Nuove misure confermano quelle vecchie. Ma è una prova oppure no?
di Marco Tarantola
Articolo a tempo di record per raccontare la nuova misura della velocità dei neutrini: giovedì 17 novembre è uscito un paper su arXiv, sottoposto anche al “Journal of High Energy Physics”e in attesa di peer review. Sono confermati i risultati ottenuti lo scorso settembre: il fotone sembra essere stato battuto un’altra volta. Ma il neutrino è davvero superluminale?
Vista laterale del rivelatore di OPERA. (Cortesia: OPERA)
Quando la notizia della prima misura fu resa ufficiale dagli scienziati che lavorano all’esperimento OPERA, la comunità scientifica rimase perplessa. La domanda che tutti ponevano era: “Dove avete sbagliato?”. Domanda assolutamente legittima, dato che l’insuperabilità della velocità della luce è un assioma sul quale si basa tutta la fisica moderna. Tuttavia il nuovo esperimento, realizzato dalla stessa collaborazione fra il CERN e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, non solo conferma il risultato già ottenuto, ma garantisce una maggiore precisione. Insomma, se un errore ci fu l’altra volta, c’è stato anche stavolta. Sempre che ci sia stato un errore.
L’esperimento consiste nell’invio di fasci di neutrini attraverso la crosta terrestre, dall’acceleratore di Ginevra fino ai rivelatori del laboratorio situato sotto il massiccio del Gran Sasso. Questi neutrini vengono prodotti dall’urto di protoni incidenti su un bersaglio di grafite.
Uno degli elementi che si sospettava potesse essere una fonte di errore tale da inficiare il risultato sulla velocità delle ormai famose particelle era legato al cosiddetto “tempo di estrazione”. Bisognava essere più precisi nell’indicazione temporale della nascita del neutrino. Nella vecchia configurazione dell’esperimento, infatti, queste particelle venivano prodotte in un arco di tempo troppo grande per poter garantire una misura precisa dell’istante di generazione del neutrino. In sostanza, bisognava lavorare mediando su pacchetti di neutrini spalmati su un largo intervallo temporale. Il nuovo esperimento, invece, è stato ottimizzato per realizzare pacchetti localizzati in soli 3 nanosecondi, contro i 10.500 nanosecondi dell’esperimento precedente. Valori che rendono l’idea della precisione e della delicatezza di queste misure.
Pacchetti piccoli piccoli. (Cortesia: borborigmi.org)
Un secondo possibile fattore di errore nelle misure pubblicate in settembre, contestato da molti esponenti della comunità scientifica, è la valutazione del time of flight, il “tempo di volo”. Cioè il tempo trascorso tra la generazione del neutrino nell’acceleratore e il suo arrivo al rivelatore. Il time of flight dei neutrini è fortemente dipendente dalla modalità di misura dei tempi. L’esperimento prevede un sofisticato sistema composto essenzialmente da un GPS e da due orologi atomici, uno situato al CERN e l’altro nei laboratori del Gran Sasso. Tra i punti nodali della questione vi è la sincronizzazione di questi due orologi atomici, che potrebbe comportare degli errori sistematici nella misura della velocità delle particelle. Nell’ultimo paper, tuttavia, gli scienziati spiegano di aver adottato elaborati accorgimenti per ridurre questo genere di errori.
Rimane ora da considerare la valutazione della distanza tra il punto di partenza dei neutrini, su in Svizzera, e il loro rivelatore, giù al Gran Sasso. In gergo tecnico questo percorso è definito baseline. La valutazione della baseline è stata eseguita attraverso un accurato confronto dei modelli e dei movimenti della crosta terrestre, che ha prodotto un risultato di 731,278 chilometri con un’approssimazione di 0,2 metri. Un risultato certamente notevole e con una precisione importante ai fini della significatività dell’esperimento.
Una volta ottenuti tutti questi dati metrologici e osservate tutte queste accortezze nella realizzazione dell’esperimento, gli scienziati hanno proceduto con l’invio dei neutrini e con la loro rivelazione. I dati ricavati in questa fase e poi elaborati con sofisticate procedure statistiche hanno infine prodotto il seguente risultato: i neutrini generati al CERN percorrono la distanza che li separa dai Laboratori Nazionali del Gran Sasso in un tempo inferiore di 57,8 nanosecondi (con un eventuale scarto di 7,8 nanosecondi in eccesso o in difetto) rispetto al tempo che impiegherebbe la luce a percorrere la stessa distanza nel vuoto. Questo risultato, dati i presupposti, è statisticamente molto probabile. Ed è compatibile con la misura annunciata in settembre.
In questa seconda tornata di misure al laboratorio del Gran Sasso i neutrini rivelati sono stati solo 20. Ma, come ha affermato Antonio Ereditato, dell’Università di Berna, coordinatore della collaborazione internazionale, “sono stati sufficienti per ottenere una conferma significativa dei dati arrivati in settembre”. Commentando nel complesso il lavoro effettuato, Ereditato aggiunge: “Abbiamo cambiato qualcosa di sostanziale, che ci ha permesso di cancellare delle possibili sorgenti di errore”. Tuttavia, prosegue, “siamo sempre al lavoro, ma siamo contenti. Non abbiamo mai smesso di lavorare, continuiamo sempre e vogliamo andare fino in fondo per vedere se abbiamo sbagliato qualcosa”.
E’ stata detta l’ultima parola? Il neutrino è avvero un tachione? Consapevole del fatto che l’accettazione di queste misure potrà avvenire solo quando le confermeranno nuovi test indipendenti, realizzati da altri esperimenti in altri laboratori, Antonio Ereditato conclude: “Se anche dagli Stati Uniti arriveranno gli stessi risultati, continueremo a cercare nuove conferme. La ricerca scientifica ha sempre dei dubbi, la scienza non dà certezze”.
The OPERA Collaboraton: T. Adam, N. Agafonova, A. Aleksandrov, O. Altinok, P. Alvarez Sanchez, A. Anokhina, S. Aoki, A. Ariga, T. Ariga, D. Autiero, A. Badertscher, A. Ben Dhahbi, A. Bertolin, C. Bozza, T. Brugière, R. Brugnera, F. Brunet, G. Brunetti, S. Buontempo, B. Carlus, F. Cavanna, A. Cazes, L. Chaussard, M. Chernyavsky, V. Chiarella, A. Chukanov, G. Colosimo, M. Crespi, N. D’Ambrosio, G. De Lellis, M. De Serio, Y. Déclais, P. del Amo Sanchez, F. Di Capua, A. Di Crescenzo, D. Di Ferdinando, N. Di Marco, S. Dmitrievsky, M. Dracos, D. Duchesneau, S. Dusini, J. Ebert, I. Efthymiopoulos, O. Egorov, A. Ereditato, L. S. Esposito, J. Favier, T. Ferber, R. A. Fini, T. Fukuda, A. Garfagnini, G. Giacomelli, M. Giorgini, M. Giovannozzi, C. Girerd, J. Goldberg, C. Göllnitz, D. Golubkov, L. Goncharov, Y. Gornushkin, G. Grella, F. Grianti, E. Gschwendtner, C. Guerin, A. M. Guler, C. Gustavino, C. Hagner, K. Hamada, T. Hara, M. Hierholzer, A. Hollnagel, M. Ieva, H. Ishida, K. Ishiguro, K. Jakovcic, C. Jollet, M. Jones, F. Juget, M. Kamiscioglu, J. Kawada, S. H. Kim, M. Kimura, E. Kiritsis, N. Kitagawa, B. Klicek, J. Knuesel, K. Kodama, M. Komatsu, U. Kose, I. Kreslo, C. Lazzaro, J. Lenkeit, A. Ljubicic, A. Longhin, A. Malgin, G. Mandrioli, J. Marteau, T. Matsuo, N. Mauri, A. Mazzoni, E. Medinaceli, F. Meisel, A. Meregaglia, P. Migliozzi, S. Mikado, D. Missiaen, K. Morishima, U. Moser, M. T. Muciaccia, N. Naganawa, T. Naka, M. Nakamura, T. Nakano, Y. Nakatsuka, V. Nikitina, F. Nitti, S. Ogawa, N. Okateva, A. Olchevsky, O. Palamara, A. Paoloni, B. D. Park, I. G. Park, A. Pastore, L. Patrizii, E. Pennacchio, H. Pessard, C. Pistillo, N. Polukhina, M. Pozzato, K. Pretzl, F. Pupilli, R. Rescigno, F. Riguzzi, T. Roganova, H. Rokujo, G. Rosa, I. Rostovtseva, A. Rubbia, A. Russo, O. Sato, Y. Sato, J. Schuler, L. Scotto Lavina, J. Serrano, A. Sheshukov, H. Shibuya, G. Shoziyoev, S. Simone, M. Sioli, C. Sirignano, G. Sirri, J. S. Song, M. Spinetti, L. Stanco, N. Starkov, S. Stellacci, M. Stipcevic, T. Strauss, S. Takahashi, M. Tenti, F. Terranova, I. Tezuka, V. Tioukov, P. Tolun, N. T. Tran, S. Tufanli, P. Vilain, M. Vladimirov, L. Votano, J. -L. Vuilleumier, G. Wilquet, B. Wonsak, J. Wurtz, C. S. Yoon, J. Yoshida, Y. Zaitsev, S. Zemskova, & A. Zghiche (2011). Measurement of the neutrino velocity with the OPERA detector in the CNGS
beam arXiv arXiv: 1109.4897v2