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Pride: gay e minatori, coppia di fatto contro la Thatcher

Creato il 12 dicembre 2014 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Pride“Pride in the name of love” cantavano nel 1984 gli U2 nel celebre primo singolo estratto da un album storico, “The Unforgettable Fire”. “Pride in the name of love and job” possiamo dire per il film diretto da Matthew Warchus, che, guarda caso, è ambientato nello stesso anno.

1984, Londra. Un corteo di gay e lesbiche solidarizza con i minatori in sciopero contro i tagli della Thatcher. Iniziano quindi a raccogliere soldi per i “compagni” lavoratori e mettono su un vero e proprio movimento, i LGSM (Lesbians and Gays Support The Miners). Si stringono così attorno ad un villaggio del Galles abitato prevalentemente da minatori, i quali, dopo un’iniziale diffidenza, accettano l’aiuto, coscienti che l’unione fa la forza…

Diciamolo subito: Pride è un piccolo miracolo, un piccolo capolavoro, con un potenziale enorme. La brillante sceneggiatura di Stephen Beresford e la regia di Matthew Warchus sono un’accoppiata perfetta, di quelle che fanno scintille, che sanno dove far rifiatare il film e il pubblico, che sanno essere poetiche e divertenti, mai stucchevoli né eccessive. Pride è davvero un film “gaio”, cioè felice, allegro, brioso, colorato, con tanto di una pregevole cura filologica dei costumi e degli ambienti in pieno stile anni ’80. Pride riporta in auge la grande commedia inglese di quel lustro a cavallo tra fine anni Novanta e primi anni Duemila, quella de L’erba di Grace di N.Cole e Svegliati Ned di K.Jones. Di quel cinema riprende ed rende ancora più maestosi i paesaggi d’Inghilterra e Galles, con l’ulteriore merito di mostrarci la bella Gran Bretagna nel suo freddo e seducente splendore invernale.

Pur avendo a che fare con un tema delicato, Pride è un film garbato, da bollino verdissimo, un film per ridere tutti insieme appassionatamente e riflettere su un pezzo di Storia molto importante.

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