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Polaroid

Da Miwako
Cieche queste dita sulla tastiera; si muovono a tentoni, ingolfate da troppe parole che non vogliono saperne di uscir fuori. Il vociare perenne dal bar all'angolo si lega perfettamente a questa canicola infuocata e il cielo è così terso da sembrare finto.Io, invece, mi sento sfocata come appena uscita da una polaroid.L'altro giorno ho incontrato Piergiorgio; il giorno dopo, al supermercato, sono incappata nel SignorInsistente con cui ho scambiato le ultime quattro chiacchiere e in Y., immancablmente pronto a rifilarmi una fetta di torta consolatoria a qualunque ora del giorno e della notte. Così, incidentalmente, vicino casa.Segno dei cerchi che si chiudono affinchè io possa partire senza lasciare troppi conti aperti, forse.Ho riso tanto, negli ultimi giorni; sono stata spensierata come una bambina, felice dagli alluci alla punta dei capelli. Poi, qualche sera fa, ho pianto, ma solo un po'. E' che questa felicità se ne va a braccetto con una tristezza inderogabile che, a quanto pare, ha fame di spazio, di ore, di me.Non ti preoccupare, qualche giorno ancora e sarò tutta tua, potrai prenderti anche gli anfratti più remoti, non avrai nemmeno bisogno di cogliermi alle spalle, aspettando che calino la notte e la stanchezza per potermi braccare. Ora però lasciami stare, che sto così bene a non pensare.
I nodi si accumulano. Non ci avevo mai pensato finora, ma non potrebbe essere altrimenti. Nodi di cose da fare, cose da dire, persone da abbracciare, questioni da sistemare. Per uno risolto ce ne sono altri dieci che compaiono dal nulla.Sembra debba non finire mai.E quando non ce la faccio a mantenermi in equilibrio scivolo sulla parola "fine", e allora inizio l'autopsia dei sentimenti per capire quante cose ci sono in questo epilogo.Le porte io non le so chiudere. Quando ci provo, sento le maniglie sfaldarsi come fossero di sabbia. Va bene, let's go with the flow, lasciamole aperte le porte, e pure le finestre, così ogni tanto, da lontano, magari ci si lancia un urlo.E c'è un'altra cosa che non so fare: svegliarmi una mattina in un altro Paese, con una nuova vita da iniziare da zero, zerotondo come il mondo, come le cose che conosco di questo posto.Sola andata. Come si fa ad aprire gli occhi su un soffitto che non è più il tuo ma che lo dovrà diventare? Dare il buongiorno in inglese, ordinare un caffè in francese, salire sulla metro e sorridere a chi non si conosce.La mia area di comfort si ingrandirà ancora una volta. E il cuore? Si farà piccolo piccolo per non sentire più niente? Come si fa a lasciare tutto, qualcuno me lo dica. Sembra debba non finire mai, e invece manca tanto così.

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