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Pomeriggi di domande su Spotify (senza tante risposte)

Creato il 08 maggio 2014 da 79deadman @79deadman
Pomeriggi di domande su Spotify (senza tante risposte)
"II continuo spostarsi da un genere e da un'era all'altra, con poco o nullo rispetto per il contesto storico o per l'origine della musica, e oggi I'esperienza musicale della maggioranza delle persone. Con la musica cosi facilmente accessibile e cosi abbondante, semplicemente ripetiamo, ascoltiamo con lo 'shuffle' e ne godiamo."(David Buckley, Kraftwerk Publikation, Arcana 2103)
In effetti c'è sempre un "album dopo", c'è sempre "qualcosa di nuovo da ascoltare", lo stream scorre rapido, non ci si ferma mai. Questa esperienza musicale a flusso costante è interessante quanto frenetica. Spesso superficiale, certo, ma piuttosto stimolante per gli insoddisfatti cronici.Una cosa ho notato: c'è una domanda che non mi faccio più tanto spesso, un aspetto su cui non mi soffermo. Cosa mi sta dicendo questa canzone?Parla veramente con me? Ce l'ha con me? Come De Niro davanti allo specchio. Mi manca la curiosità di comprendere – letteralmente, o meno -  quello che il cantante mi dice. O vuole dirmi.Ma vorrà poi dirmi qualcosa? C'è un messaggio, una morale, una visione, un'etica? Addirittura un'ideologia? Magari una storia, una testimonianza, di attivismo, di impegno/disimpegno. Ci sono rivoluzioni, c'è un retroterra (sub)culturale che restituisce unitarietà, progettualità, finalità all’album, all’esistenza stessa della band? Oppure quello di tanti gruppi è solo puro piacere sonoro di superficie, sperimentazione (nel senso di provare una esperienza) elettrica, rumoristica; onanismo da Gibson / Marshall? A cui, in un modo o in altro,  occorre poi appiccicare sopra qualche rima consunta.Fatico a distinguere dove comincia la mia superficialità e dove finiscono le inettitudine dei testi, dei cantanti e dei titoli. Azzardo un’ipotesi: sono molti di più gli eccellenti strumentisti che non gli eccellenti cantanti (o gli eccellenti contenuti). Con buona pace della televisione che continua a sfornare nuove star con lo stampino, tutte con una bella, limpida voce che recita il nulla. Forse mancano argomenti. O la voglia di farli propri.Pazienza. Buttiamoci allora sullo strumentale, che spesso, nella sua pomposità, almeno ci risparmia certe sciocchezze (in cambio di una certa dose di noia...)
Monkey3
The 5th Suns (2013) e l’ omonimo (2011), i due album attraverso cui ho girovagato, prima di gettare la spugna.Heavy ambient elvetico un po' troppo patinato, non sono certo gli Ozric Tentacles ma le tentazioni spaziali-astrologiche affascinano sempre, almeno all'inizio.Grandi divagazioni strumentali come fossero degli annacquati Kraftwerk intrisi delle esigenze cosmiche degli Hawkwind sotto l'aura sempre valida di un sound stoner come insegna "Il Manuale dei giovani Josh Homme". Qualche bel momento in Chilao e fortunatamente nessun cantante di mezzo a distrarci con ruffianerie da rubacuori.
My Sleeping Karma
Pomeriggi di domande su Spotify (senza tante risposte)
A quanto pare l'ennesima istituzione di “Nuovi Corrieri Teutonici". Quattro album in anni recentissimi, induismo fervente, avversione totale per la "forma-canzone", barbiere necessario... Rock tantrico, strumentale, un po' acerbo sul primo LP Omonimo (2006). Il secondo, Satya (2008), si destreggia nel bel mezzo di un torpido raga stoner non troppo ambizioso ma assai decorativo (A-steyao Apangraha, alla fine avercene...).Tri (2010), una sciarada di divinità indiane, getta la maschera: la componente raga si fa ancora più radicata, il sound acquista spessore e alle consuete lunghe digressioni strumentali (Brahama, bello) si alternano brevi interludi pastorali ed intimisti che suonano come haiku sussurrati nel fragore di una battaglia del Ramayana. Piacevole, pur se un po' tendente alla trance ambientale piuttosto che alla spigolosità vintage che potresti aspettarti.Soma (2012), 12 brani, oltre un'ora di mantra spaziale, fin troppo levigato, fin troppo liscio, ma scritto con ottima calligrafia.
Uncle Acid and the Deadbeats
Pomeriggi di domande su Spotify (senza tante risposte)
Revivalisti acidi, casinisti come dei Black Mountain trapiantati nel Texas di Rocky Erikson, con un nome ispirato a “Sua Eminenza Underground” Rusty Day (cantante, tra l'altro, dei Cactus). Non si può sbagliare, o forse si, visto sono inglesissimi. Più metal dei Brian Jonestown Massacre, più fuzz-maniaci di Sabbath o Melvins, più stoner dei Cynics, una versione meno depressa dei Black Angels pronta quanto gli Eighties Matchbox B-Line Disaster ad ogni B-Movie horror anni '70.Due gli album. Blood Lust, con i 7 minuti marziali di Death Door e il devastante acid metal di Course In The Trees. Mind Control (2012) è una macchina d'assedio cingolata, corazzata da un volume clamoroso, con la spiccata tendenza al metal vintage, che trascina l'ultima estate in un vortice di amore e piombo come gli Slayer strafatti che rileggono Sgt. Pepper; meno subdola ironia anarchica, più violenza bruta. Bella l'obliqua visione di Death Valley e il drone da ipnotrauma di Valley Of The Doll.
Elder
No, questi ascoltateli voi; magari sono pure bravi, ma l'ennesimo clone underground simil-scandinavo dei Kyuss, oggi non lo digerisco.Domani, forse… dopodomani sicuramente!
Black Moses
Un paio di album, primi anni 2000, ma occhio alle omonimie. Powerhouse indie, passato attraverso lenti deformanti e con vago sentore di classic rock e trucciolame blues. Niente male, placidamente inserito nel revival garage d'inizio millennio. Su Emperor Deb (2003) la detroitiana Yr Gonna Get It o la distortissima Cant'n Let Go, un quasi free form in cui spunta perfino un sax! Sul secondo album, Royal Stink, Better Believe, pub blues da inseguimento autostradale che prelude ad un highway rock onnipresente, piacevole quando non affonda esageratamente l’acceleratore sul volume violento e si concede qualche più disteso assolo.
Un ringraziamento a Massi di Detriti di Passaggio, da cui ho copiato la citazione che apre il post.

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