Magazine Italiani nel Mondo

Poor thing

Creato il 08 aprile 2011 da Albino

Sentite questa. La settimana scorsa in Italia sono stato ad un matrimonio, non so se ricordate. Li’ ho rivisto molti amici e qualche vecchia conoscenza, avete presente no, di quelle che non vedi per anni e ti dimentichi del tutto della loro esistenza.

Come per esempio questa tipa. Quando arriva in parcheggio la vedo scendere dalla macchina e mi si parte il flashback nella testa. La guardo senza riconoscerla per un paio di secondi, ma poi mi batto la fronte, ahhhhn! Ma certo!

La tipa e’ un gommone vivente. Trentacinque anni, la mia eta’, e mi sfoggia nell’ordine: culo rifatto, tette rifatte (non confermato, ma le ricordavo piu’ piccole), labbra rifatte, naso rifatto, e poi chissa’ cos’altro. Insomma, labbroni a gommone tipo Francesca Dellera, e occhioni tirati spalancati che mi ricordano terribilmente la deputata PdL Anna Maria Bernini (la quale una volta a Ballaro’ mi ha fatto veramente impressione, era cosi’ tirata che pareva incapace di sbattere le palpebre. Mi chiedo se riesca a farlo solo quando non e’ seduta).

Poor thing

La cosa da ridere e’ che una volta questa tipa non era niente male. Ma poi, vallo a sapere cos’e’ successo, cos’e’ scattato nella sua testa. E’ ricca di famiglia, quindi si puo’ permettere i lussi che vuole, chirurgo plastico compreso. Le sue passioni sono il calcio e i suoi cani, questo e’ piu’ o meno tutto quello che ricordo di lei. Per il resto non e’ altro che una miliardaria che gira in macchinoni nella campagna veneta, e che ho rivisto di sfuggita l’ultima volta in uno dei miei ritorni dall’Australia, anni fa. Di quelle persone dalla vita autolimitata a 100Km quadrati, che ti chiedono "come va in Australia?" con l’occhio vuoto, senza il minimo interesse per quello che gli risponderai.

Mentre guardavo questa tizia ho ripensato al tempo in cui si usciva insieme, piu’ di un lustro fa. Da allora io ho guidato nella notte del deserto australiano, tra canguri e cavalli selvaggi. Ho visto l’alba a Tokyo, fuori dalle discoteche di Roppongi, mentre giappi vomitavano a bordo marciapiedi e i salarymen vestiti di nero andavano al lavoro con la ventiquattrore in mano. Ho imparato a guardare i film in inglese senza bisogno dei sottotitoli, ho partecipato a riunioni aziendali in giapponese. Ho fatto, ho visto, ho viaggiato, ho conosciuto. Sono partito nel mio viaggio che ero un ragazzo di provincia povero in canna, qualche migliaio di euro in banca e una laurea in tasca. Sono tornato da cittadino del mondo, da senior engineer, dopo aver pubblicato un romanzo, ricco di esperienze e con la testa alta di chi ha il tenore di vita che si e’ guadagnato con le sue forze.

Di fronte a me in quel momento, dietro il silicone c’era solo il vuoto pneumatico. La poverta’ di spirito di qualcuno che e’ nato in posizione privilegiata rispetto a me, ma che da li’ non ha raggiunto nulla, ancora ferma da dov’e’ partita. Eppure ricordo che anni prima la invidiavo. Pensavo: cazzo, se avessi i suoi soldi mollerei tutto e mi farei un giro del mondo di quelli che ti fai vedere a casa ogni tanto, di sorpresa, e come sei ricomparso scompari di nuovo, in cerca di nuove avventure. Adessi i suoi soldi mi sarei preso una laurea in archeologia, solo per il gusto del sapere. Come minimo. Altro che SUV e biglietti di Champions League e chirurgia plastica.

Ma quel giorno, mi sono ritrovato a guardarla con la stessa curiosita’ con cui si potrebbe guardare la statua di cera di un dinosauro estinto da milioni di anni. Tira fuori uno smartphone dalla borsetta, sembra un iPhone 3G. Decido di scherzarla un po’, perche’ sapete, la figa della situazione nella mia testa non puo’ non avere l’ultimo modello, di Tutto. Le dico, ironico: “ma come, hai l’iPhone 3? Sei proprio una poveretta eh…!” Come a dire, con tutti i soldi che c’hai, mi sfoggi un telefono vecchio?

Lei mi guarda indispettita, mi dice “ma sei fuori? A me sta troppo sul cazzo l’iPhone, non l’ ho mai avuto e non l’avro’ mai!”. Mai, categorico. Come a dire, io sono avanti rispetto a quelli che hanno l’iPhone. E’ una cosa commerciale, del popolo. E non mi piace, nonono.

In quel momento mi si sono sovrapposte dietro agli occhi una miriade di scene, flashback su flashback. Il mio ex collega cinese che mi prepara la cena, il miglior stir-fried chicken che abbia mai mangiato. Il mio amico di Tel Aviv, ebreo, che organizza una cena e invita un casino di amici mediorientali, musulmani, e l’unico a cui la cosa sembrava strana ero io. Il mio amico americano, ex soldato, che mi racconta di desert storm. Dormire in tre sul divano di un pancabbestia che nessuno conosceva, capitando a casa sua nel bel mezzo della campagna australiana per sentito dire alle tre di notte e bussando nella speranza che qualcuno ci aprisse. La tipa che conosco in disco a Brisbane, dopo cinque minuti mi offre da bere, paga lei, e dopo dieci si alza la minigonna e mi dice “dai, andiamo a casa mia”. Il travestito alto due metri che ficca la lingua in bocca al mio amico ubriaco, all’uscita dalla disco, e lui non si rende conto finche’ un altro non glielo dice. Scendere in spiaggia col surf sotto braccio. La mia amica cilena che mi porta fuori coi suoi amici sudamericani, e si ride tutta la notte, sentendosi uniti nella latinita’. La giappina che scompare a un certo punto, non la si trova piu’ finche’ non ricompare con cioccolata calda e caffe’ per tutti.

Gli alberi di ciliegio in fiore, in una festa di giapponesi in cui si parla solo giapponese. I treni affollati di Tokyo. Il fegato crudo in salsa di sesamo. Le divise da poliziotta sexy in vendita vicino ai biscotti al Donki. La campana del liceo vicino alla vecchia casa, il tipo che era puntualmente in ritardo tutte le mattine e mi passava sotto la finestra di corsa alle 8:45 in punto. Scene da cartoni animati giapponesi, che in realta’ accadono sul serio. Il terremoto a 7.4 della scala Richter capitato ieri sera, ovviamente mentre ero seduto sulla tazza.

Tutte le cose che ho visto, le esperienze che ho fatto, la vita che ho vissuto, la gente stramba che ho incontrato in questi anni. Ma davanti a me, in quel momento, una trentacinquenne bambina, incapace di accettare il suo stesso corpo, che decide a priori quello che si e quello che no; e si scalda per una semplice battuta su un telefonino.

Ho sorriso un po’ malinconico, tra me e me, e sono passato oltre. Abbiamo la stessa eta’; ma avesse visto un decimo di quello che ho visto io, poor thing.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :