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Poeti siriani xii

Da Kengarags
POETI SIRIANI XII
di Elena Chiti

Ci sono poesie di reclusione che sono anche poesie d’amore. O di non-amore. È il caso delle due poesie di Faraj Bayraqdar – poeta siriano originario di Homs a lungo detenuto nelle carceri del regime – che traduco qui sotto.

Esse meritano un posto a parte tra le poesie dal carcere di questo poeta siriano, riunite nella raccolta Anqâd (“Rovine”) appena pubblicata dall’editore libanese al-Jadîd e di cui ho già tradotto per SiriaLibano altri versi.

***

Passi (Titolo originale: Khutuwât)

Anni sui carboni ardenti

ma ora lui va da lei.

Anni sui carboni ardenti

ma ora lei viene a lui.

Risuonano i passi nel mio cuore

si avvicinano

si avvicinano ancora

ancora

poi…

oh noooo!

uno supera

l’altra.

Carcere di Sednaya, 1993

***

Desiderio remoto (Titolo originale: Hanîn ba‘îd)

Occhi

grandi da singhiozzare

bocca

a forma di o

e con il suo significato

fianchi

di estasi e protezione

capelli

sul punto di dire:

è la tempesta che ci ha scompigliato

piedi tremanti

sull’erba di un misterioso piacere

è una donna

ma anche il colmo del lampo

sono un uomo

ma anche il colmo dell’accecamento

non la conosco

lei non conosce me

e supponi ora

che io mi trovi nella cella più distante

e lei nella cella adiacente.

Carcere di Sednaya, 1994


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