Magazine Per Lei

Portinerie

Creato il 02 giugno 2011 da Tiziana50mq
Qualche volta, quando vado a trovare mia madre, mi capita di imbattermi nella signora Filomena, la portiera del palazzo.
Chiunque sia nato in uno stabile dotato di servizio di portineria, sa benissimo che la portiera, non è un semplice impiegato che smista la posta e risponde al citofono, ma piuttosto, è una sorta di autorità che controlla tutto e tutti, ti aggiorna sempre sulle ultime novità del quartiere e diventa, all'occorrenza, una specie di parente acquisito che esamina e giudica le varie fasi della tua vita.
Quante volte da ragazzina, nelle fredde giornate invernali, mi ha rimproverata vedendomi uscire con addosso solo un cardigan dalle maniche chilometriche:
"..e menomale che tua madre te ne compra di cappotti!".
Quante altre volte, mi ha incenerita col solo sguardo, mentre attraversavo l'androne appena lavato, appiccicata al muro, imitando uno strano essere metà geko e metà ballerina del San Carlo.
Poi sono cresciuta, e lei era lì, pronta a mostrarmi l'album di foto del matrimonio della figlia, mentre io tentavo di tirare fuori dall'ascensore, i miei pesanti scatoloni con su scritto a caratteri cubitali CONVIVENZA.
La convivenza cominciò, e anche nel palazzo della nostra prima casetta, c'era ad accoglierci il portiere dello stabile. Un signore taciturno, che mi faceva pensare al cugino nervoso di Mastro Lindo, così, essendo anche io una persona poco loquace con gli estranei, per mesi ci siamo limitati a scambiarci un semplice "Buongiorno".
Poi un caldo giorno di luglio, il suo cruciverba pomeridiano, fu interrotto dall'improvvisa apparizione di una creatura aliena, che con gli occhi iniettati di sangue e i capelli scomposti, piombò nella sua guardiola chiedendo con voce roca e strozzata dall'ira: "Ma quelli del palazzo di fronte fanno sempre così??"
Si.
Ero io.
Da quel momento il nostro rapporto portiere-inquilino passò dal grado di semplice saluto, al grado di saluto con pettegolezzo. Avevamo un nemico comune, io mi lamentavo del frastuono prodotto dagli impianti stereo e lui ribatteva elencandomi tutte le schifezze che gli avevano lanciato nel piazzale.
A questo punto non restava che fare il passo successivo, convocarlo per un lavoretto domestico anti-dirimpettai, e cioè: mettere le pagliarelle sul balcone.
Operazione che, per quanto mi piaccia trapanare e martellare, non mi sembrava così invitante, e non lo sembrava neanche all'Uomo di casa, che giustamente il finesettimana preferiva impiegarlo in attività non lavorative.
Accolta la nostra richiesta con estrema disponibilità, ecco che dopo pochi giorni mi si presenta a casa il portiere armato di fischer e olio di gomito.
Fu così che diventai Adriana.
Eggià! Perchè quando qualcuno sbaglia il tuo nome, se non lo correggi immediatamente.. poi non lo fai più!
E figuariamoci se poi devi metterti a puntualizzare un nome, con uno che ha appena dato una capocciata fortissima sotto la soglia di marmo della finestra e ti sta chiedendo se gli sanguina la testa. Poverino, Adriana va più che bene, in fin dei conti è simile.
Col passare del tempo, nonostante la mia falsa identità, mi piace pensare che diventammo i suoi inquilini preferiti, in fin dei conti eravamo educati, silenziosi e lo consultavamo in situazioni difficili.
Come quella volta in cui, durante un brutto giorno di fine estate, entrando in bagno, mi resi conto che una blatta cercava di venire fuori dal foro del bidet.
La mia reazione ovviamente, fu di prendere le chiavi di casa e il fidanzato (che aveva appena rimandato la bestia nella fogna) e fuggire da mia madre. Successivamente, grazie ad una combinazione di coccole e rassicurazioni, durata buona parte del pomeriggio, tirai fuori un po' di coraggio e ritornammo a casa.
Prima però, pensammo bene di chiedere al nostro portiere, qualche eventuale rimedio, per evitare di subire nuovamente un tentativo di invasione.
Non l'avessimo mai fatto.
Quindici minuti di racconti infernali su come non ci fosse nulla da fare, che quelli del piano rialzato stavano peggio di noi, che se le trovavano regolarmente in casa, che lui ne uccideva a valanghe e quelle tornavano sempre, e io ascoltavo tremante mentre il mio protettivo consorte tentava di interromperlo.
Poi arrivò il giorno del trasloco, e lui era dispiaciuto.
Ogni tanto, ancora passiamo a controllare se per caso c'è della posta arretrata, e se io non vado, mi manda i saluti.. come l'ultima volta..
"Salutami Diana!"

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