Riporto di seguito uno stralcio
dell’intervista al ministro Profumo rilasciata al Messaggero il 15
gennaio 2012 e condotta da Carla Massi.
(...)
A proposito, lei ha detto che vuole contribuire a costruire un paese normale. Che vuol dire?
«L’ho
detto, per esempio, a proposito dei concorsi che devono tornare nel
mondo della scuola. Come si sa, è dal 1999 che non ne viene bandito uno.
Bisogna ritrovare i meccanismi di regolarità anche per il reclutamento
dei docenti».
Che significa?
«Fare concorsi almeno ogni due anni.
Permettendo l’accesso sia ai precari, oltre 200mila in graduatoria, sia
ai giovani, ventimila, che si sono preparati per fare gli insegnanti».
Quindi il prossimo concorso quando sarà?
«Nell’autunno
di quest’anno. Potranno accedere anche le nuove leve, altri ventimila,
che quest’anno seguiranno i tirocini formativi attivi».
I precari non saranno d’accordo, aspettano da tanto tempo...
«Dobbiamo
dare la possibilità di accesso sia a chi è più grande sia ai giovani.
Questi ultimi non possono sempre essere lasciati indietro. La scuola
chiede anche docenti con età più vicina a quella dei ragazzi».
Già, lei ha notato che i prof sono troppo grandi. Vero?
«L’età
media è alta, è assolutamente necessario immettere forze nuove. La
scuola ha bisogno di un organico vicino alla cultura dei più giovani».
Ogni anno vanno in pensione almeno venticinquemila professori, dopo il decreto sul fine carriera i numeri saranno gli stessi?
«Stiamo facendo una ricognizione, potrebbero essere anche un po’ di più».
Lei, negli ultimi giorni, è andato a sedersi nei banchi di scuola tra i ragazzi. Che effetto le ha fatto questa nostra scuola?
«Sono
tornato di nuovo tra i banchi di formica verde. Davanti a me la lavagna
e l’insegnante che, in piedi, spiega. Mi sono reso conto che, da questo
punto di vista, non è cambiato nulla dagli anni Sessanta. Non è
possibile! Basta con le lezioni frontali».
Le lezioni frontali?
«Andrebbe
cambiata la disposizione nelle classi, è d’altri tempi il prof in fondo
alla stanza davanti alla lavagna. Suggerisco anche di evitare di far
stare gli stessi ragazzi per anni insieme. Meglio mescolare i gruppi,
cambiare, spostarsi, affrontare nuove situazioni».
Ma che effetto le ha fatto questa scuola italiana?
«Un
bell’effetto, ci sono grandi competenze e, nella maggior parte dei
casi, si lavora sodo. Forse c’è bisogno di impegnarsi più sull’analisi
critica che sulle nozioni. Quanti sanno che solo il 20% del sapere dei
ragazzi arriva dai banchi di scuola?». (...)
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