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Presa diretta – famiglia abbandonate

Creato il 26 gennaio 2015 da Funicelli
La povertà in Italia è diventata una colpa, da nascondere: questa è l'Italia che dal 2008, dall'inizio della crisi, ha tagliato di 10 volte le spese per gli aiuti alle famiglie e oggi siamo il paese che spende meno, per il welfare, in Europa. Triste primato, per un paese che invece primeggia in corruzione (ed evasione). La puntata di Presa diretta si è occupata delle famiglie italiane: quelle che perdono i figli, strappati via a volte senza seri motivi, dai servizi sociali, e quelle che devono lottare per gli aumenti delle rette e delle tariffe per scuole e asili. Riccardo Iacona è partito da Anzio, da una coppia cui il tribunale di Roma ha tolto i 6 figli, che ora vivono in una comunità per minori. Silvia e il marito non sono bravi genitori: la relazione dei servizi sociali parla di un padre assente e di una madre in difficoltà. Oggi vivono in una casa occupata, avendo ricevuto uno sfratto: per vivere dentro la casa occupata dovranno fare dei lavori. Una storia iniziata a settembre 2011: i servizi sociali di Anzio mandano due educatrici da Silvia. Dopo il loro rapporto, sono arrivati i carabinieri a prendersi i bambini, finiti in una casa famiglia.
Lo stato italiano spende 560 ml per tenere i bambini in strutture come queste: fondi che potevano servire per aiutare le famiglie come quelle di Silvia. Che vivono in quartieri senza servizi, con genitori che non riescono a seguire i figli, a scuola e a casa, perché mancano asili. I genitori come Silvia, per arrivare a fine mese, devono ammazzarsi di lavoro: accompagnare i figli a scuola, visto che non c'erano bus.
Silvia aveva chiesto una casa popolare per lei e i sei figli, ma è ancora in lista.
Chissà se il risultato greco non cambi le politiche di austerità, cioè quella politica che ha tagliato i fondi per le famiglie.
I sei figli vivono ora in comunità, dalle suore, in una struttura con campi sportivi: qui Silvia può vederli per 2 ore al giorno. Al comune di Anzio sono costati 500000 euro, e ogni giorno la cifra cresce. Forse quei soldi potevano essere usati per dare loro una casa e aiutarli.
Una storia assurda, che fa sorgere tanti dubbi: a chi servono queste strutture? Alle famiglie o a chi le gestisce con fondi pubblici? Al comune di Anzio ci sono solo due operatrici per l'assistenza sociale, mancano risorse e i pochi soldi finiscono nelle casse delle strutture per minori. Un controsenso, visto che si dovrebbe puntare alla prevenzione e non all'emergenza. Eppure la legge vieta di allontanare i figli, per motivi economici: è la legge 149 del 2001. Ma oggi essere poveri diventa una colpa, da pagare con la perdita dei figli. Liguria, Sanremo: Iacona ha poi raccontato la storia di Angela (una coppia di origini rumene), che ha perso il bambino dopo un ricovero, mentre il marito era in Romania. Lei è stata accusata di essere una cattiva madre e il marito (che lavora in Italia) di abbandono. Il figlio era sottopeso per una disfunzione alla laringe: ma i tempi del tribunale dei minori sono lunghi e nel frattempo il piccolo sta in una casa famiglia gestita dalle suore. Un costo per la famiglia, quando deve visitare il figlio e per lo Stato.
Un trauma per i bambini, che si sentono abbandonati dalla mamma.
Il console rumeno è arrivato ad una decisione drastica: far tornare la famiglia in Romania, per evitare l'adozione. Spendiamo 506 m di euro per le rette delle comunità: 2776 dall'anagrafe non ufficiale del 2006. Ci sono interessi economici dietro la scelta dei tribunali di affidare i figli a queste strutture? Che controlli ci sono in queste strutture? Altra storia è quella raccontata da Sebastienne: era finito in comunità dopo la separazione dei genitori. Il tribunale dei minori ha fatto delle accuse alla madre, accuse basate su una relazione che lei ritiene piena di falsità: il figlio le è stato tenuto lontano, per delle sole chiacchiere. Francesco Morcavallo, ex giudice del Tribunale dei minori: è ora uno dei principali accusatori dell'operato degli ex colleghi: racconta di decisioni prese in base a relazioni superficiali, di giudici onorari che fanno relazioni ma che si trovano in conflitto di interesse. Perché hanno quote o partecipazioni in comunità di accoglienza. Soci, direttori, fondatori. Come a Venezia, alla comunità Cedro: un giudice onorario è sia membro della comunità che relatore di relazioni per il tribunale. Spes è un ente pubblico a Padova che si occupa di minori: il presidente è anche giudice onorario a Venezia. E nel tempo libero si occupa della struttura. Per diventare giudice onorario si deve partecipare ad un bando e decide la CSM: ma sono nomine clientelari, dice Mauro Imparato, ex giudice, che pure lui denuncia indagini superficiali e casi di conflitto di interesse. CSM e il garante dell'infanzia hanno declinato l'intervista. Sono 40mila i minori sottratti alle famiglie: separazioni frutto della crisi, di relazioni dei servizi sociali fatte in modo frettoloso. Un ex valutatore delle comunità venete accusa la regione di fare pochi controlli: pochi e poco approfonditi, la qualità del servizio non è controllato. Bambini che vengono allontanati dalle famiglie originarie e che rischiano di essere adottati. Il controsenso, dice l'ex giudice Imparato è che dare 700000 euro in tre anni ad una struttura (che costa 200 euro al giorno) va bene, dare 20000 euro ad una famiglia è assistenzialismo. C'è qualcosa che non torna. Perché, una volta messi in comunità, i figli a volte vengono trattati come pacchi, passati da famiglie affidatarie ad altre famiglie affidatarie. La storia della famiglia Cin è arrivata alla corte europea, che ha condannato l'Italia per come ha gestito il caso: anziché togliere il figlio alla mamma, era meglio aiutare la famiglia. I servizi sciali non sono servizi investigativi per togliere i bambini, ma per aiutarli. 50 ml di euro è la spesa stanziata per aiutare le famiglie: siamo gli ultimi in Europa per le spese alla famiglia. Eppure qui in Italia un bambino su 7 vive in povertà. E dal 2008 i fondi per le strutture sociali sono diminuiti di 10 volte: sono oggi poco più di 200 ml.
Significa meno asili, meno bus, meno insegnanti di sostegno e rette più alte. Qui si arriva alla seconda parte del servizio: la rivolta dei passeggini a Viareggio.
Il comune ha un buco di 53 ml di euro: per questo non hanno pagato i politici, ma si sono rifatti sulle famiglie. Rette più care, tagli ai servizi.
Il governo dovrebbe mettere questi problemi in priorità: sono il nostro futuro, i bambini. Ma non è solo Viareggio: in tanti comuni d'Italia siamo all'emergenza dei servizi sociali. A Roma siamo al minimo storico di nuovi nati: a Tor di Nona, quartiere popoloso, i bambini ci sono, ma c'è carenza di asili nido, con 600 domande senza posto. Se il pubblico è carente, però le cose private ci sono. Mancano le strutture sportive, i libri per la scuola, il sostegno alle famiglie, le cure mediche: “nei quartieri popolari il welfare è quello tra famiglie”. La situazione abitativa a Roma è esplosiva: lo stato non investe nelle case popolari, ma le lottizzazioni dei private invece vanno avanti. I costruttori realizzano asili nido, ma il comune non ha soldi per le maestre. E le scuole rimangono chiuse. Se i genitori lavorano a chi lasci i figli, se rischi di perderli? Dossier sugli asili di cittadinanzattiva: un problema che mette assieme nord e sud. Al nord costano, e al sud trovi solo asili privati. Si parla di infrastrutture solo in termini di autostrade, ponti: ma le infrastrutture sociali non sono al centro della nostra politica. Che distanza tra la politica e la realtà che Presa diretta mostra – commentava Riccardo Iacona a fine servizio,
Il confronto con la Danimarca. Il paradiso delle famiglie con bambini.
Sabrina Carreras è andata in Danimarca, a Copenaghen: il governo danese è quello che spende di più per le famiglie, per tutte le famiglie, ricchi e poveri.
Una volta la Danimarca era una nazione a bassa natalità: per recuperare il gap, lo Stato ha investito negli aiuti: cure per i bambini gratis, la puericultrice che arriva a casa ad aiutare le neo mamme.
Ogni famiglia riceve un sussidio (eccetto i super ricchi): sono 300 euro a bambino ogni tre mesi.
Fino a 18 anni il dentista è gratuito e anche l'università è gratuita. Le tasse sono alte, ma sono investite in servizi che sono percepiti dai cittadini: tasse proporzionali alla ricchezza. C'è la casa dei papà dove questi possono socializzare: perché i papà in Danimarca hanno 1 anno intero per assentarsi dal lavoro, per seguire i figli. Non si deve scegliere tra lavoro o figli. Poi ci sono le tante scuole per l'infanzia, in città e in periferia. Il 73% dei bambini frequenta asili (in Italia siamo al 12%): i figli sono un investimento, e lo stato investe in scuole, insegnanti, per avere poi un giorno degli adulti consapevoli. Ci sono perfino asili per genitori che lavorano di notte: nessuno è lasciato indietro. Se non ci sono posti negli asili, lo Stato ti paga la tata. La Danimarca è un paese che investe anche nell'edilizia sociale: in Italia siamo ultimi.
Se perdi il lavoro è hai dei figli, hai diritto a dei sussidi, per affitti e cure.
Anche con la crisi,la riduzione del welfare è fuori discussione. Che distanza con l'Italia: qui se hai figli sei mediamente più povero, lo dice l'Istat. Fare figli è cosa da ricchi. Fondo per le famiglie: 313 ml (Berlusconi l'aveva ridotto a 43 ml), nel 2008 era tre volte tanto. Fondo infanzia: tagliato del 30% (oggi ha 30 ml di euro per piccoli progetti nelle grandi città). Fondo per le politiche abitative: Berlusconi ha spostato i fondi per darli a chi voleva comprare casa. Anche il fondo di sostegno all'affitto è stato decurtato. Fondi per gli asili: dal 2012 non è stato stanziato un euro dallo stato: mancano 5500 asili e Renzi ha messo sul piatto 100 ml di euro, ma solo per il 2015. Ma siamo anche il paese delle diseguaglianze: Presa diretta è andata a Perugia a seguire la storia dell'avvocato Cartasegna, il pensionato più ricco d'Italia.
Ex avvocato del comune, percepisce 651mila euro lordi di pensione all'anno.
Come è stato possibile? Negli ultimi anni prendeva uno stipendio da 1ml di euro l'anno, grazie a degli extra emolumenti concordati col comune, una sorta di percentuale sulle cause vinte. Questo spiega la pensione alta. Gli extra emolumenti erano stati contestati dall'Inps, ma l'avvocato si è rivolto al TAR e il comune non si è appellato alla sentenza. L'avvocato percepiva già un salario alto: 12000 euro netti, come dipendente di una amministrazione pubblica. La scelta del comune, gli extra emolumenti, è stata insensata: Gian Antonio Stella si chiedeva se il comune ne fosse consapevole? Li ha pagati i contributi? Nel pubblico alcuni enti hanno pure evaso: potrebbe avere pure non aver pagato contributi. E ora che i soldi non ci sono, cosa facciamo? Tocchiamo i privilegi acquisiti? L'occasione di Cottarelli è stata un'occasione mancata, dice Stella: è stato fatto fuori dalla burocrazia romana, che si sente intoccabile ancora oggi, nell'era renziana. Ma questo sarà tema della prossima puntata. Una sperequazione tra due italie. Quella che diventa sempre più povera e quella che continua a godere di diritti che non ci possiamo permettere.

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