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PRIMA SERATA: Venerdì 9 gennaio “Papillon” alle 23.30 su La7

Creato il 09 gennaio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Avventura /Carcerario – Francia/Usa, 1973 di Franklin J. Schaffner

con Steve McQueen, Dustin Hoffman

Considerabile come uno dei migliori film carcerari della storia del cinema da accostare senza esagerazioni accanto a La Grande Fuga, Fuga da Alcatraz e Stalag 17, Papillon (1973) è basato sull’omonimo romanzo del francese Henri Charrière, soprannominato “Papillon” a causa di un tatuaggio a forma di farfalla sul petto. L’uomo è condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha mai commesso e si ritrova a vivere in uno dei peggiori sistemi carcerario dell’epoca, ovvero in quello della Guyana Francese. Fin da subito il primo pensiero di Papillon sarà quello della fuga e del ritorno alla vita, anche se sembra praticamente impossibile evadere dall’Isola del Diavolo e anche se ogni tentativo può costargli anni di disumano isolamento forzato. Chi meglio di Steve McQueen per interpretarlo?

papillon

A sostenere economicamente ed emotivamente Papillon nei suoi tentativi di fuga c’è il suo amico falsario Louis Dega, interpretato da un controllatissimo e impeccabile Dustin Hoffman. Dega – per il quale Hoffman afferma di essersi ispirato al timido sceneggiatore Dalton Trumbo – pur essendo un “criminale” è in un certo senso più conservatore e ancora fiducioso nel sistema carcerario e nella società in generale. Egli nutre ancora la speranza che il mondo non li abbia incarcerati e abbia buttato la chiave per dimenticarsi di loro una volta per tutte e che non li releghi lì per rimuovere direttamente dalla circolazione uomini indesiderati perchè “non abbastanza condizionati” e perché “non stanno al passo”, per citare lo stesso Charrière. Papillon e Dega possono sembrare due tipi assoluti ma in realtà sono assolutamente vivi e vividi e con essi lo spettatore si ritrova dunque nel mezzo a parteggiare alternatamente per le scelte dell’uno o dell’altro, vivendo le rispettive esperienze contrastanti di paura e/o slancio vitale, fino alla scena dell’Isola del Diavolo dove si amplificano al limite massimo le opposte pulsioni e fantasmi. Nonostante tutto si tratta di una forte amicizia, di quelle non che si fondano sulla parola e la vicinanza costante (resa impossibile dalle circostanze carcerarie) ma sull’incontro di due esseri umani che si rispettano e cercano di aiutarsi a vicenda per rimanere tali in un ambiente creato appositamente per eliminare ogni traccia di umanità e vita, lasciando solo l’esistenza quando va bene, altrimenti neanche quella…

 
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L’incontro e scontro tra le fisicità e gli stili recitativi agli antipodi dei due grandi attori è davvero uno spettacolo che lascia senza parole in questa parabola di vita, o vita parabolica, diretta dal grande narratore di immagini Franklin J. Schaffner, la cui regia risulta curatissima e mai banale, a cominciare dai suggestivi interludi onirici di compensazione. Incantevole la parentesi muta degli indios “amici”, quasi un preludio in piccolo a quello che sarà La Foresta di Smeraldo di John Boorman, da contrapporre alla madre superiora, la quale potrebbe tranquillamente esser uscita da un incubo di Buñuel.

Papillon
Nell’immagine uno dei sogni del protagonista Papillon, dove un fantomatico tribunale nel nulla lo accusa di aver sprecato la sua vita

Da tralasciare lo sterile débat sulla veridicità dei fatti raccontati nell’omonimo libro autobiografico da cui il film è tratto: Papillon è un’opera che ha un inestimabile valore di per sé. E alla fine che le “gesta” autobiografiche raccontate dal vero Papillon in carne e ossa (che morì nell’anno in cui il film uscì e che collaborò attivamente ad esso) siano magari frutto anche di esperienze di altri suoi compagni di prigionia conta davvero poco.

Papillon non è un qualunque film denuncia e un grido di libertà che fa tanto anni Settanta. Si tratta di un film che possiede un qualcosa di universale perché capace di toccare corde epiche e simboliche, a partire ovviamente dalla stessa indimenticabile icona che Steve McQueen rappresenta.

Alessandra Graziosi


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