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poco suono

Da Vivianascarinci

Noi non sappiamo da che anima nata
e sei da per tutto indifesa.

Lorenzo Calogero

da L’estensione del piccolissimo

(…) poter guardare un corpo postumo come guardando un padre scomparso nel luogo accesso del pallore da dove non s’è mosso, eccetto che per il tempo vacante di cercare un madrinaggio, un ventre spogliato e bianco ancora da nascere che chiede cifre ai giochi che distolgono. a poter guardare questo corpo, non c’è difesa: c’è l’albo dei nomi sparsi, delle memorie e non ci sono testimoni a fondare il paese anche se capri di una espiazione soltanto c’è il mare a risalire chi ci cammina lungo, c’è il corpo derubricato dal vuoto che lo nuoce e due dita d’acqua che dovevano avvertire la terra che nasceva vicino, la sua superficie inagibile e le parole ferme come atti mancati ma intenti a destinarsi o a flettersi nei volti a retrocedere l’audizione aspettando non so che riverbero o forse, ma solo dopo, un segno che fermi la terra di qua, questa nebbia fitta di alberi alti che affermano il loro carattere nevralgico come fossero muro, orecchio, caos orizzontati in linea retta o in un comparto, un rosario di grani bellissimi e inerti. Ma aveva compiuto i giorni e abbiamo rotto le acque torrenziali e stilizzati, nascendo e la mareggiata non trovava segni per essere tutta la sua esattezza un’acquisizione di veri profili o semplicemente molte cose a metà strada tra due assoluti e sovrastava col carico di tutto un abisso e non trovava neanche un avanzo per dire questo è il legno che davvero è stato o una canna che faccia il punto nell’unico modo di saggiare in cui si affonda nell’acqua e quella aggredisce. e sono solo sensazioni, umido putrido, altri movimenti, aloni, confluito per un istante qualcosa che l’istante dopo è altrove. (…)

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