Pubblicato da robertorossitesta su giugno 12, 2012
Sono quasi le sette di sera, la giornata di lavoro sta finendo. Ma come al solito nel Gabinetto il telefono suonerà e il Direttore si farà passare qualcuno: Tizio, per chiedergli conto dell’operato di Caio; o Caio, per chiedergli un parere sull’operato di Sempronio; o Sempronio, per licenziarlo in tronco non avendo raggiunto gli obiettivi assegnati a Tizio, a Caio e chissà a quanti altri.
A proposito di quest’abitudine, che quando va bene ritarda indefinitamente l’ora di cena del malcapitato, una volta ho notato: “Siamo come conigli, a una cert’ora lo sportello della gabbia si apre e una mano afferra un paio di orecchi e li tira su con tutto il corpo e l’anima attaccati, apparentemente a casaccio”.
I colleghi hanno riso ed uno ha commentato che ho sbagliato lavoro, che avrei fatto meglio a tentare la carriera del comico televisivo: così avrei potuto pubblicare dei libri di successo, e magari darmi alla politica.
A quel commento, non volendo svelare la mia vera vocazione, ho taciuto.
L’immagine che mi si era presentata alla mente e che avevo tradotto in parole era quella di una successione di conigliere incapsulate una dentro l’altra, ognuna con una mano che dalla gabbia a livello superiore s’insinuava attraverso l’apertura ad acchiappare, apparentemente a casaccio, un paio di orecchi, ed a tirarli su con tutto il corpo e l’anima attaccati.