successo e dalla vigliaccheria di chi fa sentire la propria voce solo quando è ben certo che l’avversario che intende battere sia debole e quindi facile da sconfiggere. Luca Pitti riesce a ottenere che l’elezione dei rappresentanti della Repubblica torni all’antico sistema dell’estrazione a sorte, priva cioè di quei trucchi che avevano garantito a Cosimo l’occupazione delle cariche pubbliche da parte di persone a lui fedeli. Ma ciò non fu sufficiente per placare la sua rabbia, tant’è vero che lo stesso Pitti, nel 1466, mise in atto una congiura, con la complicità dei tre personaggi sopra citati e di altri di secondo piano, allo scopo di eliminare fisicamente l’odiato Piero.

I congiurati però erano male organizzati e avevano fatto i conti senza l’oste che, nella fattispecie, era impersonato dal figlio di Piero, il futuro Magnifico Lorenzo, che nonostante i suoi diciassette anni aveva intuito il pericolo e quindi consigliato al padre, di ritorno a Firenze dalla villa di Careggi, di cambiare itinerario e di farsi accompagnare da alcuni uomini armati. Ovviamente il fallimento dell’attentato comportò un rafforzamento del ruolo politico di Piero e il conseguente esilio degli avversari da parte della Signoria che, nel frattempo, era tornata favorevole a Piero medesimo: Agnolo Acciaiuoli fuggì a Napoli; Dietisalvi Neroni e Niccolò Soderini scapparono a Venezia, mentre Luca Pitti, che si proclamava pentito delle sue colpe e cercava di scaricare la responsabilità dell’accaduto sui suoi compagni di congiura, rimase a Firenze, ma su di lui si posò l’etichetta di persona infida e traditrice e fu emarginato dalla vita sociale della città. Inizia per la famiglia Pitti un declino che culminerà nella vendita ai Medici del palazzo omonimo, che diventerà la loro reggia in epoca granducale: quelli “del poggio” – come erano chiamati i partigiani del Pitti, perché residenti sul Poggio di Boboli – furono quindi sconfitti da quelli “del piano” quali erano i Medici, il cui palazzo di Via Larga era stato costruito in pianura.

Nel 1467 all’insuccesso della congiura seguì anche un tentativo militare a danno dei Medici patrocinato da Venezia, cui collaborarono gli esiliati Soderini e Neroni, ma che si concluse con una tregua, lasciando le cose come stavano. Sia chiaro però che, quando parliamo di Piero de’ Medici, non ci riferiamo a uno sprovveduto; egli fu uomo colto e raffinato, che seppe proseguire la tradizione familiare del mecenatismo artistico, con numerose committenze a favore degli artisti del tempo. Rispetto a Cosimo, però, il suo gusto estetico era diverso, meno austero di quello del padre; potremmo dire che Piero è più “rinascimentale” di Cosimo, mentre quest’ultimo è più autenticamente “umanista”. Piero seppe poi arricchire la collezione di libri pregiati della famiglia, raccogliere manufatti preziosi, magari di piccole dimensioni, come arazzi, cammei antichi, gemme, armi da parata e strumenti musicali, prediligendo questi oggetti non solo per il loro valore intrinseco, ma soprattutto perché simboli di prestigio sociale.

 

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Figura 50: Lucrezia Tornabuoni 

Dal punto di vista matrimoniale, Piero de’ Medici non fu da meno rispetto a chi lo aveva preceduto; anzi, per certi aspetti il suo matrimonio fu tra i più prestigiosi del secolo (anche se in misura inferiore a quello che celebrerà suo figlio Lorenzo). Si era infatti sposato nel 1444 con Lucrezia Tornabuoni (figura 50), di famiglia antichissima, che un tempo però si chiamava “Tornaquinci” (il nome fu modificato per aggirare le norme antimagnatizie). Donna coltissima e saggia – assai fortunati con le mogli, questi Medici del Quattrocento – diede a Piero cinque figli, tra i quali ricordiamo Lorenzo, nato nel 1449, e Giuliano, nato nel 1453. Lucrezia si occupò in prima persona e in modo scientifico del matrimonio di Lorenzo: era infatti assai consapevole che occorreva trovare al figlio una moglie adeguata che sottolineasse il livello sociale raggiunto dalla famiglia Medici. A questo scopo partì per Roma alla ricerca di una fanciulla che garantisse tutto ciò, oltre che ovviamente un’adeguata discendenza; e la trovò in Clarice Orsini, vale a dire in una delle famiglie più prestigiose della nobiltà romana.

Il fatto fu inusuale, perché a quei tempi gli uomini fiorentini sposavano esclusivamente donne fiorentine, ma in questa scelta Lucrezia dimostrò di avere intuito che il destino dei Medici, nonostante le battute d’arresto (che ci saranno; e anche lunghe e dolorose) non poteva più essere interpretato nell’ambito di una logica rigidamente cittadina. Il matrimonio nelle città italiane del Rinascimento rappresentava un’affermazione d’identità; in quel momento uomini e donne – almeno nelle classi medie e alte – scoprivano chi erano, mentre si valutavano in un unico giudizio: antenati, retroterra, aspettative presenti e future. Le nozze tra Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini ebbero luogo il 4 giugno 1469. Giuliano, il bel fratello di Lorenzo, era partito per Roma a prendere la sposa con un corteo di molti cavalieri; Clarice, accompagnata da questo importante seguito, era arrivata a Firenze ed era stata ospitata in un palazzo di nobili fiorentini. Il giorno del matrimonio dette l’avvio a una serie di feste che durarono tre giorni; era stato costruito un palco di legno, grandissimo, vicino a Via Larga, in prossimità di Palazzo Medici, perché la gente potesse recitare intermezzi e danzare.

Fiori e piante di ogni tipo riempivano le strade; la piazza acclamava il giovane Lorenzo che, nonostante la sua illustre posizione sociale, sapeva pensare alla gente più umile (e alla sua amante Lucrezia Donati). Il padre Piero, però, seguiva l letto quei giorni di festa; la sua gotta si era aggravata, ed infatti il 2 dicembre 1469, a 53 anni, morì. Fu sepolto nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, divenuta ormai il luogo ufficiale per le sepolture dei Medici. Contrastato, il giudizio storico su Piero: troppo malato e troppo breve il periodo in cui esercitò il potere, e poi ebbe la sventura di venire subito dopo un grande, quale fu Cosimo il Vecchio, e di precederne un altro, quale si rivelerà essere suo figlio Lorenzo, che tra tutti i Medici è forse quello, ancor oggi,  più conosciuto, anche da chi nulla sa della storia di Firenze. Lorenzo de’ Medici sarà quindi l’argomento della prossima puntata, nella quale vedremo però come, se da un lato non potremo che confermare il ruolo davvero eccezionale di questo personaggio, per altri aspetti, come si suol dire, “non è tutto oro quel che riluce…”.

(foto tratte da Wikipedia)

Per saperne di più consulta l'articolo originale su:

http://www.postpopuli.it/29249-piero-de-medici-storia-di-firenze-2/

 


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