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Prossime elezioni a Roma nel 2048! Ecco perché la diarchia Gabrielli-Marino va nella giusta direzione: un commissariamento pesante e duraturo

Creato il 29 agosto 2015 da Romafaschifo
Prossime elezioni a Roma nel 2048! Ecco perché la diarchia Gabrielli-Marino va nella giusta direzione: un commissariamento pesante e duraturoL'assunto è che Roma non può essere governata da chi è scelto dai romani e non può essere governata da chi, alla fine del mandato, deve poi chiedere agli stessi romani una riconferma. No way.

Il livello di degrado morale, umano, intellettuale e culturale della città è infinitamente più grave perfino del livello di degrado urbano e determina l'impossibilità del funzionamento di una democrazia compiutamente intesa. L'interesse particulare e il tasso emergenziale di ignoranza travalica a tal punto l'interesse pubblico e il concetto di bene comune da rendere insensato un processo ordinario. Gli interessi, i gruppi di pressione, la criminalità, le mafie sono così radicate, presenti, connaturate, inserite nel dna anche di chi propriamente mafioso non è  (si pensi al tasso di omertà dei romani, che fa spavento, come fa spavento l'aggressività quasi sempre dovuta al rapporto malato tra romani e automobile) sono capaci ormai di spostare un'enorme quantità di voti e di condizionare qualsiasi consultazione elettorale. Ne deriva che elezioni non debbono svolgersi. Se ne riparli tra qualche decina d'anni.

Attenzione, non è una novità. Le altre due grandi capitali occidentali con le quali per vocazione, ruolo, peso culturale e appeal economico Roma dovrebbe confrontarsi (stiamo parlando di Parigi e Londra, non di Varsavia e Lisbona, al livello delle quali neppure siamo e aspiriamo di arrivare) hanno avuto per anni una situazione simile. Nessuna democrazia di modulazione comunale, bensì una nomina governativa di un 'commissario' che per conto dell'esecutivo centrale - che in quelle città ha sede - pensava all'amministrazione. Il Comune della Grande Londra e il Comune di Parigi sono istituzioni recenti (si pensi che Anne Hidalgo è il quarto sindaco di Parigi, Boris Johnson è il secondo sindaco di Londra!), negli anni in cui queste città hanno costruito la loro leadership europea e mondiale chi le amministrava non doveva stare a preoccuparsi più di troppo del consenso di quartiere. Anche perché quando amministri una città come Parigi o come Londra (ma anche come Roma, per come vediamo Roma noi) la tua visione deve essere globale, transnazionale, prospettica. Non puoi preoccuparti di dover poi ottenere il voto da quei cittadini che non vogliono il parcheggio interrato, da quei cittadini che considerano "speculazione edilizia" qualsiasi sviluppo urbanistico, da quei cittadini che occupano case e tu perdi consenso se li riconduci alla legge, di quei cittadini infastiditi dal cantiere della metropolitana e così via. 

Ne abbiamo avvisaglie anche a Roma, perfino in questi terribili anni. Ci sono degli assessori, ad esempio, distantissimi da qualsiasi meccanismo del consenso romano. Gente che non ha preso il becco di un voto a Roma, che non ha probabilmente bisogno di prenderne in passato, che fa altro nella vita e che non deve costruirsi il proprio bacino di consenso. Ed è questa l'unica gente che fa bene e che si comporta con una logica razionale in linea con le buone pratiche globali. Prendi Marta Leonori, che è stata l'unica assessora al Commercio che dopo decenni sta mettendo mano allo sterco dell'ambulantato romano, che sta mettendo mano allo sterco della cartellopoli romana. Mondi che spostano alcuni miliardi (miliardi, non è un errore di battitura) di euro ogni anno, che pagano le campagne elettorali a decine di consiglieri comunali e che proprio per questo sono stati liberi di divorarsi la città. Alla Leonori quei soldi non interessano, non deve fare la campagna elettorale nel 2018 per diventare consigliera comunale nella fogna dell'Assemblea Capitolina, viene da altri universi e aspira ad altri universi e dunque ha maggiore margine di manovra. Prendi Guido Improta, un signore di ottima famiglia che ha fatto il gran commis, che ha studiato, che ha una carriera credibile e che non è un disperato (pensiamo, con tutto il rispetto, agli assessori che l'hanno preceduto: Sergio Marchi, Antonello Aurigemma...) che ha come sua massima aspirazione una poltrona in Consiglio Comunale a 1200 euro al mese da utilizzare magari come merce di scambio col Buzzi di turno. Ecco perché Improta (sebbene impallinato dal TAR) ha proposto misure impopolari come l'aumento delle strisce blu e l'eliminazione dei dannosissimi abbonamenti, l'area C che speriamo venga implementata presto e quant'altro. Nessun individuo che avesse dovuto sottostare all'elettorato romano avrebbe osato, perché a Roma c'è un elettorato così di bassa lega che qualsiasi misura volta a migliorare la città chiedendo un piccolo sacrificio privato per un grande beneficio comune viene considerata un sacrilegio dai sottosviluppati e arretrati mentali che poi si recano alle urne. 

Lo stesso Ignazio Marino è stato capace di grandi discontinuità (seppur in una azione amministrativa discontinua, poco lucida, mal comunicata) proprio perché nato e cresciuto politicamente lontano dalla città e imposto dal partito come una sorta di "commissario democratico" per mancanza di alternative che volessero venire a farsi massacrare in una città ridotta allo stremo da i debiti di Veltroni e lo scempio inaggettivabile di Alemanno. Grazie (anche) a Marino la pax mafiosa che teneva buona la città è saltata in aria e tutto ha smesso di funzionare in virtù di un vasto boicottaggio che interessa aziende, uffici, dipartimenti che grazie a questa pax galleggiavano nelle ricchezze del malaffare e della corruzione. La città (e la sua ridicola stampa) è imbufalita con Marino e questo è soltanto buon segno: deve essere così.

La città, sgovernata da sempre (quale è stato l'ultimo sindaco vero? Forse Ernesto Nathan? Beh, sono passati oltre cento anni), ha oggi bisogno di interventi a tal punto impopolari e così massicciamente e radicalmente contrari al comune sentire dei 'cittadini' (arduo definirli così) che un processo democratico per la scelta di chi amministra è assolutamente inadeguato, utopistico, velleitario. Unfit. 

E se questo processo ha fatto danni fino ad oggi (sia in questa che nella scorsa consiliatura i recordman di preferenze in consiglio comunale sono finiti agli arresti: ergo la gente va a votare indicando sulla scheda, per motivi di clientela e di ignoranza, i cognomi di criminali), può fare ancor più danni in futuro. Più si rafforza il contesto di degrado e di disagio, più aumenta la presa del populismo spiccio (si pensi al successo di Alfio Marchini che riesce a partecipare al dibattito civico da protagonista senza aver, in due anni, fattoci capire come la pensa su almeno una delle grandi partite di governo della città) e dell'antipolitica (voto in massa per i Cinque Stelle, non perché siano o non siano in gamba, ma semplicemente perché sono Cinque Stelle). Alle prossime elezioni (e così alle prossime ancora) il risultato non potrà che essere, in virtù di un errato sistema elettorale basato sullo scempio delle preferenze, peggiore che in passato. D'altronde cosa pensate che potrà votare il cittadino che scarica materassi a fianco dei cassonetti, il cittadino che parcheggia sulle strisce pedonali per risparmiare i pochi euro delle strisce blu, il cittadino che entra di soppiatto in metro per evadere il ticket, il cittadino che occupa una casa popolare o che entra contro mano in ztl per eludere le telecamere, il cittadino che ignora il fatto che la propria città è scarnificata dalla mafia e invece si mobilita perché il prefetto divide la curva allo stadio? O il cittadino che, vedendosi contestata qualsiasi infrazione, risponde che "i problemi sono altri"? Potranno mai esprimere dei rappresentati di qualità? 

I romani, insomma, se lasciati andare alle urne non possono far altro che farsi del male da soli ancor più di quanto non abbiano fatto negli ultimi 45 anni. Ecco perché la strada indicata dal Governo è quella corretta, seppure ancora incompleta e operante nell'ambito della legislazione ordinaria (non c'è nessun commissariamento, se non blandamente politico). Roma dev'essere amministrata da personalità selezionate dall'esecutivo centrale (non sarebbe male se straniere, provenienti dall'estero). Lontane dalle logiche della città, lontane dagli interessi della città, sconosciute alle lobbies della città e ignote ai cittadini. Roma deve essere amministrata da personalità che non debbano poi costruire a Roma il loro consenso e il prosieguo politico della loro carriera, grandi dirigenti pubblici la cui carriera non deve dipendere dal giudizio dei cittadini romani che, anzi, deve essere profondamente negativo. Quello sarà il termometro. I romani si sono da tempo adeguati, assuefatti e abituati ad uno stato di cose inacettabile, sono diventati cattivi, aggressivi e profondamente stupidi pur di sopravvivere in uno zoo chiamato città che non ha paralleli a livello globale, ne deriva che più i romani saranno scontenti, più significa che questa azione di cambiamento sarà efficace e ben congegnata. 

Se il Governo vuole bene a Roma deve pensare ai suoi cittadini come tanti tossicodipendenti in fase di avanzatissima decomposizione cerebrale (e fisica), si tratta di decidere: lasciare che si suicidino continuando ad assumere stupefacenti o provare a rinchiuderli in una comunità specializzata per salvare loro la vita? Chi viene rinchiuso in comunità si ribella, schiuma, si arrabbia, vuole uscire, detesta chi lo sta aiutando considerandolo un carceriere. Questa deve essere la reazione, se la cura sarà davvero somministrata in maniera coraggiosa.
Questa cura non può essere somministrata da chi poi deve chiedere una riconferma al paziente, è del tutto evidente. Cantone, Gabrielli, Scozzese (magari con l'aggiunta di qualche personalità più consapevole di problematiche amministrative, pensiamo a Walter Tocci o a Umberto Croppi e con una serie di assessori - ne abbiamo citati un paio prima - che allo stesso modo provengano da ambiti distanti dal corpaccione marcio della città) sono personalità che dovrebbero amministrare la città non nei prossimi anni, ma nei prossimi decenni. Con poteri però differenti da quelli dell'attuale sindaco, totalmente privo di reali leve di comando. Sospendendo tassativamente la democrazia in città e pianificando il ritorno alle urne non nel 2018, ma nel 2048. A patto che a quell'epoca la città sia tornata a parlare la stessa lingua degli altri grandi sistemi urbani europei e occidentali. Ne va del futuro dell'Italia, se non lo si fosse capito. 

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