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Processo Ruby, attesa la sentenza d’appello. Si punta sull’induzione

Creato il 17 luglio 2014 da Nicola933
di Roberta Miele Processo Ruby, attesa la sentenza d’appello. Si punta sull’induzione - 17 luglio 2014

BerlusconiDi Roberta Miele. Tic tac tic tac tic tac… Mancano meno di 24 ore alla sentenza in appello del processo Ruby. Sono ore concitate per Silvio Berlusconi. Il procuratore generale Piero de Petris ha chiesto la conferma di condanna a 7 anni di reclusione, di cui 6 per concussione per costrizione e solo uno per prostituzione minorile, cui si aggiungono 7 di interdizione legale e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La seconda Corte d’Appello di Milano, presieduta da Enrico Tranfa, con Concetta Lo Curto e Alberto Piccinelli giudice a latere, si chiuderà in camera di consiglio per decidere. Si vocifera un eventuale dimezzamento della pena.

La questione si aggira intorno alla concussione, considerata “per costrizione” in primo grado con la conseguenza di inflizione di 4 anni di reclusione più due anni di aggravante; così, Berlusconi è l’unico soggetto agente, mentre il capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni è una vittima. Se l’imputato fosse condannato “per induzione”, il capo di gabinetto sarebbe complice.

Per i legali Coppi e Dinacci, sostituti della coppia fallimentare Ghedini-Longo, “non c’è stato alcun fatto intimidatorio né costrizione”; la telefonata è stata solo una segnalazione e seppure la questura avesse agito per timore reverenziale verso l’ex presidente del Consiglio, la costrizione non sussisterebbe. Addirittura il Fatto Quotidiano si è schierato per la prima volta con gli avvocati che “per una volta non hanno tutti i torti: la condanna di primo grado nel caso Ruby non sta in piedi. Se la pena fosse ridotta in appello non sarebbe uno scandalo”. La scelta di optare per la costrizione mirerebbe a salvare la Questura da ogni accusa; De Petris sostiene che i funzionari si erano accorti fin da subito che Ruby non era la nipote di Mubarak, ma fecero finta di niente per lo stato di costrizione. Per il Fatto la tesi è debole.

In effetti, nonostante sia stata chiesta l’assoluzione per insussistenza del fatto, la speranza è la riduzione fino al dimezzamento della pena in base alla legge Severino 190 del 6 novembre 2012 sull’anticorruzione e della successiva sentenza 3251 del 5 dicembre 2012 della sesta sezione penale della Cassazione. Se i giudici decidessero per l’induzione la pena andrebbe dai 3 agli 8 anni di reclusione, anziché da 4 a 12 per la costrizione, aumentata dalla suddetta norma.

Come è facile intuire, la calma nelle file di Forza Italia è solo apparente. Berlusconi ha assicurato l’appoggio a Matteo Renzi per la continuazione del processo riformatore; la mancanza dell’accordo porterebbe alla totale esclusione dei forzisti dalle scene e l’approdo al confronto con i 5 stelle sarebbe avallato. Ciò che “massimamente indigna” l’imputato è il comportamento dei suoi: paradossalmente alcuni forzisti, secondo alcune fonti, sperano che domani le cose vadano male, così il patto del Nazareno andrà all’aria. Di certo una sentenza di condanna aumenterebbe le difficoltà delle trattative sia sull’Italicum che sulla riforma del Senato.

Risaputo malpancista è il senatore Vincenzo D’anna, tornato a parlare tramite il Corriere della Sera e Il Mattino. “Questa è una riforma liberticida che, in assenza di leader di centrodestra che possano battere il Pd, rischia di consegnare alla sinistra il Parlamento, il Quirinale, due terzi della Consulta, un terzo del Csm”, ha asserito, “Avere paura della galera è normale. Però non è che per questo si può condannare un partito all’eutanasia”. D’Anna ha tenuto due riunioni con il presidente, nella seconda è stato fatto esplicito la necessità di rimanere tra i protagonisti delle riforme, ma così si sta in un “regime” e non vuole “la resa di Forza Italia”.

A domani con la resa dei conti, prima della Cassazione ovviamente.


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