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Processo Thyssen: "omicidio volontario"

Creato il 16 aprile 2011 da Mi7ch85

Accolte le richieste della Procura, riconosciuto il «dolo eventuale».
Guariniello: «Una svolta epocale». L'azienda: «Scelta incomprensibile».

Thyssen
È la notte del 6 dicembre 2007, quando un violento rogo divampa all’interno dell’acciaeria, in corso Regina Margherita: da una vasca fuoriesce una quantità di olio bollente in pressione, che in pochi attimi sviluppa un incendio. Non è la prima volta che accade: un episodio simile, senza vittime, si era già verificato.
Gli operai vengono travolti dal fuoco. Un lavoratore muore dopo pochi minuti, altri sei perdono la vita nei giorni successivi. Si chiamano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone, Roberto Scola.

Il processo è lungo e segnato da molti colpi di scena. Da una serie di testimonianze, emergono carenze nel sistema di sicurezza. A scatenare le polemiche sono soprattutto i legali dell’azienda quando indicano possibili "colpe" degli operai nel rogo dell’impianto. Salvo poi smentirsi: alle vittime non sono imputabili responsabilità precise, sottolineerà poi la Thyssen.

Dopo una serie di ulteriori sedute, e diversi rinvii, inizia la requisitoria dei pm: Guariniello chiede 16 anni e mezzo di reclusione per Espenhahn, 13 anni e 6 mesi per quattro dirigenti, 9 anni per il quinto. La difesa chiede invece assoluzione piena per tutti gli imputati. Fino all’epilogo di ieri sera.

Alla lettura della sentenza, in un’aula stracolma, i parenti applaudono con la forza che libera da un incubo, si stringono in abbracci, qualcuno piange, qualcuno resta immobile, quasi impassibile, uno si sente male e lo adagiano su una barella. Tutti ringraziano il pm Raffaele Guariniello che sulla sentenza è lapidario. «Deve fare sperare i lavoratori - dice - e far pensare gli imprenditori».

«E' una svolta epocale, non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale», ha detto il pm Raffaele Guariniello mentre l'aula accoglieva la sentenza con un applauso. Una condanna - ha detto - non è mai una vittoria o una festa. «Però questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Credo che da oggi in poi - ha concluso - i lavoratori possano contare molto di più sulla sicurezza e che le imprese possano essere invogliate a fare molto di più per la sicurezza».

Via | La Stampa


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