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Prima parte – L’olio extravergine di qualità

Da Ariannarossoni

*Articolo in due puntate*

Vi avevo anticipato che il prossimo articolo sarebbe stato sull’olio extravergine d’oliva, un prodotto di punta della gastronomia italiana, ma che spesso viene venduto a caro prezzo nei supermercati pur essendo di qualità mediocre.
Io amo il sapore dell’olio: mi piace che spicchi sulle verdure e sul pesce, e spesso condisco il primo piatto semplicemente con olio a crudo proprio perché preferisco un gusto “nudo” ai sughetti elaborati, pur se gustosi. Proprio per questo motivo mi piace provare diversi tipi di olio, comprando direttamente dal produttore -meglio se piccolo produttore. Per me che sono lombarda è una faticaccia trovare di volta in volta un olio buono: se lo prendo al supermercato (anche se bio) mi lascia insoddisfatta, e acquistare in internet è sempre un terno al lotto non potendone nemmeno sentire il profumo!
A maggio, mentre ero alla ricerca di qualcosa di nuovo, mi è stato fatto il nome di un produttore di olio marchigiano veramente *consapevole*: ho visitato il sito, e ho preso i contatti per fare un ordine.

Lui è Giorgio Tonti, e la sua azienda è quella dell’olio extravergine Colle Nobile. Prendendo accordi per l’ordinazione, Giorgio mi aveva invitata a visitare la sua tenuta agricola qualora fossi stata di passaggio nelle Marche. Guarda un po’, di lì a qualche mese io sarei stata in vacanza in Umbria, a meno di un’oretta di distanza da lui: ci siamo dunque organizzati per una visita, con la promessa che mi avrebbe spiegato le basi per poter distinguere un olio di qualità da un olio senza nulla di speciale o -peggio ancora- che si vende per quel che non è.

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L’azienda agricola di Giorgio è situata in provincia di Ancona, a 230 m sul livello del mare; è stata aperta nel 2000 dal padre, e da allora è sempre stata a conduzione strettamente familiare. Giorgio vi si dedica con passione e perizia: pensate che quando siamo andati a trovarlo (un sabato a mezzogiorno) era appena di ritorno dai campi, e quando dopo pranzo siamo ritornati ad acquistare l’olio per poi ripartire verso casa era ancora sul suo trattore a dare il rame agli olivi!
…il rame?! Vi starete chiedendo. Sì: gli olivi di Giorgio sono certificati biologici, e per evitare che vengono contaminati dalla cosiddetta mosca dell’olivo è necessario fare una prevenzione con trattamento al rame; quest’insetto è temutissimo da chi coltiva olivi: le larve si rintanano nella drupa delle olive, rendendole completamente inutilizzabili. Il regime biologico, non potendo usare pesticidi, non ha a disposizione molte armi qualora le piante fossero già infette, quindi deve procedere ad un’ampia prevenzione: il rame si è dimostrato essere molto efficace a questo fine.

L’olio prodotto da Giorgio è di cinque differenti monovarietali.
Un olio monovarietale (o monocultivar) è fatto con olive di un’unica varietà; ciascuna varietà di olio ha una sua unicità come sapore, colore, odore, composizione di nutrienti. Gli oli monovarietali hanno una forte personalità che descrive il territorio da cui provengono. Solo una piccolissima percentuale di oli prodotti in Italia è monovarietale, e questo ne fa già in partenza un motivo di pregio: solitamente l’olio viene fatto con più varietà di olive lavorate insieme.
Le varietà coltivate da Giorgio sono cinque: quelle autoctone marchigiane sono Rosciola dei Colli Esini, Raggia e Mignola, mentre Leccino e Frantoio sono originarie della Toscana e sono più diffuse sul territorio.

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A seconda della varietà di olive si potranno avere caratteristiche organolettiche differenti del prodotto, che dovranno essere tenute in considerazione per abbinare al meglio l’olio con le pietanze.
Giorgio giustamente ci ha fatto notare che l’Italia è un paese di intenditori del vino: abbinare un vino sbagliato a un piatto di carne o di pesce è un crimine che mortifica il gusto e lascia letteralmente l’amaro in bocca; la stessa cosa vale per l’olio, che non deve essere visto come un semplice condimento: un olio con le giuste caratteristiche è in grado di esaltare il gusto di un piatto, così come una scelta sbagliata può smorzare il gusto di un intero pasto.
Ad esempio, la varietà Mignola è caratterizzata da un aroma di frutta rossa matura e da una nota amara persistente che permette un connubio perfetto con piatti invernali, quali zuppe, legumi e carni rosse. Al contrario il Leccino, dalle note erbacee, è ottimo con piatti freschi, verdure crude, carni bianche e pesce.

Un olio extravergine può essere più o meno amaro al gusto in funzione della quantità di polifenoli contenuti: maggiore è la concentrazione di polifenoli, più amaro sarà l’olio (e meglio si sposerà con piatti decisi, come spezzatini, carne ai ferri, zuppe corpose di cereali e legumi). I polifenoli sono dei preziosissimi antiossidanti che servono all’olio per non irrancidire, e a noi per contrastare i processi radicalici alla base di numerose patologie.
Non a caso, più un olio è acido minore sarà la sua concentrazione di polifenoli: l’acidità è un parametro chimico che esprime gli acido oleico libero, ossia quel tipo di grasso monoinsaturo che viene facilmente attaccato dai radicali liberi, deteriorando l’olio. E’ normale che un olio ricco di polifenoli antiossidanti sarà anche meno acido.
E’ importante sottolineare che l’acidità di un olio è un parametro chimico, non gustativo: l’acidità di un olio non si avverte al palato, ma viene determinata da analisi di laboratorio. Per poter essere definito extravergine, un olio deve avere un’acidità massima di 0,8: gli oli di Giorgio non superano il valore di 0,2.
Bisogna tener conto che un olio può essere prodotto e commercializzato con un’acidità molto bassa, ma che una cattiva conservazione fa sì che si inneschino i processi di irrancidimento a discapito della sua qualità: nella prossima puntata vedremo anche come è bene conservare l’olio.

Da un punto di vista organolettico, la qualità dell’olio varia a seconda dei gusti personali: ad alcuni piace più piccante, ad altri più dolce, ad altri ancora amaro.
La qualità merceologica dell’olio dipende invece da diversi fattori: tra i tanti io vi parlerò della raccolta delle olive, dell’estrazione e filtrazione dell’olio, della conservazione.

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Una doverosa premessa: quando acquistiamo un olio accertiamoci che sull’etichetta non ci sia scritto “olio ottenuto da miscela di oli d’oliva comunitari (o non comunitari)”. Tale dicitura sta ad indicare che le olive non sono di provenienza italiana, bensì estera (Tunisia, Marocco, Spagna, Grecia). Purtroppo, un olio può essere sponsorizzato come “100% italiano” anche qualora le olive non fossero italiane: è sufficiente che la lavorazione e l’imbottigliamento avvengano nel nostro paese, ma questo non è sicuramente abbastanza per garantire la qualità del prodotto. Anzi.

Vi do appuntamento tra pochissimi giorni per spiegarvi come e quanto incidano le varie fasi di produzione di un olio extravergine sulla sua qualità!
Intanto vi do un consiglio: tra pochissime settimane (ottobre-novembre) si inizierà la raccolta delle olive per la produzione dell’olio nuovo 2013. Se volete fare un acquisto consistente di un buon extravergine, pazientate sino alle prime settimane di novembre per garantirvi un prodotto vitale e dal gusto intenso: quello ora in commercio è stato estratto -quando ci va bene- un anno fa, e tanto le sue caratteristiche organolettiche quanto quelle nutrizionali ne risentono al ribasso.

Al contrario del vino, l’olio non si arricchisce con l’invecchiamento: il miglior olio è quello nuovo; più si aspetta, più le sue qualità peggioreranno.

Giorgio Tonti – Azienda agricola Colle Nobile

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