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Presa diretta - ladri di calcio

Creato il 14 gennaio 2013 da Funicelli
L'impressione, guardando fino alla fine l'inchiesta di di Federico Ruffo e Alessandro Macina sul calcio scommesse, è che quanto è stato scoperto fino ad ora da magistratura (e raccontato dai giornali senza che la cosa susciti particalare interesse nel mondo sportivo), sia solo la punta di un iceberg ben più vasto.
Una struttura criminale che parte dalle combine in Italia (al momento sono coinvolti 94 giocatori, 35 squadre, mezza serie A e mezza serie B), dai soldi che i giocatori prendevano dagli "zingari" (Gegic e Ilievski), in banconote da 500 euro, pagate cash.
Per arrivare ad un gruppo di scommettitori nell'estremo est, a Singapore: una sorta di mafia del pallone che, scommettendo sulle partite (e investendo centinaia di migliaia di euro sui soldi dati ai giocatori) è arrivata, in pochi anni, a condizionare campionati in mezzo mondo, non solo in Italia. Forse, in Italia, hanno semplicemente trovato il terreno più fertile che in altri posti, visto che qui le partite si vendevano prima dell'arrivo di zingari e asiatici.
Un giro d'affari da 50 miliardi di euro.
Di cui si sa poco (del capo, Tan Set Eng, si ha una foto di 20 anni prima, manco parlassimo di Provenzano o Riina), e di cui si parla poco, anche all'interno del mondo del calcio.
Come possono i campionati andare avanti, dopo tutto quello che si è scoperto?
I giornalisti di Presa diretta hanno intervistato alcuni dei protagonisti di questa inchiesta: primo, quel Micolucci, difensore dell'Ascoli che dopo aver rivelato il mondo delle combine è diventato un traditore, "l'infame". E questo ci spiega quale livello di omertà circondi il mondo del calcio.
Anche lui è stato avvicinato dagli zingari, e comprato per 200000 euro.
Paoloni è stato portiere della Cremonese: la denuncia di un dirigenter sportivo, dopo Cremonese - Paganese quando alcuni compagni di squadra del portiere sono stati ricoverati per un malore, ha fatto partire l'inchiesta sulle partite vendute.
Paoloni ammette la combine ma nega l'avvelenamento, e parla anche dei suoi contatti con Erodiani, cui doveva dare delle soffiate su partite "sicure", per scommetterci sopra.
Dopo alcune dritte non andate a buon fine, davanti Paoloni si presentò, così racconta il portiere, l'ex giocatore del Bari Bellavista.
Uno degli uomini chiave del sistema, che aveva puntato su una delle partite indicate da Paoloni.
Le combine? Una cosa normale, lo sapevano tutti. Lo dice Micolucci, lo dice anche Doni, che Federico Ruffo è andato a trovare a Palma di Maiorca.
L'intervista al centrocapista dell'Atalanta, che si è preso tutte le colpe, la trovate qui, sul sito del Fatto quotidiano [http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/12/calcioscommesse-cristiano-doni-tutti-sapevamo/468004/]:

Cinque anni e mezzo di squalifica e due punti di penalizzazione all’Atalanta per responsabilità oggettiva. Tradotto dal gergo del processo sportivo, Cristiano Doni ha fatto tutto da solo, la società non sapeva ma non ha vigilato. E questo ha raccontato Doni ai magistrati dopo tre giorni di carcere. Voleva tornare in Serie A con l’Atalanta, aveva sentito nell’ambiente che Piacenza e Padova erano disposte a perdere, così aveva deciso di adeguarsi al sistema per favorire la “Dea”. Il Gip Guido Salvini non ci crede e lo scrive nell’ordinanza che porta in carcere Doni: “agiva per conto di imprecisati dirigenti dell’Atalanta”.
Chi siano, nessuno lo sa, anche perché Doni scopre molto presto di essere attenzionato e si regola di conseguenza. Dunque, per la giustizia l’Atalanta non sapeva. Solo che, a sbirciare dalle carte, si scopre che la società ha continuato a pagare lo stipendio a Doni fino alla fine del suo contratto, nel giugno scorso. 27mila euro al mese, nonostante arresto e confessione. Un caso unico, tutte le altre squadre coinvolte hanno bloccato qualunque pagamento ai calciatori confessi. La stessa Atalanta, con Andrea Masiello, imputato per fatti risalenti a quando giocava a Bari, ma in forza all’Atalanta quando confessò. Doni invece viene pagato per altri 6 mesi, perché? Lo troviamo a Palma di Maiorca, dove finisce ogni volta che viene accusato di aver combinato una partita. Qui ha giocato nel 2002, dopo la prima accusa di frode sportiva per Atalanta-Pistoiese, Coppa Italia 2001. Condannato in primo grado, fu assolto in appello, assieme a Zauri, Siviglia e all’attuale allenatore del Milan Allegri.

"Ho fatto tutto da solo" dice Doni: ma il sospetto, anche suffragato dallo stipendio che gli è stato corrisposto fino alla fine, è che abbia voluto coprire i vertici della sua società.
Che aveva tutto l'interesse di arrivare in serie A:

"Dettaglio non trascurabile, quello della Serie A, visto che Antonio Percassi, vulcanico imprenditore bergamasco ed ex calciatore dell’Atalanta, aveva comprato la squadra proprio quell’anno , quando era appena retrocessa. Nessuno della società risulta ad alcun titolo indagato o anche solo menzionato nelle carte. Di certo c’è che, bilancio 2011 alla mano, con quella promozione con le partite “comprate” da Doni, i diritti tv pagati ai nerazzurri sono saliti dai 2 milioni in Serie B a 17 milioni (per soli 6 mesi) in A; gli incassi dello stadio sono passati da 900 mila a 2,8 milioni di euro e gli sponsor da 2 a quasi 5 milioni. Totale fruttato dalla promozione: un gruzzolo da 38 milioni di introiti in più."
Si sapeva nell'ambiente che l'Atalanta aveva messo sul piatto dei soldi per arrivare in serie A, dice ai giornalisti Erodiani.
L'inchiesta sul calcio scommesse porta lontano: lo Sco (il servizio centrale della polizia), ha mostrato a Federico Ruffo uno schema, che parte dall'Italia e arriva a Singapore, dove ha sede questa struttura poco nota, di scommesse sui campionati internazionali. Scommesse fatte a suon di mazzette ai giocatori per perdere le partite.
Perchè "truccare le partite è la più redditizia delle truffe", dice uno dei vertici di questa struttura.
Per capire quanto sia vasta la ragnatela, i giornalisti hanno chiesto un aiuto alla SKS 365, l'unica delle società di scommesse online che ha collaborato con la magistratura, segnalando le partite che, a loro avviso, erano truccate.
Perché c'era una iniezione di soldi per le scommesse superiori alla norma, per partite di quel tipo.
Perché all'improvviso le quote calavano, segno che in tanti scommettevano su quel risultato.
Il fenomeno si sarebbe fermato nel 2012, da centinaia di casi, anche in serie A, si è passati ad un solo caso sospetto.
Ma la paura è che, passata la tempesta delle indagini e dei titoli dei giornali, tutto torni come prima.
E poi c'è un altro attore che, da tempo per suoi interessi, ha messo le mani sul calcio italiano: la criminalità organizzata.

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