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Primo giorno Il risveglio a Los Angeles fa effetto.Fuori...

Da Alxcoghephotographer
Primo giorno

Il risveglio a Los Angeles fa effetto.Fuori...Primo giorno
Il risveglio a Los Angeles fa effetto.Fuori si sentono cantare degli uccelli decisamente sconosciuti per me. Pare di stare nella giungla!
Mi hanno smarrito la valigia, messa su un altro volo. Vabbeh, speriamo che oggi provvedano ad inviarmela.
Secondo giorno
Tutto risolto con la valigia!
Oggi prima giornata di gara. Ieri sera intorno alle 10 pm, ci hanno inviato la mappa. La location segreta non è più segreta. Saranno quattro strade che circondano la Think Tank Gallery, nel cuore del Fashion District, in Downtown.
Ho appuntamento con Eric Kim alle 10 am, alla fermata del metro Union Station. Da lì raggiungeremo insieme Fashion District.
Ammetto di essere emozionato e anche un pò nervoso. Non conosco Los Angeles, se non attraverso i telefilm che hanno accompagnato la mia infanzia negli anni ’80.
Eric Kim si è confermato la persona squisita e disponibile che si captava attraverso le nostre frequentazioni virtuali. Dotato di una tecnica incredibile, stile Bruce Gilden, in una mano la fotocamera nell’altra il flash. Un pò Gilden, un pò two cute dogs con tanta psicologia, incanta i soggetti che alla fine chiedono altre foto o comunque sono adulati da tante attenzioni fotografiche.
E’ bello aver incontrato tanti fotografi nella stessa area. Abbiamo discusso, fatto foto assieme, e mangiato in un bel ristorante un pasto ricco e abbondante.
Non solo fotografi realmente dotati di talento ma soprattutto persone squisite. In questo primo giorno porto a casa un invito a pranzo (Susan Catherine Weber), un passaggio e un presente (Eric Kim) e splendide ore passate a scattare foto nell’area di Fashion District: la gente a parte qualche eccezione reagisce splendidamente a tutto vantaggio del nostro fotografare.
In serata, sono andato finalmente a Hollywood ed è come me lo sono sempre immaginato. In realtà mi sto accorgendo rapidamente che gli USA sono davvero quello che vediamo da sempre al cinema, nelle letture, nei documentari.
Sono entusiasta di questo primo giorno e domani Venice Beach! Che lo spirito di Garry Winogrand mi assista!
Terzo giorno
Venice Beach: quante volte l’ho sognata nella mia vita. Vista così tante volte nei telefilm degli ’80 e ’90  che mi sembra di conoscerla da sempre
La mattina al risveglio ricordo ancora la pizza che non era affatto male bagnata con dell’ottima guinness, che abbiamo mangiato ad Hollywood la sera prima.
La prima tappa della giornata però è al Paul Getty Museum dove abbiamo ammirato le opere di Walker Evans. Siamo agli albori della street photography, straight photography nello specifico.
Il lavoro di Cuba è impressionante. Alcune opere fanno parte di me ormai, talmente sono le volte che le ho ammirate, studiate, invidiate e finalmente assimilate.
Il museo è incredibile e possiamo ammirare anche il lavora di Alberto Korda, più noto come il fotografo del Che.
I nostri occhi si arricchiscono poi delle immagini della revoluciòn cubana. El Che di casa negli States: chi l’avrebbe mai detto! La mia golosità viene anche rapita da una hasselblad che vedo penzolare dalla spalla di una ragazza. E’ francese, ci dice e parliamo un pò. Che gran macchina la hasselblad che volendo (e potendo, pagando 20000 euro) si converte da analogica in digitale. La voglio!
Poi le mie atenzioni sono per le Diana e tutte le toy cameras in vendita al negozio del museo: prezzi che partono da 50 dollari e arrivano a 120 per la versione biottica.
Venice Beach si conferma davvero quello che mi aspettavo: un luogo mitico in cui artisti, esibizionisti, freakers, rappers a caccia di notorietà, belle ragazze e pattinatori si danno appuntamento in un caleidoscopio umano incredibile.
Scatto foto a tutto andare. Ammetto di faticare un pò: è talmente tanta e varia la gente che mi sento frastornato. Non è facile, da un momento all’altro, senza conoscere bene il luogo cogliere tante situazioni così diverse, ma alla fine credo che qualcosa di buono sia riuscito a fare.
Ed è successo anche quello che proprio non mi aspettavo: intervistato in un documentario, mi sono ritrovato a parlare di fronte ad una telecamera del mio lavoro e alla fine mostrarmi anche in azione!
Quarto giorno
Giornata all’insegna del riposo, si fa per dire. Comunque trascorsa perlopiù in casa, a parte un’uscita rapida a comprare delle cose. Una sessione di lightroom si impone se non mi voglio impazzire dopo.
In generale al momento credo di aver realizzato qualche buona foto e molte da buttare. Qui la mia capacità realizzativa si è abbassata. Credo sia normale in queste prime giornate d’ambientamento. Ho bisogno di foto che spaccano di più se voglio davvero dire la mia qui.
Stasera sono ospite di Susan Catherine Weber nella sua casa. C’è qualcuno che inizia a sospettare che sia venuto qui per mangiare piuttosto che scattare foto. Come posso smentirlo?
Postate un paio di foto fatte a Hollywood con coniglietta sexy annessa su flickr. in cui la mia propensione alle “code” viene fuori in tutta la sua evidenza.
Beh, adesso vado a prepararmi che st’americani cenano davvero presto!
Quinto giorno
La cena a casa di Susan è stata davvero piacevole. Un pasto a base di pollo e verdure, condito da tanto argomentare di fotografia, ma ovviamente anche di altro.
La sua casa è incredibile, sembra una galleria d’arte: una sedia dipinta, tantissimi quadri, oggetti particolarissimi e naturalmente fotografie. Immensa la sua collezione di libri fotografici, da Erwitt a Manuel Alvarez Bravo, da Robert Frank a Dorothea Lange...
E quando mi hanno presentato le due ragazze, oh wow! Una yashica e una rolleiflex lì davanti a me in tutto il loro splendore!
Ad un certo punto poi ci ritroviamo a commentare le immortali immagini di Helen Levitt su un libro. Street Photography fatta con il cuore, realmente tesa verso il momento e che ora da certi commentatori da forum sarebbero letti come errori fotografici.
Stamattina Susan mi viene a prendere alle 8. Nuova giornata al Fashion District nel block deputato alla gara.
Quinto giorno (in mezzo alla giornata)
Susan è stata puntualissima: generalmente gli americani lo sono. Giornata che inizia con una leggera pioggerella che ci fa temere un poco.
La luce a tratti è pessima, ma le nuvole non sono così malaccio e spesso fanno il mio gioco. Lavoro con il flash.
A quest’ora del mattino i negozianti iniziano la giornata e per noi diventa più semplice rispetto al fine settimana. Siamo solo io e Susan ed è un bel lavorare. Poca gente, migliori situazioni, maggior tempo di pensare e cercare situazioni realmente street, maggiormente ambientate.
Si scatta, ci si ferma a parlare con la gente, molta della quale incuriosita dal nostro vagare e fotografare. Ci sono buone vibrazioni nell’aria e la sensazione è di stare facendo qualche buona foto.
Nel cammino ci imbattiamo in uno dei fotografi selezionati per questo evento. Parliamo e ripartiamo.
Il luogo deputato mi sta stretto ma di foto se ne fanno. Parlo in inglese, maggiormente in spagnolo. E non mancano gli entusiasti di sentire che sono italiano.
La gente è amabile, e il fermarsi a parlare viene naturale.
Poi le eccezioni ci sono sempre. Un black man si pone in maniera rude nei confronti di Susan. Cerca di strapparle la fotocamera di mano, asserisce che non può fare foto perchè quello è un luogo privato.
E’ in realtà suolo pubblico, c’è solo una sedia del tipo che non sente ragioni, inizia a farfugliare che stiamo fotografando solo gente nera e latina. Susan espone con calma le sue ragioni, che noi fotografiamo la varia umanità senza distinzioni di razza o classe sociale, che io sono latino. Gli chiede anche scusa se in qualche modo l’ha offeso e che non era sua intenzione.
Lui grida che quella è Downtown. L.A., Susan ribatte chiedendo se sono sempre gli Stati Uniti. Tira fuori un documento dell’IPA sui diritti dei fotografi per la strada. Il tipo neanche vuole vedere.
Susan si allontana, evidentemente infastidita. Provo a parlare al signore, ma non è cosa. Provo a mostrargli una foto di una ragazza, bianchissima. Niente da fare. Vorrei dargli una card dell’evento del 13 ottobre al Downtown Art Walk. Alla fine desisto.
Ci tengo a sottolineare che in alcun momento ho temuto qualcosa. Ero molto tranquillo, anche perchè ancora non sapevo che Susan aveva rischiato la sua fotocamera.
Non è mia intenzione alcuna spaventare nessuno, nè gli amici e i parenti che mi leggono nè coloro che sono interessati a praticare questo genere fotografico. Bisogna sempre stare in guardia perchè il pericolo può venire in ogni istante.Io credo che il buon senso e un minimo di psicologia possa aiutare, anche se questa non è un’assicurazione che niente ti possa accadere.
L’umanità è varia. A riprova di ciò dopo neanche cinque minuti conversiamo amabilmente con un signore messicano, originario di Michoacan. Mi fa anche un gran complimento quando mi dice che la mia pronuncia dello spagnolo è davvero buona.
Sono davvero soddisfatto di questo secondo giorno in Fashion District, convinto che ora abbia già materiale finalmente interessante da selezionare in ottica competition.
E domani si replica.
Sesto giorno
E invece non si replica. A Los Angeles sta piovendo!
Saltano tutti i programmi per oggi. Poco male perchè devo lavorare le mie foto e iniziare a pianificare il progetto che mi condurrà a selezionare i tre scatti richiesti.
Lavoro tutt’altro che facile perchè il peggior giudica che abbia mai conosciuto in vita mia si chiama Alex Coghe. Credo che la scelta debba ricadere su tre immagini che siano accomunate da un evidente filo conduttore. Ho già in mente qualcosa, perchè le foto che ho fatto stanno delineando la strada da percorrere. Ovviamente non posso rivelare nulla qui per evidenti ragioni di opportunità.
La notizia del giorno è che rimarrò a Los Angeles fino al 17 ottobre. Sarò dunque presente, contrariamente a quel che pensavo, alla serata evento del 13 ottobre, in cui tutti i fotografi partecipanti si ritroveranno nello stesso luogo, nel corso del Downtown Art Walk.http://feeds.feedburner.com/AlessioCogheStreepher

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