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Politici tricolore: chirurghi o becchini? E se avesse ragione il mitico…

Creato il 07 dicembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

475px-Twain_in_Tesla_LabFranco Luceri. Definire demenziale la rappresentazione che la stampa italiana ci da della politica e della giustizia, è persino riduttivo. Come se da 65 anni ci suonasse stancamente la stessa musica dei giudici protagonisti, politici ladri, padroni sfruttatori evasori avvelenatori, lavoratori sfruttati o disoccupati, e via elencando a l’infinito, fino al rincoglionimento dell’intero popolo e degli stessi politici e giudici che poi si azzannano a vicenda convinti di essere loro e nessun altro la causa dello sfascio. 

Invece il tumore che uccide l’Italia non sta nella magistratura come pensa Berlusconi, ma nello strabismo dei giornalisti che considerano i politici chirurghi assassini a prescindere, che non escono mai dalla sala operatoria di Palazzo Chigi senza aver ammazzato i loro pazienti. E a nessuno viene il dubbio che ormai quella è una sala mortuaria dove c’è da salvare soltanto i privilegi delle caste pubbliche corrotte e consorterie private corruttrici.

Da l’obitorio di Palazzo Chigi sono passati i migliori chirurghi di cui dispone l’Italia, scambiandolo per sala operatoria, ma tutti, a cominciare da Monti, si sono fumati il loro prestigio internazionale e il nostro consenso, aggravando lo sfascio. Quindi, noi italiani, abbiamo della politica una idea strampalata mediaticamente piantata nei nostri cervelli, e inestirpabile come un chiodo arrugginito.

Dobbiamo accertarci una volta per tutte, che Palazzo Chigi non sia stato convertito da sala operatoria in sala mortuaria, per mancanza di pazienti salvabili ed eccesso di cadaveri da tumulare: perché in tal caso, il miglior chirurgo politico del mondo non può fare niente che ad un becchino non riesca mille volte meglio.

Al massimo può riconsegnarci un cadavere pettinato, vestito e arricchito di “estrema unzione”, ma non possiamo certo aspettarci che trasformi gli stoccafissi congelati, in campioni da iscrivere subito alle olimpiadi.

Quindi iniziamo a domandarci, chiunque ne sia l’inquilino, se ancora l’Italia entra ed esce verticale da Palazzo Chigi. Posto che gli imprenditori superstiti sono chiamati a salvare l’intero Paese con meno del 50% della ricchezza prodotta, mentre il resto finisce in mano ad una classe dirigente pubblica, che non avendo la minima responsabilità di salvare l’Italia, preferisce spassarsela e arricchire sé stessa.

In democrazia non servono grandi urlatori per costringere, ma efficaci comunicatori per convincere il popolo a governarsi con politici e giudici che di questo nome ne siano degni, almeno quanto il pastore che con l’aiuto del cane porta il gregge al pascolo e se lo riaccompagna sazio e incolume all’ovile.

Quindi, politico non lo è affatto chi non sa da buon pastore condurre il suo gregge sociale ad un pascolo nutriente; e non è giudice chi non ha la vocazione del cane da pastore, per “delupizzare“ il pascolo, in modo che le singole pecorelle che dovessero smarrirsi siano recuperabili intere e non a brandelli dalla bocca dei lupi.

La presenza di politici e giudici capaci è essenziale in ogni popolo democratico, per evitare sconfinamenti e conflitti istituzionali, inversione di ruoli fra giudici e politici, anarchia e sfascio insanabile.

Questo è il problema dell’Italia plagiata da cultura idiota. Non abbiamo un solo politico che non ritenga la politica italiana impedita da cattiva giustizia: dopo Berlusconi, anche Napolitano e Letta pensano che ci sia un problema giustizia irrisolto e minacciano riforme. E per contro, sul fronte giudiziario c’è abbondanza di giudici che si improvvisano politologi e ideologi, promuovendo amici a colpi di assoluzioni e bocciando nemici a colpi di condanne.

Perciò l’Italia non ha il problema di aspettare che passi una normale nottata; ma che fatta politicamente l’Italia 150 anni fa, ora qualcuno abbia la forza di bloccare la dis-fatta culturale degli italiani; prima che cittadini, pastori e cani incomincino a sbranarsi in una sanguinosa guerra civile, sotto lo sguardo ebete della classe intellettuale che continua per forza d’inerzia a fomentare quotidianamente la guerra, fra Stato e popolo.

Professori, professionisti e giornalisti, che si fingono tutti difensori della giustizia giusta, e castigatori dei chirurghi politici assassini, senza accorgersi che ormai quelli sono becchini, non maneggiano più pazienti da salvare, ma classi sociali economicamente defunte, cronicamente improduttive, spendaccione suicide, ibernate a colpi di assistenzialismo pubblico per evitarne la putrefazione.

Perciò il vero rompicapo dei potenti non è unificare e governare i popoli con la brutalità del potere, (in questo i dittatori sono maestri) ma maturare il cervello dei cittadini al sole della cultura imprenditoriale, perché ne vengano fuori autonomi, produttivi e contributivi; e non marciscano di cultura scolastica buona soltanto per la proliferazione patologica di dipendenti bisognosi di soldi pubblici come i professori e i giornalisti, che plagiando di cultura idiota l’intero popolo, politici e giudici compresi, hanno “disfatto l’Italia” dalle sale parto ai cimiteri, promettendo da 65 anni di “fare gli italiani”.

Featured image, una straordinaria fotografia di Mark Twain (autore dei Racconti del becchino) nel laboratorio di Nikola Tesla nella primavera del 1884.

 


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