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Prospettive. I Fotografi che hanno fatto la storia. Omaggio di parole a Jan Saudek

Da Wsf

“Se una fotografia non racconta una storia non è una fotografia. Forse è la storia di tutti i nostri pensieri, quelli che diventano pubblici e sfidano i luoghi comuni e quelli che per pudore restano confinati”.

J.Saudek

Curr-10

Jan Saudek non lascia indifferenti. Causano o rifiuto viscerale o apprezzamento incondizionato. Nato a Praga nel 1935, Saudek è considerato uno dei principali artisti cecoslovacchi contemporanei. L’infanzia di Saudek è segnata dalla deportazione della famiglia di origini ebraiche nel campo di concentramento Terezín, dove moriranno alcuni dei suoi fratelli.

Nel 1958 sposa Marie che gli regala la prima vera macchina fotografica: una Flexaret 6×6. Nel 1963, ispirato dai lavori Edward Steichen e dal catalogo della famosa esposizione da lui curata The Family of Man, decide di diventare fotografo professionista. Nel ’69 si reca per la prima volta negli Stati Uniti, dove il curatore dell’ Art Institute of Chicago, Hugh Edwards, lo incoraggia a continuare nella professione di fotografo e all’università di Bloomington-Indiana, inaugura la sua prima mostra personale. Tornato a Praga, è costretto a lavorare in uno scantinato per evitare il controllo della polizia. Se le prime fotografie di Saudek sono stampate in bianco e nero o virate seppia, verso la metà degli anni Settanta, il fotografo inizia a colorare ad acquerello le sue stampe in bianco e nero, dando vita ad uno stile particolare ed inconfondibile.
La figura umana nelle sue crude bellezze o oscene verità, legata all’invecchiamento, agli affanni della vita e della morte attraversa paesaggi onirici da sogno o da incubo. Saudek con un linguaggio diretto e pieno di carica sensuale racconta la bellezza dell’imperfezione . Donne obese o molto magre, con smagliature, cellulite e seni cadenti. Grazie al suo stile diventa uno dei primi fotografi cechi ad essere conosciuti in occidente,anche se ciò fu fonte di diversi problemi con le autorità comuniste del suo paese. Quello che è indiscutibile è l’originalità della proposta fotografica. Il desiderio di ritrarre un mondo diverso, il radicalismo estremo delle sue idee.

romeo

Zdena

Gli occhi no
tradiscono sempre
come il tetto di questa casa
quando piove.
E’ troppo facile, quando piove.

(inedito di Romeo Raja 2014 per WSF)

fabio

LA STRANA NOTTE

Quando passo è già tardi,
della tua cena gli avanzi,
briciole su tovaglie sdrucite
tessute altrove
per celebrare avventi,
impreziosire eventi,
sedurre amanti
transitati senza impronte
per le tue notti,
mentre il tempo mi perdeva
in sfumature seppia dei miei luoghi incolti,
dove tu passeggi ora
e la mia forza per coglierti
è un epitaffio
inciso sulle palpebre

(Fabio Bosco inedito per WSF)

elisa

Tana! Tana! Tana!

Tana! Tana! Tana!
Ho trovato il nodo della matassa
mi attanagliava la gola, immobile

forte del mio volerlo ignorare, ad ogni costo
forte del mio essere debole in fondo
- perché non bastano i ringhi per essere forti
non basta un’anima, non basta il cuore
la pelle deve essere rovinata e ruvida -
i sentieri devono essere percorsi, sterrati
l’asfalto consumato e le luci spente
- sarà giunta l’alba oppure la fine
dell’ennesimo sentiero notturno.

Tana! Tana! Tana!
E’ stato trovato lo squarcio nelle mura di difesa
sono crollate per incuria delle guardie,
hanno ceduto al vento che le batteva insistente!
Quale stupidità, così solide e forti
e solo il vento è riuscito a distruggerle!
Il colpevole torna sempre nel luogo del delitto
e graffia ancora le mura accasciate al suolo

implorano pietà e la fine, non riescono a capire.

Coriacea la pelle, sembrava una buona difesa
avrebbe dovuto attutire la lama che affonda piano,

invece

Tana! Tana! Tana!

E’ stata trovata la dolcezza nel frutto acerbo
nonostante l’acido e le spine che corrodono
e lacerano il viso, ingordi ne mangiamo
restando in questi attimi che vagano
seguendo traiettorie stupide, drogate.

Attimi.

Tana. Tana. Tana.

(Elisa Clementi)

 

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Le nostre donne

Avreste dovuto assistere anche voi
con quale morbosa innocenza
e dolcissimo ardore
l’anziano seduto sul treno di fronte a me guardasse
la perfezione inutile
del corpo della avvennete pendolare.
Avrei voluto dirgli,
tenendogli le mani grosse di lavoro:
«Sono certo che tua moglie è più bella,
sono sicuro che lei non apre lo specchio tre volte all’ora,
che l’unico trucco a sbavare è il pianto quotidiano,
che i seni non sono alla ricerca di sé stessi.
Sono certo – continuerei –
che la tua donna le nostre donne
esprimono una dolcezza più grande:
questa ci attrae (ce ne masturberemo)
ma innervosisce, e poi ha le rughe sull’anima,
sfiorisce petali a ogni mano sui capelli».

(Simone Di Biasio, da “Assenti ingiustificati”, Edilet 2013)

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