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Pool & the Gang

Creato il 23 maggio 2012 da Tnepd

Pool & the GangGiovanni Falcone e Paolo Borsellino immortalati da Elvira Gerardi in un raro momento di relax

Siamo nei primi anni Novanta. In alcune zone del meridione, in particolare in Sicilia, le istituzioni sono assenti e a tutela dei cittadini restano solo pochi coraggiosi: i mafiosi. Si tratta di rivoluzionari fiancheggiati da un esiguo numero di onorevoli poliziotti, perseguitati dallo stato ma idolatrati dalle popolazioni locali. In questo periodo, grazie ai loro gesti dimostrativi, veniamo a conoscenza della condizione miserevole in cui versa il territorio siciliano: le strade sono così malandate che a Capaci basta un piccola carica di tritolo per farle saltare in aria. Nello stesso periodo, in via d’Amelio a Palermo, i mafiosi fanno esplodere una Fiat 126. Gli italiani apprendono che in Sicilia la situazione è talmente disperata che ancora circolano le 126. In questi due attentati perdono la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due giudici che sono diventati dei veri e propri miti per tutti coloro che non li hanno mai sentiti scorreggiare in ascensore.

I due giudici con il proprio sacrificio hanno dimostrato agli italiani come sia possibile sfidare la mafia. E perdere.

Le vostre idee cammineranno sulle nostre gambe“. Questo lo striscione che reggevano migliaia di giovani siciliani, emigrando.

Non è affatto invincibile. È un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine“: così Giovanni Falcone, parlando di se stesso.

Pochi ricordano il suo stretto rapporto con Claudio Martelli. Ecco, giusto noi e la Mafia.

Borsellino verrà ricordato come magistrato infaticabile, uomo perbene ed eterno secondo.

La prova? Contate le battute su Falcone e poi quelle su Borsellino.

A Falcone si dà il merito di aver indagato sulla mafia attraverso accertamenti patrimoniali e bancari. Infatti, prima di lui le indagini sulla mafia le facevano svolgere ai mongoloidi.

Ricordo ancora quel 19 luglio. Fu l’unico giorno in cui, sulla spiaggia di Mondello, potei godere di un po’ di brezza.

La morte di Falcone prima e di Borsellino poi, scosse la società palermitana. Per circa cinque secondi.

Falcone riuscì a portare a casa le prime vittorie dello stato contro la Mafia, ma fu ugualmente esonerato.

Falcone, Borsellino e Giuseppe Ayala rappresentarono la volontà dello Stato sovrano di non cedere alla Mafia. Poi Ayala entrò in parlamento.

Falcone in vita fu aspramente criticato dai magistrati vicini a PCI prima e PDS poi. Critiche dure, certo, ma niente che non potesse essere spazzato via da una morte violenta.

Il vero obiettivo del CSM era eliminare al più presto Giovanni Falcone” dichiarò Paolo Borsellino nel 1992, dimostrando la propria grande umiltà.

Agnese Piraino Leto, la moglie di Borsellino, ricorda la tragedia: “Avrei potuto morire anch’io, ma fortunatamente non volevo vedere quella cazzo di suocera“.

Convinciamoci che siamo cadaveri che camminano“: Borsellino fece proprie la parole di Cassarà. Almeno fino a luglio 1992.

Falcone fu insignito della medaglia d’oro al valor civile. Una prestigiosa onorificenza riservata a persone particolarmente morte.

La morte di Falcone lasciò un vuoto enorme. Poi riempito da Borsellino.

Migliaia di giovani comunisti ricorderanno oggi Borsellino al grido di “L’unico fascista buono è il fascista morto, salvo Paolo Borsellino che ci piace molto“.

Tutti sono capaci di combattere la mafia. Più difficile è combattere la mafia a Capaci.

La morte dei due magistrati fece crescere enormemente l’indignazione popolare. E il fatturato di Libera.

Ricordo la tristezza di quell’estate del 1992. Non ci qualificammo neanche, agli Europei.

“È meglio bruciare in una fiammata che spegnersi lentamente” (Paolo Borsellino, 19 luglio 1992).

“Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui morì Giovanni Falcone, quel tragico 23 maggio 1992″ (Oscar Luigi Scalfaro, 24 maggio 1992).

“Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui morì Giovanni Falcone, quel tragico 23 maggio 1992″ (Giulio Andreotti, 22 maggio 1992).

Eppure l’Italia dovrebbe sentirsi orgogliosa di aver dato i natali a due uomini retti e probi, dalla infinita statura morale ed etica, il cui operato ha indubbiamente contribuito ad innalzare il senso civico e di legalità del nostro Paese. Li ricorderemo per sempre, Cochi e Renato.

Agostino Cataleno, caposcorta di Borsellino, svoltando per via Mariano d’Amelio:
“Giudice, lo sente anche lei questo ticchettio?”
“Ma che minchia dici, Agostì! Sarà il tuo orologio”
“Io non porto orologi, giudice. Dovrebbe saperlo”
“Calmati Agostì: chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”
“…”
“Parcheggia dietro quella Fiat 126. Che culo di posto”

A proposito dell’attentato all’Addaura alcuni ritennero che fu lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità. Poi il giudice migliorò decisamente la propria strategia di marketing.

A Giovanni Falcone sono state dedicate innumerevoli scuole e strade, una piazza nel centro di Palermo e un cratere sulla Luna.

Durante un convegno Borsellino disse: “Il vero obiettivo del CSM era eliminare al più presto Giovanni Falcone. Credo abbiano anche un altro magistrato nel mirino, ma non ho capito bene chi“.

“La Mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine” (Bersani, 22 maggio 1992).

Io invece di anni ne avevo tredici. Ricordo che mia madre mi disse “Sono morti Falcone e Borsellino, le uniche due persone oneste di questo mondo“, il che mi fece riflettere: se Falcone e Borsellino erano le uniche due persone oneste di questo mondo, allora lei era una bugiarda; e se lei era una bugiarda, allora non era vero che Falcone e Borsellino erano le uniche due persone oneste di questo mondo. Quel che è certo è che da allora io non credetti più a niente di quello che diceva mia madre. Ma forse ho esagerato, come mi hanno fatto notare l’altro giorno Falcone e Borsellino.

“Fortuna che ci è rimasto Borsellino” (Bersani, 18 luglio 1992).

Con Falcone morirono la moglie Francesca Morvillo, l’autista Giuseppe Costanza, e gli agenti Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello, Paolino Paperino, Angelo Corbo e Vito Schifani.


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