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Predestination: Sorprendenti Paradossi Temporali

Creato il 29 giugno 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Predestination: Sorprendenti Paradossi Temporali

In un'epoca non ben precisata, ma nemmeno troppo lontana dalla nostra, esiste un distaccamento delle forze dell'ordine, la polizia temporale, che, viaggiando da un'età all'altra, ha il compito di sventare crimini avvenuti nel passato in modo da "ripulire" il futuro dalle loro nefaste conseguenze.

Un anonimo e taciturno agente tenta ormai da molti anni di sventare una serie di attentati terroristici, senza però mai riuscirci e, pur rischiando più volte la vita, senza averne nemmeno ancora scoperto il misterioso autore.

Durante i suoi numerosi viaggi l'uomo entra in contatto con diversi personaggi, a volte alquanto bizzarri, che in un modo o nell'altro possono aiutarlo nel suo intento. Ma gli eventi sembrano aver ormai preso il sopravvento e i continui salti temporali non fanno altro che aumentare la confusione dell'agente circa il suo compito e le sue origini. Sarà solo l'inizio di una serie di peripezie che porteranno ad una sconvolgente verità con cui dover fare i conti, una verità che affonda le sue origini nei più oscuri paradossi del tempo.

Il viaggio nel tempo ha da sempre affascinato l'immaginario collettivo fin dalle epoche più remote, laddove viene paventata la possibilità di ritornare a rivivere momenti salienti del passato o poter dare un'occhiata al corso della vita futura. Di conseguenza, è più che naturale che l'arte cinematografica abbia fatto proprio, già nei suoi primi anni di vita, un sogno tanto irrealizzabile quanto strabiliante, a cominciare dalle vedute meravigliose e fantastiche di un pioniere come Georges Méliès, passando per opere d'avventura come L'uomo che visse nel futuro (1960) di George Pal, transitando per i paradossi temporali di Ritorno al futuro (1985) di Robert Zemeckis e fino alle allucinate visioni post-apocalittiche de L'esercito delle 12 scimmie (1995) di Terry Gilliam.

Un tema dunque non certo originale per la settima arte, ma più volte rappresentato in maniera originale ed interessante, così come di fatto accade in questo strano, contorto ma affascinante progetto che è Predestination, dove una tematica rachitica e apparentemente fossilizzata viene tradotta in una confezione che esalta perfettamente una capacità di riscrittura come solo pochi film hanno saputo fare negli ultimi anni.

I fratelli Michael e Peter Spierig, meno noti ma visionari almeno quanto i Wachowski, dopo alcuni eccellenti esperimenti nel cinema di genere post-moderno, tra cui vanno annoverati Undead (2003) e il vampiresco Daybreakers (2009), si ripresentano in veste di registi con una pellicola dai toni cupi e torniti, una storia cerebrale e ricca di continui cambi di rotta e colpi di scena a raffica di rara potenza che sorprende soprattutto per il destabilizzante finale e che merita un applauso per sincerità e freschezza di idee (giusto ricordare che Predestination è comunque basato su un racconto di Robert A. Heinlein, All You Zombies).

Giocando sapientemente con le suggestioni visive e descrivendo la società anni '50 e '60 con venature da puro steampunk, i due fratelli sanno far scaturire tutta la loro bravura nella messa in scena, controbilanciata da una struttura narrativa che privilegia sempre e comunque il twist drammatico e l'evento inaspettato come colonne portanti di un racconto che accresce l'attenzione e la suspense fino alla clamorosa rivelazione finale. Ethan Hawke, in principio abbigliato come un anonimo barista, viene chiamato a vestire i panni di un uomo-ombra, un tipico signor nessuno che, impegnato in prima linea ed al centro di una intensa attività di intelligence, prova stoicamente a raggiungere il suo obiettivo, per lui una vera e propria ossessione, di risalire all'origine temporale di un crimine efferato; un viaggio interiore e fisico in un continuo ritorno al passato che però non porta mai al risultato sperato.

Si tratta di un gioco di scatole cinesi, un continuo rimpallo di riflessi e di rimandi che mai viene chiarito fino alla sua conclusione, rendendo di volta in volta sempre più labili i contorni fra passato, presente e futuro. Sarah Snook riesce miracolosamente, seppur all'interno di un'opera di intrattenimento, ad offrire un'interpretazione eccellente nel ruolo di una spaurita ragazza-madre che, in circostanze alquanto singolari, finisce per essere lei stessa reclutata ed inserita in questo torbido e nevrotico circuito di salti temporali, sino al momento di dover fare i conti con una realtà talmente dura da avere la pesantezza di un macigno sullo stomaco.

Noah Taylor si dimostra nuovamente artista camaleontico e di rara bravura, anche relegato in una parte di sottofondo che, malgrado tutto, contribuisce ad accrescere ulteriormente la sua natura opaca e perturbante all'interno di un film in cui le certezze e la sicurezza tipica dei prodotti di genere finiscono per deflagrare e sciogliersi già a metà del minutaggio, costringendo lo spettatore a mantenere alta la soglia dell'attenzione per collegare e dipanare fra loro le intricate fila di un racconto che segue gli schemi di un thriller psicologico alla Memento.

Con la differenza che, se nella pellicola di Christopher Nolan l'andamento retroattivo della narrazione obbligava il pubblico ad un'elasticità mentale non indifferente, in Predestination si spinge chi guarda a dover sempre ricontrollare e riconsiderare i fatti e gli eventi appena registrati e catalogati, portandolo a un continuo meccanismo di revisione delle certezze che non smette mai di rinnovarsi.

Non certo un film facile da fruire ma nemmeno di eccessivo intento artistico, un prodotto che vuole unire il sapore dell'avventura di fantascienza per il grande pubblico con un pizzico di stimolo mentale e di complessità strutturale che farà molto piacere agli amanti dei mind games movies, senza dimenticare tutti coloro che, in un modo o nell'altro, sognano la possibilità di poter attraversare il tessuto spazio-temporale e sperimentare nuove suggestioni. Un lavoro originale, onesto nei suoi intenti espressivi che finisce con l'apparire gustoso per gran parte dei palati, un compito non certo facile in un cinema contemporaneo spesso poco coraggioso ed a corto di idee.


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