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POPOLARITA’ DELL’OPERA #operalirica #popolo #teatro

Creato il 24 novembre 2014 da Albertomax @albertomassazza

opera

Nata come forma di intrattenimento aulico per le elite aristocratiche, da rappresentarsi nelle sale e nei teatri privati delle corti e dei palazzi nobiliari del XVII secolo, l’Opera è divenuta nel corso del XVIII  e per tutto il XIX secolo un fenomeno di massa, per poi dover ripiegare nel corso del XX secolo verso un pubblico di nicchia, non più per ragioni di ceto sociale, ma squisitamente culturali. L’avvio della popolarizzazione si ebbe con la nascita dei teatri pubblici a pagamento, diffusisi rapidamente in Italia dopo l’apertura del primo, il San Cassiano di Venezia, nel 1637. L’Opera uscì dal circuito chiuso dell’ambiente di corte per farsi impresa commerciale necessariamente aperta al più vasto pubblico possibile. La suddivisione del teatro all’italiana in settori destinati alle diverse classi sociali favorì una certa democratizzazione della fruizione operistica. Non più, dunque, il nobile signore che commissionava l’Opera per intrattenere i suoi invitati in particolari occasioni, ma l’impresario teatrale che finanziava il lavoro di musicisti e librettisti, facendo affidamento sul ritorno economico della vendita dei biglietti. La prima logica conseguenza di questo mutamento del pubblico a cui si rivolgeva l’Opera fu l’evoluzione dei generi operistici.

Accanto all’Opera seria, si svilupparono generi più leggeri di ascendenza popolare, come l’Opera buffa italiana, il Singspiel tedesco,  la Zarzuela spagnola, l’Opera-comique francese e la Ballad Opera inglese. La capacità della musica di descrivere le passioni e gli stati d’animo consentiva un livello di coinvolgimento e comprensione che andava oltre la parola poetica, abbattendo gli eventuali limiti culturali del pubblico più popolare. Le ambientazioni pastorali e mitologiche lasciarono progressivamente spazio a soggetti storici e di genere in cui lo sviluppo drammatico veniva alleggerito da spunti comici e la solennità aulica cedeva al gusto popolaresco. La realtà sociale, almeno inizialmente senza pretese sociologiche, iniziava a fare capolino nell’Opera. Il teatro era il luogo in cui poteva capitare che gli umili trovassero la loro rivincita nei confronti dei potenti, come ne La serva padrona di Pergolesi e Le Nozze di Figaro di Mozart. Di quest’ultima, è noto il resoconto dello stesso Mozart, esemplarmente indicativo del successo popolare riscosso a Praga, quando, l’anno dopo, si recò nella capitale boema per rappresentare il Don Giovanni; tanto che il grande salisburghese inserì la melodia più celebre e orecchiabile del Figaro (Non più andrai) nel suo nuovo capolavoro. Naturalmente, il successo popolare delle opere si riversò in primo luogo sui cantanti principali, con l’esplosione di fenomeni di divismo già dall’epoca dei castrati.

Con il diffondersi delle idee della rivoluzione francese, il coinvolgimento popolare assunse una connotazione sociale e politica, veicolando sia il processo di democratizzazione degli stati, sia quello di formazione delle diverse identità nazionali. Il potere venne messo a nudo, evidenziandone le degenerazioni dell’ambizione, dell’arbitrio e della prepotenza; la ribellione all’oppressione e all’ipocrisia sociale venne mitizzata e inediti eroi ed eroine la incarnarono; sugli episodi storici del passato si costruì un’epica del melodramma da leggersi in riferimento alla situazione del presente; il sentimento di appartenenza venne affermato anche dalla riproposizione dei miti e delle leggende popolari. Fino ai primi decenni del XX secolo, l’Opera continuò ad esercitare il suo fascino sulle masse popolari, ma la prepotente ascesa del cinema, anch’esso in grado di far convivere diverse espressioni artistiche e più adatto alle nuove dinamiche sociali ed economiche, fece progressivamente diminuire il pubblico operistico e conseguentemente la produzione. L’Opera conserva tuttora un seguito importante di cultori, capace anche di rinnovarsi, ma ha irrimediabilmente perso la sua funzione di stella polare per le masse popolari.



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