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Pinocchio remastered – parte iv – il paese dei balocchi e il grande leviatano

Creato il 24 novembre 2015 da Thefreak @TheFreak_ITA
PINOCCHIO REMASTERED – PARTE IV – IL PAESE DEI BALOCCHI E IL GRANDE LEVIATANO

Pinocchio vagabondava ormai da giorni. Non aveva più una direzione: sperso e solo nel mondo, si sentiva come un treno senza binari. Ma la Vita è sempre un po' più forte delle nostre disperazioni e così, dato che il caso non è mai a caso, un caldo pomeriggio incontrò un ragazzuolo mal vestito e coi capelli spettinati che riposava all'ombra di un muretto a secco che delimitava il terreno di un grande casale.

"Ehi tu, compare, hai mica un pezzo di pane o un Buondì Motta? Te lo pagherei qualsiasi somma, perfino una moneta d'oro.."

E per dimostrare che non raccontava vaccate, Pinocchio tirò fuori dalla tasca uno dei suoi zecchini d'oro. Quando si ha la vera fame anche una mela con tutto il suo succo non ha prezzo.

Il ragazzo dai vestiti sudici e lisi lo guardò con molta pena e si sentì un re poiché almeno lui non aveva fame.

"Ahh tranquillo, tienila pure. Vieni, ho qui un po' di carne arrosto che mi è avanzata dalla cena di ieri.."

"Woow carne! È da quando Paola Barale girava le lettere alla Ruota della Fortuna che non mangio un pezzo di carne!"

Pinocchio si avventò sul cosciotto come gli adolescenti si avventano sulle loro prime ragazze. No, non è vero. Gli adolescenti sono quelli che baciano più delicatamente di tutti. Poi crescono e non ci pensano più.

"Cazzarola che buona! Che bestia è?!"

"Volpe! Ieri ho scannato un gatto e una volpe che cercavano di truffare una vecchietta facendola partecipare come pubblico ad un programma trash del pomeriggio. Li ho presi alle spalle e ho tirato il collo a entrambi. Il gatto l'ho venduto all'osteria del Gambero Rosso, quella che ti fa pagare un sacco di soldi anche 50 grammi di spaghetti al burro chiamandoli sul menù tartare di pasta di grano duro marinata nella crema di latte. Invece la volpe.. Beh, la volpe è diventata la mia cena, il mio pranzo e ora la tua merenda!"

"Davvero grazie compare, mi hai salvato dalla fame e l'hai fatto anche gratis! Come ti chiami?"

"Romeo, ma tutti mi chiamano Lucignolo!"

"E perché con un così bel nome ti hanno affibbiato un soprannome tanto idiota?!"

"Perché io faccio sempre come mi pare, ma la gente ha paura delle persone libere e tende a demonizzarle e a vezzeggiarle, ma io degli altri me ne sbatto e vado per la strada mia.."

"Magari avessi anch'io una strada mia, sai è un po' di tempo che mi sento in mezzo al nulla.. "

"Ascolta: io una strada non te la posso trovare, ognuno si crea la propria con ogni singola scelta che compie, però ti posso dire che se sto qui, sotto questo muretto, è perché stasera a mezzanotte passa la corriera che porta in un posto da veri bomber: il Paese dei Balocchi!!!"

"E che roba è il Paese dei Balocchi?"

"Dovresti vederlo! È il posto più sano per noi ragazzi: totale libertà, niente scuole, niente maestri, nessuno che ti dica cosa devi leggere, puoi scegliere quello che ti pare. Il venerdì non si va a scuola, e la settimana è composta da cinque venerdì, un sabato e una domenica giusto per il campionato e il fantacalcio!"

"Porca vacca! E come si passano le giornate lì?" Chiese Pinocchio con gli occhi sognanti e carichi di meraviglia.

"Divertendosi! La sera te ne vai a letto e il mattino dopo si ricomincia."

"Credimi verrei, ma ho promesso alla Fata che avrei fatto il bravo.. Poi ho i sensi di colpa per il mio babbo Geppetto.."

"Ma va làà, Pinocchio ascoltami: lascia che i morti seppelliscano i morti e va per la tua strada. Il tuo babbo Geppetto ha la sua vita e anche se ti ha messo al mondo tu non gli devi niente, non si può nascere con i debiti, bisogna dare il giusto peso ai propri genitori."

Pinocchio rimase un po' perplesso e guardò per terra, poi ricominciò:

"Ma te sei proprio sicuro che in questo posto non ci sono scuole?!"

"Neanche i bidelli pedofili!"

"E non c'è mai bisogno di studiare?"

"Neanche la grammatica greca che non ha mai arricchito la vita di nessuno."

"E non ci sono maestri?"

"Nessuno che riesca a farti odiare le opere meravigliose degli scrittori del mondo e del tempo! Nessuno che riesca a svilirle con un'arida analisi del testo! Nessuno che riesca a togliere la magia di un canto greco cuocendoti le palle con le desinenze dell'aoristo!"

"Che bel paese! Da mangiarsi il futuro con gli occhi!"

"Dai, perché non vieni?! Sei tutto solo e non sai cosa fare della tua vita, lì conosceresti tanta gente, avresti un sacco di stimoli! Cosa ci guadagni a tornare a casa? A marcire immaginando un futuro che non arriva mai mentre gli anni passano davanti la televisione o con il solito gruppetto di amici, sempre lo stesso da dieci anni..?!"

"È inutile che mi tenti, ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo di giudizio e non voglio mancare alla parola data."

"Dunque addio, e salutami tanto i licei, i banchi e i muri bianchi e squallidi. La fantasia cercala negli intervalli di un quarto d'ora e negli sguardi delle ragazze, saranno gli unici angoli di cielo..."

Pinocchio fece due passi per andarsene, ma poi si fermò e si voltò:

"Senti, ma quanto costa il biglietto per questa corriera?"

"È gratis!"

"Gratis?! Com'è possibile?"

"Pinocchio le cose più belle della vita sono gratuite."

Mentre il burattino era dilaniato dai ripensamenti, dai sensi di colpa e dalla voglia di cambiar vita, era lentamente scesa la notte. E con il cielo si ormai scuro, i due giovanotti scorsero di lontano un lumicino che si avvicinava.

"Eccolo!" gridò Lucignolo rizzandosi in piedi "È il carrozzone che aspettavo! Allora Pinocchio vieni?!"

Pinocchio guardò Lucignolo, non rispose, ma il cuore gli batteva a mille. Questo si che era un bivio dove bisognava scegliere o una strada o l'altra. Ma cosa fare? Tenere fede alla promessa fatta alla Fata e tornare a casa, dove tutto era conosciuto, non c'erano pericoli e tutto sapeva di stantio e malinconico, oppure andare con degli sconosciuti in un paese sconosciuto a fare non si sa cosa? Ma tanto a casa che avrebbe fatto? Pinocchio inspirò un bel po' d'aria fresca della notte e prese coraggio come quando ci si sta per buttare da un trampolino molto alto.

"Vabbè dai, vengo con te." disse in tono asciutto, senza entusiasmo, cercando di nascondere il timore.

Finalmente il carro arrivò ma senza fare rumore perché le sue ruote erano fasciate. Lo tiravano dodici paia di asinelli. Era già pieno zeppo di ragazzi tutti di circa dodici anni, tutti addossati l'uno sull'altro che però non si lamentavano. Il conduttore del carro era un uomo strano assai: molto largo, molto basso, con quel sorrisetto strano di chi si sente molto più intelligente di te e ti tratta con mille maniere ma in fondo ti disprezza, perché in te rivede i suoi stessi difetti. Appena il carro si fermò, l'uomo tracagnotto, dal volto roseo e dalla pelle liscissima, guardò Lucignolo e Pinocchio e domandò sorridendo beatamente:

"Ditemi ragazzotti, volete venire anche voi nel Paese dei Balocchi?"

"Sicuro che veniamo!"

"Fate presto allora miei cari, le porte del Paese dei Balocchi sono aperte solo di notte ed è già mezzanotte, bisogna sbrigarci" disse l'uomo con una voce fin troppo mielosa.

Durante le due ore di viaggio tutti i ragazzi avevano ceduto al sonno e solo l'uomo aveva vegliato sulla strada, sul buio e sulle teste dei giovani. Ma finalmente il carro, dopo aver traversato un ponte di roccia sul mare, arrivò alle porte del Paese dei Balocchi sui cui bastioni vi erano scolpite delle grandi facce ridanciane. Questo posto non somigliava a nessun altro paese del mondo: c'erano colori, musiche, dolci, giostre, luci, risate e tutti erano amici, o perlomeno evitavano di rompersi le palle a vicenda. Branchi di casinisti ovunque: chi andava sulle montagne russe, chi giocava a pallone, chi approfittava di un nascondino per baciare la ragazzina che teneva per mano, chi recitava, chi cantava. E c'erano teatri e bar e salottini all'aperto comodi e graziosi che se si sporcavano nessuno ne faceva una tragedia. E sui muri c'erano scritte come "Viva la libertà", "Viva i balocchi!" ,"Latte, Nesquik e sei in poleposition, taac!", "E i Marò?" Non c'erano leggi, non c'erano poteri, nessuno comandava, tutti potevano fare davvero come cazzo gli pareva. Bastava non rompere le palle al prossimo.

PINOCCHIO REMASTERED – PARTE IV – IL PAESE DEI BALOCCHI E IL GRANDE LEVIATANO
In un batter d'occhio passarono due settimane e Pinocchio e il suo compare avevano fatto un sacco di amicizie ed esperienze che mai avrebbero pensato di fare. È così diversa la vita da come te la immagini quando inizia a venirti bene: ti spiazza e ti sorprende! Ma ben presto qualcosa iniziò a scricchiolare. Qualcuno iniziò a mormorare contro qualcun altro. Iniziarono a formarsi gruppetti diversi. Piano piano nell'unità e nell'armonia generale s'insinuarono delle sottili divisioni, come serpenti silenziosi e striscianti. E le piccole divisioni divennero fazioni. E le fazioni, senza un motivo preciso, iniziarono a riconoscere questa o quella zona come "nostra" o "loro". Succede sempre così: la gente ha paura della libertà totale, e tende a proteggersi aderendo a dei branchi. Proteggersi da cosa poi, non si capisce, forse da quel buco nero che ognuno si porta dentro e che tanto spaventa. Dal rischio di rimanere soli che è il prezzo della propria libertà.

Le sottili tensioni che covavano nel silenzio esplosero un giorno all'improvviso: in una delle piazze del paese era apparso quel predicatore da strapazzo del Grillo Parlante, con la sua morale, le sue leggine bigotte e la sua divisione in buoni e cattivi. Si mise ad arringare la folla, ma tutto quello che ottenne furono pernacchie. Grazie a Dio i giovani, quando non hanno vecchi nelle orecchie, sono meno influenzabili e più aderenti al senso della Vita. In soccorso del Grillo apparve quella gran gnocca della Fata Turchina: con lo spacco sulle cosce, il tacco dodici e una scollatura da paura credeva di poter incantare i ragazzi, e a dire il vero in parte ci riuscì. Molti giovanotti davanti a quel paio di zizze si rincoglionirono completamente e molte ragazzine, vedendo l'effetto che quelle due mozzarellone sortivano, volevano diventare come lei. Ma una parte dei giovani era ben decisa a non perdere la libertà ottenuta e si oppose a quei due parolai, a quella retorica colpevolizzante sostenuta da un paio di tette.

Nella discordia generale trovarono terreno fertile le divisioni e i rancori generati dai mormorii, e non sapendo come raccapezzarsi, i ragazzini chiesero consiglio all'uomo che li aveva portati nel Paese dei Balocchi, quello grasso, tondo, liscio e dalla voce mielosa. Chiesero a lui cosa dovevano fare, perché la gente desidera la libertà ma quando la ottiene ne ha paura e ha sempre bisogno di chi gli dica cosa pensare.

E l'uomo fece ciò che i grandi sono sempre bravi a fare con i più giovani: cavalcò le loro paure, i loro dubbi, la loro rabbia contro il sistema che li aveva precedentemente oppressi. Dalla paura del sistema, li aveva portate ad una breve boccata di libertà, per poi piombarli nella ferocia dell'odio cieco e della vendetta.

Avrebbe potuto dirgli semplicemente di fare ognuno come credeva, e invece li incitò sottilmente a mettere a morte il Grillo e la Fata. E la folla così fece: a morte il Grillo Parlante! A morte la Fata Turchina! A morte chi si oppone all'omicidio! E allora a morte anche i persecutori. A morte quelli che mettono a morte, e male ad altro male.

Il paradiso era perduto. Il signore silenzioso e strisciante aveva vinto. Aveva spaccato l'unità dei ragazzi, li aveva messi gli uni contro gli altri e divisi così ora li poteva facilmente controllare. Ora aveva potere su di loro. Ora aveva potere.

Regnava l'anarchia: branchi di giovani che aggredivano altri giovani, gente che fuggiva, incendi esplosi ovunque. Nel casino Pinocchio e Lucignolo cercarono di mettersi in salvo e corsero verso il limitare della cittadella, su una scogliera a picco sul mare. Ma vennero inseguiti da un gruppetto armato di bastoni e bottiglie rotte. I due si guardarono e decisero di saltare tenendosi stretti la mano.

Lucignolo si spalmò sugli scogli come gorgonzola su un crostino. Pinocchio invece, di legno duro, sopravvisse al salto, ma non riuscì a piangere l'amico morto. Aveva il fiato mozzato per l'adrenalina, per lo schock. Non aveva ancora realizzato di aver appena perso quel poco di spensieratezza faticosamente ritrovata. Ma anche questa volta la Vita fu più forte della sua disperazione secca: il burattino si girò e fece appena in tempo a vedere le fauci di un'enorme balena che si spalancarono come una grotta e poi si richiusero sopra di lui avvolgendolo in un buio caldo e umido.

A volte il buio e il silenzio sono l'unico rifugio dalla follia del mondo. E Pinocchio aveva ricevuto esattamente questi doni, e in quel caldo oblio si lasciò andare. In quel momento, distante da tutto e da tutti, ogni preoccupazione gli parve piccola e inutile, ogni problema insulso e superabile. Per breve tempo arrivò a toccare l'essenza della vita e la tranquillità dell'esistenza in perenne movimento armonioso.

Poi fu destato da dei rumori in lontananza. Aprì gli occhi e vide una specie di chiarore. Che cosa sarà mai quel lumicino lontano lontano? Allora si mosse brancolando nel buio avviandosi un passo dietro l'altro. E più andava avanti, più il chiarore si faceva rilucente e distinto, finché riuscì a distinguere una piccola tavola apparecchiata e una candela accesa infilata in una bottiglia. Chino sulla tavola un vecchiettino bianco e con gli occhi scavati dalle tenebre. Pinocchio, che come tutti i bambini riusciva a vedere la verità nelle cose, ne ebbe timore ma lo riconobbe, e con voce tremante disse:

"Padre finalmente vi ho trovato!"

"Pinocchio, figliuolo, credevo di averti perso! Ho tanto girovagato assieme al Grillo Parlante per ritrovarti: sotto piogge e venti freddi, per te mi sono ammalato! Ho perso i giorni migliori della mia vita, ho messo da parte le mie priorità, tutto per te! Dove cazzo ti eri cacciato?"

"Beh prima mi sono lasciato abbindolare da un po' d'illusioni, poi ho conosciuto la libertà e sono andato nel Paese dei Balocchi, solo che lì ci hanno raggiunti la morale e il potere che genera divisione e tutto è finito a schifìo e.."

"Ma che testa di minchia che sei! Io mi sono rotto il culo per trovarti e tu te ne andavi in giro a cazzeggiare! Ora siamo tutt'e due rinchiusi qui, senza speranza!"

Pinocchio si sentì ferito sentendosi rinfacciare tutti gli sforzi del padre. Non gli aveva chiesto lui tutti quei sacrifici, e anche se gli era grato non era giusto rinfacciarglieli. Invece Geppetto, come molti genitori, usava un sottile ricatto morale per mantenere il controllo sul proprio figliolo.

"Vabbè lasciamo perdere padre, ora pensiamo ad uscire di qui, vediamo da dove possiamo uscir.."

"Sono troppo vecchio e malconcio per muovermi da qui, non c'è via di fuga per me, non c'è più vita e non c'è nulla che tu possa fare."

Disse il vecchio padre guardando i pescetti semi morti che aveva nel piatto e che ancora si muovevano.

"Resta qui e attendi la morte con me, me lo devi! Per tutto quello che ho fatto per te! Saresti un pessimo figlio ad andartene per la tua strada."

A quel punto Pinocchio si spazientì e consegnò a Geppetto l'amara verità:

"Guarda lo squallore della tua esistenza, sei riuscito a portare la tua monotonia anche nelle profondità dell'abisso dell'inaspettato, anche nel buio dell'ignoto. Solo un morto vivente è capace di un'opera simile!"

Mentre lo diceva, subito si pentì di aver vomitato il suo risentimento sul vecchio padre perduto in se stesso. Gli risuonarono in testa le parole del caro amico morto: "Lascia che i morti seppelliscano i morti". Allora si calmò e chiamò il padre per nome disconoscendolo come padre:

"Geppetto perdona la mia rabbia. Io perdono te per il vuoto che mi hai mostrato. Vado per la mia strada. Abbi cura di risplendere, almeno un lumicino."

Pinocchio si voltò e camminò indietro verso le fauci del mostro, sicuro che la balena avrebbe dischiuso la bocca per farlo uscire. E così fu.

Il burattino, dritto in piedi sulla lingua del Leviatano, respirò a fondo e guardò le stelle. Ora non gl'interessava più di diventare un bambino vero come gli altri, o di avere degli amici, o una compagna, o un lavoro o altre sicurezze. Si era appena accettato per ciò che era: un pezzo di legno, nulla di più, ma neanche nulla di meno. Un pezzo di legno con grosse potenzialità e tanta fantasia. Si abbandonò alla Vita dandole carta bianca e fidandosi delle proprie scelte, giuste o sbagliate che potessero apparire.

E visse intensamente.

FINE
di
PINOCCHIO REMASTERED – PARTE IV – IL PAESE DEI BALOCCHI E IL GRANDE LEVIATANO
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