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Più le cose cambiano, più restano le stesse

Creato il 11 agosto 2010 da Bruttotackle

Più le cose cambiano, più restano le stesseLa nomina di Cesare Prandelli quale nuovo commissario tecnico degli “azzurri” all’indomani del catastrofico Mondiale sudafricano e della sconfitta contro la Slovacchia, è stata la prima operazione di un più vasto rinnovamento delle strutture della FIGC e del calcio italiano tutto voluto da Giancarlo Abete. E’ stato il primo di una serie di cambiamenti che hanno poi portato alle recenti nomine di Gianni Rivera a Presidente del Settore Giovanile e Scolastico della Federazione, dell’ex CT Arrigo Sacchi a Coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili, dalla Under 21 alla Under 16 e di Roberto Baggio a Presidente del Settore tecnico della FIGC. Cambiamenti che, al di là delle considerazioni di natura tecnica e organizzativa, appaiono quale parte integrante di una vera e propria operazione-simpatia promossa dal presidente federale e volta a creare un clima di fiducia e di giusto entusiasmo attorno al calcio italiano ed alla Nazionale italiana uscita a pezzi dal Mondiale sudafricano. In ogni caso, scelte più o meno condivisibili e che andranno poi valutate e giudicate nel tempo, in relazione ai risultati ed agli eventuali miglioramenti ottenuti.

Nel frattempo e nonostante tutto, niente di nuovo sotto il sole. O meglio, sotto la fitta pioggia londinese dell’Upton Park. In quello che è abitualmente lo stadio degli “Hammers” del West Ham e davanti a circa undicimila spettatori, la Nazionale italiana, guidata in panchina da Cesare Prandelli, ha ricominciato da dove aveva lasciato in Sudafrica l’ex commissario tecnico Marcello Lippi un mese e mezzo fa: da una sconfitta.

Tra Italia è Costa d’Avorio per quarantacinque – sessanta minuti è stata partita vera. In pratica fino al goal partita dell’ivoriano Kolo Tourè e che le gambe dei giocatori lasciassero spazio alla stanchezza, dando così il via a una  sterile girandola di sostituzioni. La Costa d’Avorio, pur priva della sua stella, il centravanti  del Chelsea Didier Drogba, e guidata in panchina dal centrocampista dell’Ascoli targato Costantino Rozzi e primo africano a giocare nel campionato italiano, François Jean Zahoui, ha anzi giocato un buon calcio e mostrato delle ottime individualità. Bene ha fatto il giocatore del Lilla, Gervinho, spina nel fianco della difesa italiana, e i soliti Demel, Zokora, i due Tourè. Tutti giocatori di prima fascia e le cui buone qualità tecniche e prestazioni, se consideriamo il deludente Mondiale disputato dalla Costa d’Avorio, non possono che dare luogo a rimpianti. Era proprio la Costa d’Avorio l’unica tra le Nazionali africane in Sudafrica che appariva capace di dare davvero fastidio alle grandi europee e sudamericane, ma il suo cammino si è fermato troppo presto: inserita nel Gruppo G con Brasile Portogallo e Corea del Sud, la Nazionale degli elefanti ha raccolto solo quattro punti e chiuso la sua seconda esperienza mondiale al primo turno. Una spedizione che aveva avuto una nascita e una gestazione troppo turbolenta. Nei primi mesi del 2010 si sono alternati sulla panchina degli ivoriani ben tre commissari tecnici. Il bosniaco Vahid Halilhodžić, cacciato all’indomani della Coppa d’Africa, il solito Philippe Troussier e Sven-Göran Eriksson.

A Cesare Prandelli, il presidente federale Giancarlo Abete, la stampa e i tifosi chiedevano, chiedono un taglio netto con la precedente gestione e un profondo rinnovamento nella gestione della squadra e nella scelta dei giocatori da convocare e mettere in campo.

L’ex allenatore di Parma e Fiorentina, alla sua prima uscita sulla panchina della Nazionale, in attesa di Buffon (nel frattempo promosso capitano) e di Pirlo, ha confermato parte del gruppo storico (De Rossi e Chiellini), qualcuno dei giocatori lanciati in Nazionale negli ultimi due o tre anni da Lippi e Donadoni (i vari Pepe, Quagliarella, Palombo), dato fiducia a Sirigu e Bonucci in difesa, schierato Motta (Marco) e Molinaro sulle corsie esterne, ripescato Cassano e lanciato in Nazionale maggiore Mario Balotelli.  Ha scelto il brasiliano Amauri come centravanti. Una scelta criticata da molti, date le origini del calciatore della Juventus. Critiche poco lucide e intelligenti, soprattutto se consideriamo che, grazie agli “oriundi”, l’Italia ha vinto tre Mondiali, e che è piuttosto più opportuno domandarsi se sia sufficiente avere segnato due reti allo Shamrock Rovers ed aver messo a segno solo cinque goal nell’ultimo campionato per indossare la maglia da titolare della Nazionale italiana.

A parte questo, soprattutto vi sono delle perplessità per quanto concerne la scelta dei sistemi di gioco. Prandelli ha schierato la squadra con il 4-2-3-1, un modulo che non appare nelle corde dei giocatori italiani, e cercato inutilmente di dare un gioco spettacolare alla squadra. Ha fatto bene (era stato uno dei migliori anche in Sudafrica) Pepe, schierato sulla destra, ed è apparso volenteroso e volitivo Balotelli, giocatore di grande classe e di cui questa Nazionale pare proprio non possa fare a meno. Ci si domanda tuttavia se il giocatore dell’Inter (ancora per poco?), andato vicino al goal con una conclusione su calcio piazzato, non possa essere più decisivo se schierato davanti, come centravanti. Magari al posto dell’impalpabile Amauri e al fianco di Cassano, con cui Balotelli ha mostrato da subito una buona intesa e che,  invece, schierato alle spalle dello juventino, è apparso fuori ruolo e poco convincente. Il giocatore della Sampdoria ha talento da vendere, ma non è un centrocampista. Piuttosto una punta e schierarlo in quella posizione, dove sarebbe  più opportuno avere un giocatore dotato di maggiore fisico o, sicuramente, di migliori geometrie e visione complessiva del gioco, ne limita certo il potenziale, oltre che il rendimento di tutta la squadra. Soprattutto se consideriamo che nel mezzo è stata appena sufficiente la prova di De Rossi, certo titolare inamovibile e capitano (in attesa del rientro di Buffon), e di Palombo e che a centrocampo è mancato un vero e proprio uomo d’ordine, e allo stesso tempo un giocatore carismatico che prendesse per mano la squadra nei momenti difficili e innalzasse il tasso tecnico del centrocampo. Potrebbero in tal senso cambiare qualcosa il recupero di Andrea Pirlo e l’inserimento in squadra di un altro oriundo, quel Thiago Motta giocatore di straordinario talento, seppure forse troppo fragile fisicamente.

Restano comunque, al di là delle insufficienti prove dei due esterni di difesa (dove possono tuttavia ancora essere testati i vari Santon, De Silvestri e soprattutto il napoletano Maggio), gravi lacune in difesa. Quello del difensore centrale è il più gravoso dei problemi. Continua a non convincere pienamente il neo-juventino Bonucci, pure questa sera abbastanza deludente – al punto da giustificare le scelte di Marcello Lippi, che agli ultimi Mondiali gli ha praticamente sempre preferito il logo e decrepito Fabio Cannavaro – e, se consideriamo che nel ruolo ci sono davvero poche alternative e che queste si chiamano Lucchini, Astori, Legrottaglie e Gamberini, appare evidente che la situazione non è delle più rosee.

In definitiva, la tanto agognata rivoluzione almeno questa volta non c’è stata. Ma niente allarmismi. L’Italia di Cesare Prandelli è appena cominciata e, in vista dei prossimi impegni di settembre, il nuovo commissario tecnico ha tempo a disposizione per fare i dovuti accorgimenti e migliorare le sue scelte e la squadra, magari inserendo qualche altra faccia nuova (Thiago Motta, Poli, Ranocchia…) e apportando i dovuti accorgimenti tattici. Gli si dia fiducia. Tutto sommato non dovrebbe essere troppo difficile strappare il visto per la Polonia e l’Ucraina. Estonia, Far Oer, Irlanda del Nord, Serbia e Slovenia appaiono tutte squadre alla portata. A differenza della Costa d’Avorio, che – sarà bene fare un bagno di umiltà – in questo momento è superiore, e per qualità tecniche e per organizzazione complessiva del gioco, all’Italia.

Allora qualcosa è cambiato. Nelle geografie calcistiche internazionali.

Ernesto Battaglia


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